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L'approfondimento di Insanitas

Sviluppo di nuove terapie anti-tumori, un aiuto giunge dagli esperimenti spaziali

Il professore e ricercatore siciliano Cristian Randieri spiega come i dati omici provenienti dagli esperimenti della NASA possano essere importanti per la medicina.

Tempo di lettura: 5 minuti

I dati omici provenienti dagli esperimenti spaziali della NASA possono essere importanti per la medicina? La risposta è sì. Basti pensare che divulgano informazioni sui meccanismi di difesa del corpo contro le radiazioni cosmiche e che possono essere utilizzati per sviluppare nuove terapie per il cancro. Inoltre sono utili nello sviluppo di nuove tecnologie per la medicina del volo spaziale, come ad esempio per prevenire e trattare le condizioni mediche associate alla microgravità.

«Questi dati possono fornire informazioni preziose su come i sistemi biologici si adattano e rispondono alle condizioni estreme dello spazio»: ad affermarlo è il professore e ricercatore Cristian Randieri (nella foto) che di recente è stato ammesso al gruppo di lavoro della NASA Artificial Intelligence/Machine Learning (AI/ML) che riguarda il progetto Open Science for Life in Space. Una grande soddisfazione per il siciliano, unico italiano presente nel gruppo, che ha scelto di restare e continuare a dare il suo contributo in Sicilia. Un traguardo che indubbiamente premia la volontà e la dedizione alla ricerca scientifica.

«I dati provenienti da esperimenti di genomica, trascrittomica, epigenomica, metagenomica, metabolomica e proteomica- spiega – possono aiutare a comprendere meglio come il corpo umano reagisce a fattori come la microgravità, le radiazioni cosmiche e lo stress ambientale, il che può aiutare a sviluppare nuove tecnologie per la medicina».

Il gruppo di lavoro per l’analisi AI/ML (AWG) del progetto Open Science for Life in Space della NASA, chiamato Artificial Intelligence / Machine Learning (AI/ML) Analisys Working Group, si occupa di utilizzare l’intelligenza artificiale (IA) e l’apprendimento automatico (ML) per supportare le missioni e le ricerche della NASA. Composto da rappresentanti di vari dipartimenti della NASA, tra cui scienze, ingegneria, si concentra sull’applicazione di tecnologie IA e ML per risolvere problemi specifici e sfruttare le opportunità in una vasta gamma di ambiti, tra cui la scienza planetaria, la navigazione spaziale e le ricerche nel campo biologico.

«Il gruppo di lavoro AWG AI/ML- aggiunge Randieri- è stato concepito anche come un forum per raccogliere feedback da esperti del settore sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico dei dati all’interno dei depositi di dati scientifici aperti NASA, tra cui GeneLab e ALSDA. Tali sforzi mirano a massimizzare l’utilizzo dei dati esistenti per lo sviluppo di nuovi set di dati di addestramento e modelli pre-addestrati utilizzando metodologie AI/ML al fine di consentire non solo nuove scoperte ma anche quello di valutare e fornire feedback sulla prontezza dei dati per l’IA presenti nella base di dati scientifici, facendo analisi collaborative AI/ML iterative dei dati presenti nei relativi database».

I dati omici provenienti dagli esperimenti spaziali della NASA riguardano la biologia e la chimica dei sistemi viventi. Possono includere informazioni sull’espressione genica degli organismi, sulla loro composizione proteica e sui loro metaboliti. «Gli esperimenti spaziali della NASA- spiega – Randieri- hanno l’obiettivo di comprendere come l’ambiente spaziale influisca sui sistemi biologici, e questi dati omici sono utilizzati per supportare questi studi. Tali dati sono importanti per fornire informazioni preziose su come i sistemi biologici si adattano e rispondono all’ambiente spaziale. Gli esperimenti possono riguardare organismi come batteri, piante e animali, ed essere condotti in ambienti come la Stazione Spaziale Internazionale o su missioni come il rover su Marte. Utilizzando tecnologie avanzate come il sequenziamento del DNA e l’analisi proteomica, questi dati possono essere utilizzati per comprendere meglio come i sistemi biologici si adattano alla microgravità, alle radiazioni cosmiche e alle altre condizioni estreme dello spazio. Inoltre, possono aiutare a sviluppare tecnologie per la sopravvivenza umana nello spazio come la coltivazione di cibo e la creazione di sistemi di supporto vitale».

A questo punto è importante capire il modo in cui i dati omici possono essere utilizzati nella Sanità. «Per esempio sugli studi sull’effetto della microgravità e delle radiazioni cosmiche- dice il professore- sui sistemi biologici possono fornire informazioni preziose su come il corpo umano reagisce alle condizioni estreme dello spazio. Ciò può essere utilizzato per sviluppare nuove terapie e tecnologie per la medicina del volo spaziale. Poi possono essere utili per lo studio dell’effetto dello stress ambientale sui sistemi biologici. Ciò può aiutare a comprendere meglio come il corpo umano reagisce allo stress e può essere utilizzato per sviluppare nuove terapie per le malattie legate a esso. Ma anche per l’identificazione di nuovi principi attivi per i farmaci e per sviluppare nuove terapie. Ad esempio, batteri isolati dalla Stazione Spaziale Internazionale sono stati utilizzati per produrre nuove molecole terapeutiche. Per l’identificazione dei meccanismi di resistenza alle radiazioni e alla microgravità».

«Queste scoperte possono essere utilizzate, infatti, per sviluppare nuove tecnologie per la radioprotezione e la terapia del cancro. Oltretutto servono per lo studio degli effetti dell’esposizione a radiazioni sull’essere umano, per valutare il rischio per la salute degli astronauti e per sviluppare nuove tecniche di radioprotezione. Sono utili per la valutazione dell’effetto all’esposizione a radiazioni sull’ambiente e per sviluppare tecniche per la conservazione della biodiversità. Così come per lo studio dei meccanismi di adattamento dei microorganismi all’ambiente estremo dello spazio. Ciò può essere utilizzato per sviluppare nuove tecnologie per la decontaminazione e la sterilizzazione. Infine anche per lo studio dell’effetto dell’esposizione alle radiazioni sui tessuti e sui processi cellulari. Ciò può essere utilizzato per sviluppare nuove tecnologie per la conservazione dei tessuti e per la terapia del cancro».

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