È stato pubblicato sull’autorevole rivista scientifica internazionale “JACC Clinical Electrophysiology” di riferimento dell’American College of Cardiology, lo studio denominato IBRYD (Italian BRugada SYnDrome) a cui ha partecipato l’ospedale “Civico” di Palermo, insieme ad altre otto strutture Ospedaliere ed Universitarie italiane. Al centro della ricerca vi sono i pazienti affetti da sindrome di Brugada (BrS), una patologia aritmica ereditaria che predispone alla morte cardiaca improvvisa. La malattia ha una prevalenza stimata orientativa di 5 su 10.000 individui ed è caratterizzata da specifiche alterazioni dell’elettrocardiogramma, spesso non immediatamente manifeste, e nei casi più gravi dalla insorgenza di aritmie ventricolari e/o arresto cardiaco in pazienti, spesso, molto giovani.
«Non tutti i pazienti potenzialmente affetti da BrS manifestano alterazioni elettrocardiografiche spontanee e gradi della patologia tali da esporli ad elevato rischio aritmico, infatti, l’accurata stratificazione del rischio aritmico è ancora oggetto di studi e discussione. Le incertezze maggiori nella prevenzione della morte improvvisa si hanno nei pazienti con pattern Brugada tipo 1 non spontaneo e pochi studi si sono concentrati finora su questo particolare sottogruppo di pazienti- spiega Gregory Dendramis (nella foto) cardiologo ed elettrofisiologo presso l’ARNAS Civico di Palermo e firmatario dello studio IBRYD- Pertanto una attenta e meticolosa stratificazione del rischio aritmico in tali pazienti è fondamentale per evitare di creare eccessiva paura in loro ed anche di eseguire esami e trattamenti impropri come l’impianto di defibrillatore cardiaco automatico il quale, seppur risulti essere ad oggi l’unico trattamento più sicuro nei pazienti ad elevato rischio aritmico, a volte non è scevro da complicanze come rischi di infezioni o mal funzionamento del dispositivo».
Con IBRYD i ricercatori italiani hanno valutato retrospettivamente, per un follow up medio di 106 mesi, l’outcome di 226 pazienti con sindrome di Brugada e pattern tipo 1 non spontaneo. Dai risultati dello studio, quindi, si evince come i pazienti asintomatici affetti da sindrome di Brugada e pattern tipo 1 indotto da test farmacologico provocativo hanno un rischio aritmico molto più basso, rispetto ai pazienti con alterazioni elettrocardiografiche spontanee con o senza sintomi. In soggetti il rapporto rischio-beneficio dell’impianto di defibrillatore basato sulla strategia di inducibilità allo studio elettrofisiologico sembra essere meno vantaggioso che in altri contesti clinici, a causa della bassa incidenza di eventi aritmici e dell’elevato numero di possibili complicanze legate all’impianto di un defibrillatore. I pazienti asintomatici e con alterazioni elettrocardiografiche non spontaneamente manifeste possono, quindi, in atto proseguire il periodico ed attento monitoraggio clinico presso centri dedicati con una sistematica rivalutazione del loro rischio aritmico in base agli esami strumentali ed i sintomi che manifestano.
«È un personale piccolo-grande traguardo internazionale su cui ho tanto creduto e lavorato insieme ad eccellenti colleghi di altri centri Ospedalieri e Università d’Italia. Spero che i risultati di questo studio possano aiutare ad una migliore gestione dei pazienti con sindrome di Brugada a rischio aritmico non elevato ed essere un utile riferimento nella pratica clinica quotidiana per i colleghi di tutto il mondo – ha commentato il dottore Dendramis – Parecchio studio e lavoro sono ancora necessari per fare luce su una patologia spesso ostica e dalla evoluzione spesso polimorfa affinché si possano ampliare le nostre conoscenze, ottimizzando sempre più le cure in atto disponibili per tali pazienti».
Soddisfatto anche il direttore sanitario dell’Arnas Civico, Salvatore Requirez: «Il lavoro multicentrico posto in essere dal dottore Dendramis testimonia la crescita sul profilo professionale altamente orientata verso la superiori specialità che da tempo contraddistingue l’impegno dei sanitari che operano in questa azienda- ha dichiarato- Un ulteriore passo volto all’allargamento del bacino di utenza per pazienti con patologie serie ed un allargamento anche verso le tecniche più aggiornate».