Mio padre ha fatto il vaccino. “Che ce ne frega”, direte voi. Lui, come tanti altri nel mondo. E’ vero. Ma io desidero raccontarvi la mia esperienza, in questo maledetto periodo che ci ha resi diversi, “distanti” dal punto di vista sociale. Un po’ impauriti dell’altro. E soprattutto in questo periodo in cui si inseguono le notizie (più o meno vere) dei vaccini e sui vaccini. Ho prenotato attraverso il portale del Governo qualche tempo fa. Avevo prenotato sia per lui che per la mamma. A lei lo hanno spostato per mancanza di dosi, che poi alla fine sono arrivate. Li ho prenotati entrambi al centro vaccinale del Policlinico di Palermo.
E’ vero che forse il luogo non è certo dei più adatti con spazi che andrebbero rivisti. Ma alla fine le giornate sono belle e il sole è caldo. Si può attendere anche all’esterno, distanziati perfettamente. E poi basta fare come abbiamo fatto noi: presentarsi nella fascia oraria prenotata. Noi eravamo tra le 10 e le 11. Accettazione fatta in pochissimi secondi. Mancavano dei moduli da compilare. “Nessun problema”, dice il medico che ci ha accolti quasi fossimo di famiglia. Li prende e ce li porge. Poi si va in un’altra stanza. Pochi minuti di attesa e si entra.
Tre medici “interrogano” mio padre: che patologie ha? come si sente? ha avuto il Covid? … Infine, ci si siede. Vaccino pronto e zac… Tutto fatto. C’è un’infermiera celata da una mascherina. Si vedono solo i suoi occhi di un colore nocciola intenso. Sorride da quando siamo entrati. Tranquillizza mio padre. E anche un po’ me. “Se le faccio male me lo dica”, dice a mio padre. Ma in realtà ha già finito. “Ma davvero?”, le chiede mio padre? “Sì, può andare. Ci rivediamo il 22”.
Perché ho scritto questo? Perché ho visto, al Policlinico la professionalità e l’umanità di questo personale stravolto da una pandemia. Con la forza di sorridere nonostante tutto. A loro va il mio grazie…