PALERMO. Strano a dirsi, ma la soluzione per verificare, e quantificare, l’esistenza e l’entità delle presunte truffe relative ai rimborsi per la procreazione medicalmente assistita c’è: ed è scritta nero su bianco in un documento messo a disposizione dalla Commissione Permanente per le PMA, istituita dall’Assessorato Regionale alla Sanità il 15 aprile dello scorso anno.
Si tratta di un semplice controllo incrociato: ciascuna paziente che si sottopone ad un ciclo di PMA deve assumere un particolare tipo di medicinale, a base di gonadotropine, prescrivibile dal medico di base attraverso una particolare nota che porta numero 74.
Basterebbe rendere obbligatoria un’autocertificazione della paziente allegata a questo tipo di prescrizione, nella quale si dichiara che il farmaco non viene assunto per PMA, incaricando ciascun medico di raccogliere e trasmettere questa documentazione all’assessorato per incrociare i dati con le richieste di rimborso extraregionali recanti i codici sospetti (il DRG 359 e il DRG 365).
A questo punto se in capo alla stessa paziente risultasse, relativamente allo stesso periodo, sia la prescrizione medica di gonadotropine che la richiesta di rimborso per interventi di cui ai codici DRG sospetti, si avrebbe la prova di una dichiarazione mendace.