Cimo Giuseppe Bonsignore

Dal palazzo

Medici sul piede di guerra

Taglio delle pensioni, dal Cimo la conferma: “Lo sciopero nazionale si farà”

Il taglio riguarda i contributi versati tra il 1981 e il 1995, colpisce 50mila medici. Il segretario regionale CIMO Giuseppe Bonsignore: "Non torniamo indietro"

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I sindacati Cimo e Anaao si preparano allo sciopero proclamato per il 5 dicembre, nonostante il governo potrebbe fare marcia indietro sul taglio alle pensioni di medici e altri dipendenti pubblici. «Lo sciopero nazionale, proclamato insieme ad Anaao, si farà – afferma Giuseppe Bonsignore, segretario regionale Cimo – nonostante le dichiarazioni del ministro che è disposto a ricevere i rappresentanti nazionali dei sindacati. Il sottosegretario al Ministero del Lavoro, Claudio Durigon, ha detto che sarà espunta la manovra ma non ci crediamo. Quindi lo sciopero non sarà revocato fino a quando non sapremo con certezza da parte del governo che questo art.33 che taglia retroattivamente le pensioni sarà revocato. Se non arrivano risposte ci saranno anche altre iniziative. Non è un’azione simbolica ma è una battaglia che porteremo avanti per salvaguardare i diritti della categoria che tuteliamo».

Il taglio, in particolare i contributi versati tra il 1981 e il 1995, colpisce 50mila medici. «Il danno è molto grave – prosegue – perché il cambio di carte in tavola implica un taglio netto alla futura pensione che potrebbe essere anche di 700-800 euro al mese, dipende dall’anzianità. La cosa più grave – aggiunge – è che il governo adotta questo tipo di provvedimento che potrebbe essere anche incostituzionale, così come ha dichiarato Durigon. Diritti acquisiti da oltre vent’anni che vorrebbero strappare. Una situazione che mette a rischio il sistema sanitario perché se non dovessero cambiare la norma molti medici potrebbero dimettersi entro il 31 dicembre. La manovra – commenta – potrebbe spingere circa 3mila medici, oltre i 29mila pronti al pensionamento, a uscire subito per non perdere i diritti acquisiti e subire il taglio. Non si possono cancellare con un colpo di spugna i diritti acquisiti. Una situazione drammatica per un sistema sanitario già in difficoltà. Significherebbe smantellare una sanità pubblica. Siamo nella fase della famosa gobba pensionistica, era già previsto che dal 2023-2027 ci sarebbero stati i pensionamenti maggiori rispetto a tutto il decennio. Una situazione che non ci aspettavamo – conclude – e che sindacalmente non possiamo accettare».

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