di Giorgio Trizzino
In questi giorni si torna a discutere della difficile situazione in cui versa la sanità italiana che si trova ad un bivio decisivo della sua storia. Bisogna decidere se proseguire lungo la stessa strada oppure cambiare coraggiosamente rotta. La struttura demografica della popolazione ed i relativi trend epidemiologici l’hanno resa oltremodo vulnerabile. La pandemia l’ha violentemente scossa e l’emergenza ha mostrato le debolezze del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Sono ormai eclatanti le diseguaglianze relative all’accesso ed alla qualità delle prestazioni, i limiti e l’inadeguatezza dell’assistenza territoriale, la scarsa integrazione tra assistenza sanitaria e assistenza sociale, la carenza di personale e la fuga progressiva dal sistema pubblico verso forme assistenziali private non accessibili a tutta la popolazione e quindi forti generatrici di iniquità.
Occorre agire in fretta perché la nostra sia una Sanità efficace, efficiente ed equa, maggiormente orientata alla prevenzione, integrata con politiche sociali e finanziariamente sostenibile, presupposto per ogni ambizione, individuale e collettiva, del Paese.
Si impone, dunque, la necessità e l’urgenza di un’azione di profondo cambiamento del nostro Sistema Sanitario con il consolidamento dei suoi punti forti, ma anche di una importante correzione dei suoi tanti punti di debolezza.
Il riassetto organizzativo deve infatti tenere conto di tre grandi problematiche: la struttura demografica della popolazione, con il suo invecchiamento ed il conseguente aumento delle malattie croniche, la carenza di risorse (personale, attrezzature, strutture), l’aumento dei costi.
1. Le previsioni sul futuro demografico in Italia restituiscono un quadro di crisi. Secondo l’ISTAT la popolazione residente è in costante decrescita negli ultimi anni, con ulteriori diminuzioni attese nel medio lungo termine: da 59,6 milioni di abitanti nel 2022 a 47,6 milioni nel 2070. Il 40% della popolazione, inoltre, è affetta da malattie con andamento ingravescente e progressivo aumento delle problematiche legate alla cronicità, a cui, tuttavia, non corrispondono adeguati investimenti e riorganizzazione del settore dell’assistenza sanitaria territoriale e domiciliare.
2. L’Italia presenta una disponibilità di operatori sanitari tra le più basse in Europa a causa del blocco del turnover generalizzato, in modo particolare nelle Regioni in Piano di rientro, del contenimento delle assunzioni e dell’imbuto formativo causato dall’esiguo numero di borse di specializzazioni per i neolaureati. A tale scenario si aggiunge l’incremento dell’età media del personale sanitario. L’Italia, insieme alla Germania, detiene il primato dei medici più anziani in servizio. Tale situazione è da attribuirsi senza dubbio ad un’assenza di programmazione e ad un’incapacità organizzativa della politica italiana, che hanno determinato anche fenomeni come la migrazione professionale all’estero, principalmente dovuta alla bassa remunerazione.
3. Negli ultimi quindici anni, la spesa sanitaria pubblica italiana ha registrato un incremento percentuale del 10% rispetto a una media OCSE del 37%. Quella che però è costantemente diminuita è la quota di finanziamento della sanità che negli ultimi anni è scesa in media del 7%. La riduzione delle risorse per esigenze di finanza pubblica ha comportato negli anni un effetto a catena disastroso, con perdita di strutture pubbliche, una crescente contrazione del personale ed una diseguale qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria, con ridotta accessibilità alle cure.
Sulla base di tali presupposti la cura per il nostro Sistema Sanitario dovrà basarsi su una serie di interventi tra cui:
1. Ridefinizione del rapporto tra Stato, Regioni e Province autonome (PA) e relativi meccanismi di governance e di coordinamento.
2. Ridefinizione del rapporto tra medicina ospedaliera, assistenza primaria e medicina territoriale.
3. Integrazione tra assistenza sanitaria e sociale.
4. Ridefinizione del rapporto tra pubblico e privato e terzo settore accreditato, sia in termini di finanziamento che di funzionamento.
5. Strutturazione di un adeguato sistema di prevenzione.
6. Formazione e gestione secondo una adeguata programmazione delle risorse umane.
7. Garanzia di un finanziamento stabile e adeguato a medio termine.
Questo il percorso da seguire. Lo farà il Governo? Fino ad oggi non ci sono segnali incoraggianti. Speriamo nel futuro.