PALERMO. Novembre è il mese dedicato alla prevenzione urologica e alla lotta contro il tumore alla prostata. Per l’occasione Insanitas ha intervistato in merito Alchiede Simonato, professore ordinario e direttore della Scuola di specializzazione di Urologia dell’Università di Palermo, appena rientrato nel suo ruolo di direttore dell’Unità operativa complessa di Urologia del “Policlinico Giaccone”.
Tumore alla prostata, i dati
«La Società Europea di Urologia ha recentemente divulgato i dati secondo cui ogni anno vi sono circa 450.000 nuove diagnosi, con un tasso di mortalità molto elevato su 100.000 pazienti. Questa, quindi, risulta essere la seconda causa di morte per neoplasia in Europa- spiega Simonato- Fortunatamente in Italia le cose sono lievemente diverse, infatti i dati “Aiom” dimostrano che ci sono circa 30.000/32.000 nuovi casi l’anno, con un’incidenza del tumore prostatico del 19%, quindi tra gli uomini sicuramente l’incidenza tumorale più alta».
Il neo-direttore aggiunge: «Nell’ambito delle neoplasie più frequenti in Italia, al primo posto abbiamo il cancro del colon, al secondo il tumore della mammella, al terzo il tumore polmonare, poi al quarto e al quinto i tumori urologici, cioè prostata e vescica. La regione con più alta incidenza è la Valle D’Aosta con 159 pazienti ogni 100.000 abitanti, mentre in Sicilia abbiamo un’incidenza inferiore con 86 nuove diagnosi di carcinoma prostatico l’anno ogni 100.000 abitanti. Il cancro della prostata ha zone geografiche dove si esprime di più, cioè il Nord America, il Nord-Est Europa e l’Australia, mentre i Paesi africani, dell’America del Sud e i Paesi ispanici vedono una minore incidenza. Tornando all’Italia si pensa che le zone di minore industrializzazione possono avere una minore incidenza e questo può essere dovuto semplicemente ai fattori ambientali, di alimentazione e quant’altro».
Le cure
«I ricercatori stanno esplorando molte strade, quelle più moderne e futuribili sono sicuramente i vaccini, uno ad esempio è stato approvato negli Stati Uniti nel 2010, ma si tratta di soluzioni orientate verso pazienti che hanno già uno stadio avanzato della patologia di tipo metastatico- conclude Simonato in merito alle possibili cure- Con questa tipologia di pazienti l’urologo non ha molta voce in capitolo perché si deve necessariamente affidare anche ad altri specialisti come l’oncologo, il radioterapista, il medico nucleare, che non dovrebbero inserirsi nel percorso di cura alla fine del trattamento ma già dall’inizio della malattia, sia metastatica sia localizzata. Per cui si rientra in quel campo di multidisciplinarità che è estremamente necessaria per trattare questi pazienti, i quali necessitano di terapie “cucite su misura”».