Secondo i dati forniti dal COA (Centro Operativo AIDS), in Italia nel 2016 sono stati segnalati 3.451 casi di nuove infezioni da HIV corrispondenti ad un’incidenza di 5,7 casi per 100.000 abitanti.
In Italia l’incidenza di nuove infezioni si è progressivamente ridotta da 6,8 nel 2010 a 5,7 nel 2016, ma la Sicilia si discosta significativamente: trend inverso con un’incidenza che è aumentata da 3,5 nel 2010 a 6 casi per 100.000 abitanti nel 2016 e nel 2017 la tendenza è in aumento (verso 7 casi ogni 100 mila ab.).
In atto nella nostra Regione sono circa 3.500 malati di HIV. Dal 2010 al 2016, in Italia la proporzione di stranieri malati è aumentata sia per i maschi, passando dal 20,6% al 28,0%, che per le femmine, passando dal 51,7% al 62,2%.
Complessivamente gli stranieri nel 2016 rappresentano il 38% delle nuove diagnosi. In Sicilia al momento attuale le infezioni fra gli stranieri sembrano essere circa il 50% del totale delle nuove infezioni.
Questi i dati che saranno approfonditi durante il workshop on “HIV & Hepatitis Co-Infection”, che si terrà dal 4 al 5 Maggio a Palermo, presso il “Grand Hotel Piazza Borsa”, anticipati nell’approfondimento di “InSanitas”, dal Prof. Antonio Cascio, dal Dr. Giovanni Mazzola, dal Dr. Pietro Colletti, organizzatori dell’evento e rispettivamente, direttore della UOC di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera Universitaria, palermitana, Policlinico “P. Giaccone”; Responsabile U.O.S. Co-infezioni e Responsabile U.O.S. AIDS della stessa unità operativa (anche Centro di Riferimento Regionale AIDS ).
“Sono due – afferma il prof. Cascio – le principali tipologie di nuovi pazienti HIV positivi: omosessuali maschi di età compresa fra i 20 e i 35 anni; donne eterosessuali migranti di età compresa fra i 18 ed i 28 anni. Una percentuale inferiore è rappresentata da uomini e donne eterosessuali di età compresa fra i 40 e 60 anni. In Sicilia è, quindi, importante parlare di questo tema ed è necessario porre in essere strategie atte a far emergere i casi non ancora diagnosticati, rappresentando essi la principale fonte di contagio. Sono poi necessarie campagne di informazione e sensibilizzazione strutturate e mirate soprattutto al target (costituito principalmente dagli uomini che hanno rapporti con altri uomini) al fine di disincentivare i comportamenti sessuali associati alla possibilità del contagio”.
“In Sicilia – sottolinea Cascio – si stimano circa 3.500 pazienti HIV positivi distribuiti nelle diverse province, anche se non esiste a livello regionale un registro dei soggetti in trattamento con farmaci antiretrovirali e non è disponibile un network regionale e/o interaziendale per assicurare certezza di continuità di cura nel caso di necessità di prestazioni pluri-specialistiche non erogabili dal singolo centro e, nel caso di mobilità del paziente, da una provincia all’altra”.
“L’esigenza- conclude Cascio- è quella di realizzare una rete HIV- SICILIA che permetta ai pazienti (anche alla luce del Piano Nazionale AIDS) di essere seguiti meglio e, al contempo, consenta alle Istituzioni di programmare opportunamente gli interventi da porre in essere e prevedere le relative risorse”.
LE TERAPIE ANTI-HIV
“ Le terapie anti-HIV, a due o a tre farmaci- spiega il dr. Pietro Colletti- permettono di bloccare la moltiplicazione di HIV con un duplice risultato: efficacia terapeutica e scarsa, o nulla, possibilità di trasmettere l’infezione. Serve una selezione ottimale dei farmaci antiretrovirali, mediante strategie di semplificazione che riducano il numero di molecole o di compresse, e attenzione alla gestione dei co-medicamenti”. “La nuova sfida per i pazienti è quella di invecchiare in salute: perciò bisogna passare dal cd. to cure (curare l’infezione) al to care (prendersi cura del paziente)”.
“Nel 2006- aggiunge Colletti- solo il 4% della popolazione con HIV aveva un’età superiore ai 65 anni, mentre ora si prevede che nel 2030 la percentuale salirà al 22%. Con l’avanzare dell’età i pazienti presentano patologie concomitanti cardiovascolari, renali, ossee, metaboliche e neoplastiche, perciò occorre un management multidisciplinare, accanto a politiche sanitarie che pianifichino maggiori risorse per la gestione dell’HIV, posto che oramai è una malattia cronica. Va auspicato un coinvolgendo di tutti gli attori della Sanità per mettere in atto azioni idonee a far emergere le infezioni non ancora diagnosticate, al fine di ridurre la diffusione dell’infezione da parte degli infetti non consapevoli e assicurare un trattamento precoce”.
I DATI PER PROVINCIA
“La Co-infezione HIV/HCV oggi è curabile con farmaci efficaci. Molti studi hanno dimostrato che la co-infezione HIV-HCV ha effetti negativi sulla storia naturale della malattia epatica- illustra Giovanni Mazzola- per l’aumentata frequenza di cirrosi scompensata e di epatocarcinoma. Si stima che nel mondo vi siano tra 115 e 185 milioni di persone infette cronicamente con HCV e che i pazienti HIV positivi siano 36,7 milioni, mentre si calcola che la co-infezione interessi circa tra i 5 ed i 7 milioni di individui”.
“ Con l’avvento delle molecole antivirali ad azione diretta (DAA) – continua Mazzola – i trattamenti anti HCV hanno determinato un significativo miglioramento nel tasso di cura, nella sicurezza e nella tollerabilità. In Sicilia, grazie alla rete HCV (RESIST), che comprende 22 centri tra ospedali e cliniche universitarie, è stato possibile inserire nel database fino ad oggi più di 10.000 pazienti con infezione da HCV e 461 pazienti con co-infezione”.
“Il dato – rileva Mazzola – di HCV/HIV positivi per provincia di residenza mostra una maggiore prevalenza a Palermo: 218 casi. Seguono: Catania (73 casi); Messina (43); Siracusa (36); Trapani (26); Agrigento e Caltanissetta (24 ); Ragusa (10) ed Enna (7). Purtroppo, poiché non esistono dati certi sul numero di pazienti HIV positivi viventi nella nostra Regione, non è possibile calcolare con accuratezza la percentuale di co-infetti con il virus C. Per questa ragione è stato recentemente redatto un progetto, della durata di 3 anni, di “rete HIV Sicilia” che utilizzerà un archivio elettronico ed è volto a stabilire la prevalenza di HIV nella popolazione generale e ad eliminare l’HCV nella coorte degli HIV positivi. Allo stesso modo progetti analoghi potranno essere attuati nel futuro per eliminare l’HCV anche in altre coorti selezionate di individui come, ad esempio, la popolazione carceraria e quella immigrata”.
“Ogni medico- concludono Cascio, Colletti e Mazzola- dovrebbe prescrivere un test HIV come parte di una buona pratica clinica. Incoraggiare la “normalizzazione” del test aiuterebbe, inoltre, a “destigmatizzare” l’infezione da HIV (malattia un tempo tipica solo dei gruppi ad alto rischio) permettendo alla persona che ha contratto l’infezione di vivere con maggiore serenità la propria condizione di salute”.