ASP e Ospedali

La vicenda

Ticket di 1.000 euro ma Pma sospesa: “Anna” chiede il rimborso, dal “Cervello” nessuna risposta

La donna aveva iniziato il percorso di procreazione medicalmente assistita, poi bloccato dall'ospedale per l'emergenza Covid. Si è quindi rivolta a una struttura privata. Il disservizio che riguarda anche altri utenti è stato oggetto di una seduta della Commissione Salute dell'Ars.

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PALERMO. È balzata nuovamente agli onori della cronaca la storia di Anna- già riportata da Insanitas – perché aveva intrapreso all’ospedale “Cervello” un percorso di procreazione medicalmente assistita, bloccato in itinere con notevoli disagi per donna e il suo compagno. Della sua situazione e di quella di altre 70 coppie se ne è discusso in Commissione Sanità all’Ars, che quando è venuta a conoscenza degli oltre 100 embrioni bloccati nelle celle frigorifero del “Cervello” ha garantito la ripresa dell’attività entro 20 giorni, ma intanto Anna aveva deciso di “migrare” in una struttura privata per completare la fecondazione assistita. La tempistica è infatti fondamentale affinché vada a buon fine e spesso è necessario fare più tentativi. La coppia, però, aveva già pagato il ticket di 1000 euro per una procedura che non è mai stata portata a termine e adesso vorrebbe recuperare il denaro perduto. Ma facciamo un passo indietro…

Il fatto

Dopo aver accertato privatamente di dover ricorrere alla fecondazione assistita, Anna ha deciso di affidarsi all’ambulatorio di “Villa Sofia” in cui ha effettuato la visita a febbraio del 2020. In questa occasione le dicono che dopo qualche altro controllo a marzo avrebbe iniziato la procedura, mese in cui è scoppiata la pandemia con il conseguente blocco delle attività. La coppia, quindi, viene richiamata a settembre del 2020 e il mese successivo inizia la stimolazione ormonale, che dura circa due settimane. A novembre viene fatto il pick-up (prelievo degli ovociti), ma subito dopo chiudono nuovamente i reparti non Covid, per cui tutte le pazienti che avevano intrapreso lo stesso percorso sono rimaste bloccate.

«Sono stata molto scossa dal sapere che da un anno la procedura della PMA sia ferma e che le coppie seguite siano rimaste in balia del nulla- ha dichiarato ad Insanitas Margherita La Rocca Ruvolo– Finalmente abbiamo avuto la rassicurazione che tra 20 giorni riaprirà la PMA al “Cervello” insieme all’Ostetricia e alla Ginecologia. Noi il 25 maggio saremo lì per un sopralluogo di verifica. Ovviamente dispiace perché una delle coppie che ha chiesto audizione in Commissione ha già deciso di andare fuori».

Come abbiamo detto, infatti, Anna e il suo compagno hanno deciso di affidarsi ad una struttura privata e hanno già speso 240 euro per acquistare la cella termica che permetterà loro di trasportare gli ovociti fecondati. Inoltre, dovranno spendere 2.200 euro a tentativo. La paziente e il suo compagno, però, avevano già pagato 1.000 euro di ticket all’ospedale “Cervello” il quale non ha mai terminato la procedura. Pertanto, dati i disagi già subiti e le spese che dovranno affrontare nella struttura privata i due chiedono di essere rimborsati.

La versione della direzione

Nel momento in cui siamo venuti a conoscenza della storia di Anna abbiamo chiesto spiegazioni alla direzione dell’ospedale palermitano,che ha “liquidato”Anna, le altre 70 coppie bloccate e i 100 embrioni nel frigo affermando che dal 13 gennaio, giorno in cui è stata ufficializzata la chiusura di Ostetricia e Ginecologia, nessuna procedura era stata più effettuata. «Si evidenzia che nessun ciclo di PMA da quel momento è stato più avviato, in attesa del ripristino di una sala chirurgica no covid – scriveva la direzione ad aprile – Sul punto sono al vaglio, di concerto coi pertinenti organi assessoriali, soluzioni che possano quanto prima consentire il ripristino dell’attività, al contempo precisando che, proseguono normalmente, presso l’ospedale Villa Sofia, le attività ambulatoriali (visite) dedicate al management delle coppie con problemi di infertilità».

Tuttavia la Commissione Sanità dell’Ars non solo ha avallato la storia di Anna ma ha pure reagito con sconforto di fronte alle storie di queste coppie. «La disorganizzazione della sanità pubblica in Sicilia in epoca Covid mette un freno anche alle nascite. In commissione Salute abbiamo ascoltato le coppie che stavano effettuando un percorso di procreazione assistita e che sono state letteralmente abbandonate in seguito alla chiusura del Villa Sofia Cervello. Uno scandalo in piena regola perché non sono stati previsti percorsi e strutture alternative prima della riconversione dell’ospedale in centro COVID. Anche su questo, il presidente Musumeci, tace colpevolmente», hanno dichiarato i deputati regionali del Movimento 5 Stelle e componenti della Commissione Salute all’Ars Salvatore Siragusa, Francesco Cappello, Giorgio Pasqua e Antonio De Luca a margine dell’audizione.

Anche questa volta abbiamo contattato Villa Sofia-Cervello per chiedere come Anna potesse ottenere il suo rimborso, se ci sia una procedura specifica da effettuare o se ci sia modo di trovare un accordo.

Ecco la risposta dell’Azienda Ospedaliera

Facendo seguito a quanto da voi riportato nell’articolo giova rappresentare quanto segue: “La sospensione della P.M.A. (Procreazione Medicalmente Assistita) si è resa necessaria in conseguenza della trasformazione dell’Ospedale Cervello in Centro Covid e, pertanto, le coppie sono state informate che la ripresa dell‘attività sarebbe avvenuta non appena possibile. Tutte le coppie che non hanno voluto attendere hanno fatto richiesta di trasferimento di embrioni presso altro centro (procedura questa, peraltro, possibile a livello europeo) e hanno trovato in tal senso la massima disponibilità.

Si conferma altresì la riapertura della P.M.A. – oltre all’Ostetricia e Ginecologia – entro 20 giorni dalla data di ricezione dell’apposita autorizzazione assessoriale, pervenuta in data odierna; l’Azienda sarà pertanto disponibile a riprendere tutti i percorsi attinenti alla P.M.A., sia quelli già precedentemente attivati che quelli di nuova attivazione.
Ciò nondimeno l’Azienda si riserva di effettuare ulteriori accertamenti, ad esito dei quali provvederà – laddove la procedura risultasse non eseguita – al rimborso della quota anticipata dalla paziente; si precisa inoltre che, al momento, non risulta pervenuta alcuna richiesta di rimborso. L’azienda si scusa per il disagio arrecato, suo malgrado, con l’utenza”.

 

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