Sindrome di Brugada e Covid -19: come gestire le vaccinazioni in soggetti con gravi aritmie cardiache? A questa domanda i cardiologi hanno risposto con un primo articolo guida (CLICCA QUI) pubblicato sulla prestigiosa EUROPACE (The European Journal of Pacing, Arrhythmias and Cardiac Electrophysiology), principale rivista scientifica di riferimento internazionale della Società Europea di Cardiologia. Vista l’importanza della tematica il lavoro è consultabile online gratuitamente con libero accesso.
Tra gli autori dell’importante ricerca scientifica figura Gregory Dendramis (nella foto), cardiologo ed aritmologo dell’ARNAS Civico di Palermo, esponente di riferimento nazionale ed internazionale in materia di sindrome di Brugada, una patologia cardiaca aritmica- con cuore strutturalmente normale- che predispone i pazienti affetti ad aritmie minacciose per la vita, portando a volte anche alla morte cardiaca improvvisa. In molti di questi pazienti, la febbre risulta essere un fattore importante per la diagnosi, infatti, le artimie si verificano frequentemente come primo evento nei pazienti febbrili fino ad allora asintomatici, soprattutto in coloro i quali hanno specifiche mutazioni del gene SCN5A codificante per particolari canali elettrici del sodio a livello del muscolo cardiaco.
Tale correlazione è dovuta al fatto che la funzione dei canali del sodio sembra meno espressa o rapidamente inattivata a temperature elevate, esponendo così i pazienti a sviluppare aritmie potenzialmente letali, come confermato anche da molteplici studi in letteratura. Alla luce, quindi, del significativo aumento del rischio aritmico indotto dalla febbre, nel programma di vaccinazione da COVID-19 i pazienti con tale patologia dovrebbero essere considerati appartenenti alla categoria dei pazienti fragili.
Nell’articolo, gli studiosi sottolineano che i pazienti BrS dovrebbero essere gestiti presso i centri vaccinali ospedalieri in modo tale da garantire un’adeguata gestione proporzionata al loro rischio aritmico, consentendo una maggiore sicurezza ed evitando ritardi nelle vaccinazioni. Tutto ciò nasce perché i vaccini anti Covid sono caratterizzati da alcuni effetti indesiderati, come appunto la febbre, pertanto il suggerimento è quello di trattare i pazienti con BrS attraverso una profilassi con paracetamolo (1000 mg ogni 6 h), ibuprofene (600 mg ogni 6 h) o altri antipiretici, con aggiustamento del dosaggio in base a età, peso, funzionalità renale ed epatica, entro le prime 24-48 h, al fine di ridurre il rischio di insorgenza di febbre.
Inoltre, è necessario eseguire un autocontrollo giornaliero della febbre perché i pazienti con BrS, che non rispondono ai farmaci antipiretici, devono essere monitorati al pronto soccorso fino alla risoluzione della febbre, specialmente quando mostrano un aumento del rischio aritmico per l’età più giovane, il pattern ECG spontaneo di tipo 1 e/o la variante patogena di SCN5A.
«È nostro dovere fornire le maggiori sicurezze scientifiche possibili ai pazienti ma anche ai sanitari ed amministratori che stanno portando avanti con grande sacrificio questa importante battaglia. Pertanto ritengo sia fondamentale rassicurare con evidenze e dati scientifici, e non con personali opinioni, soprattutto i pazienti più fragili e complessi che in atto ancora oggi non sono stati vaccinati per sola paura. Questo lavoro, nello specifico, aiuta a dare maggiore sicurezza sia ai pazienti sia ai sanitari, grazie a percorsi di gestione sicuri ed ottimizzati al massimo. Nel lavoro appena pubblicato abbiamo voluto fornire specifiche attenzioni da attuare in presenza di pazienti cosi complessi come quelli con sindrome di Brugada che devono sottoporsi a vaccinazione per il COVID-19» precisa il dottore Gregory Dendramis.
Inoltre, aggunge: «Nei casi più complessi a nostro avviso tali pazienti dovrebbero essere indirizzati presso i centri vaccinali ospedalieri con specifiche competenze in modo da garantire un’adeguata gestione proporzionata al loro rischio aritmico. Tutto ciò consente senz’altro una maggiore sicurezza nella gestione di questi specifici pazienti, ma soprattutto di evitare ritardi nelle vaccinazioni secondarie a paure dei pazienti molto spesso ingiustificati o non più giustificabili. Gli importanti sforzi messi in campo da tutti noi, sanitari ed amministratori, ognuno con le proprie competenze, daranno senz’altro ottimi risultati ed è nostro dovere continuare a studiare e lavorare per fornire ai pazienti tutte le certezze e rassicurazioni possibili affinché la scienza e la competenza vincano sulla paura. Infine, grazie a questo genere di studi, che entrano a far parte di linee guida internazionali e sono pubblicati su riviste di elevato impatto scientifico, l’Arnas Civico si conferma un’azienda ospedaliera molto attiva dal punto di vista della ricerca con ricadute positive sull’immagine che i pazienti hanno della struttura siciliana».