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L'intervista di Insanitas

Sclerosi multipla, Grimaldi: «L’Ozanimod ha pochi effetti collaterali ed è indicato per quasi tutti i pazienti»

L'approfondimento sulle cure contro questa patologia con il responsabile dell'U.O. di “Neurologia” della “Fondazione Giglio”, uno dei Centri che ha testato questo nuovo farmaco: «Non dà fastidio al cuore e può essere dato sia agli esordi della malattia che nelle fasi più avanzate».

Tempo di lettura: 9 minuti

La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale, che colpisce ogni anno 3.600 persone nel nostro Paese. Il processo infiammatorio che caratterizza questa patologia è scatenato dal sistema immunitario e può colpire la mielina (guaina che circonda e isola le fibre nervose), le cellule specializzate nella sua produzione (oligodendrociti) e le fibre nervose stesse, determinando disabilità più o meno gravi. Negli ultimi anni, però, grazie ai progressi della ricerca scientifica, sono nati diversi farmaci che contrastano gli effetti della sclerosi multipla, molti dei quali disponibili nei centri dedicati. L’ultimo messo in commercio è l’Ozanimod, testato anche all’ospedale “Gemelli-Giglio” di Cefalù. Insanitas ha parlato di nuovi farmaci e tecnologie con il professore Luigi Grimaldi (nella foto), responsabile dell’unità operativa di “Neurologia” della “Fondazione Giglio”.

Sono circa venti i farmaci che negli ultimi anni hanno migliorato la gestione della forma più diffusa di sclerosi multipla, come si sta evolvendo la ricerca?
«La rivoluzione terapeutica in materia di sclerosi multipla è ormai avanzata, perché è iniziata nel 1994 con l’approvazione negli Stati Uniti dell’Interferone Beta, primo farmaco sottocutaneo che si usa ancora oggi. Nel tempo i vecchi farmaci sono stati affiancati e anche superati nell’efficacia e tollerabilità da tanti altri trattamenti. Adesso stanno arrivando nuove categorie di farmaci, ma la cosa interessante è che non sono tutti uguali».

Si tratta di ben quattro nuove categorie di farmaci…
«I primi farmaci messi in commercio per trattare la sclerosi multipla sono degli immunomodulanti che entrano a far parte nel sistema immunitario senza distruggere. Parliamo dell’interferone, che è una sostanza naturale, e del copaxone, il quale può essere considerato come un pezzo di mielina- la guaina che circonda i nervi- cioè il target dell’attacco immunitario nella sclerosi multipla. Con questi farmaci si è raggiunta una protezione nei confronti della malattia del 30%, nel senso che il 30% dei pazienti non ha quasi più nulla. Il 70%, però, non viene curato da queste terapie, per cui successivamente sono nate altre categorie di farmaci orali, di cui il primo è stato il Fingolimod. Invece, l’ultimo rappresentante di tale categoria di farmaci è l’Ozanimod, appena messo in commercio. Quelli appena citati fanno tutti parte della categoria degli inibitori della Sfingosina 1 Fosfato, che sono dei recettori presenti su molte cellule dell’organismo come il cuore, i polmoni, i reni ed anche nel sistema immunitario. Questa tipologia di farmaci è in grado di dare una protezione superiore, infatti, il 40-50% delle persone risponde in maniera soddisfacente. Infine, sono delle pillole, per cui sono generalmente preferite rispetto ad un ago».

«Ci sono poi altri farmaci che distruggono un pezzo del sistema immunitario, per esempio i linfociti B- le cellule prodotte dagli anticorpi- e hanno come obiettivo il recettore CD20, presente appunto nei linfociti B, per cui vanno a distruggere abbastanza intensamente queste cellule, che poi magari si riprendono un pochino, ma perdono la capacità di dare una risposta immunitaria abnorme nei confronti della guaina mielinica. Si tratta di farmaci con una potenza che si avvicina al 60-70% cioè questa percentuale di pazienti risponde molto bene. Teniamo sempre presente che ci sono pazienti che rispondono a più farmaci e pazienti che non rispondono a nessuno di questi, quindi, alla fine per curare una persona è necessario trovare il farmaco adatto. L’ultima categoria di farmaci è quella del natalizumab che blocca l’entrata del sistema immunitario dentro il cervello per cui non può fare danni, di contro il cervello rimane scoperto di protezione immunitaria. Nel cervello abbiamo, però, dei virus che potrebbero risvegliarsi e infettarlo provocando una encefalite, anche se si tratta di evento molto raro. Questo farmaco è comunque il più efficace perché raggiunge una protezione dell’85-90%. Bisogna, però, controllare continuamente i pazienti trattati per evitare problematiche come l’encefalite, che ormai gestiamo tranquillamente. Ultimamente si sta dimostrando efficace e senza effetti indesiderati anche la categoria degli ibrutinib cioè degli inibitori di tirosinchinasi di Bruton, un enzima intracellulare. Pertanto, le grandi aziende farmaceutiche si stanno lanciando nella sperimentazione avanzata degli ibrutinib (evobrutinib e tolebrutinib). A Cefalù abbiamo già un paio di questi farmaci in sperimentazione e a breve si aggiungerà un’altra categoria di farmaci».

Grazie alla nascita di questi farmaci, com’è cambiato oggi l’approccio al paziente rispetto al passato?
«È assolutamente cambiato rispetto a trent’anni fa, quando ancora non c’erano farmaci e non c’era neanche la risonanza magnetica. Prima quando scoprivamo la malattia in un paziente dovevamo dargli la notizia che non c’era una cura, un messaggio abbastanza angosciante. Trent’anni dopo alla stessa tipologia di paziente noi possiamo dire che con buone probabilità, provando un po’ di farmaci per trovare quello che dà una maggiore efficacia e nessun effetto collaterale, non avrà più nulla a vita. Tutto ciò è possibile anche perché il paziente oggi si presenta in fasi più precoci della malattia, infatti, ormai abbiamo risonanze magnetiche ed esame del liquor».

Come reagiscono i pazienti ai trattamenti odierni?
«Adesso abbiamo quasi il problema opposto, nel senso che il paziente sta così bene dopo 10 anni di trattamento che si stanca di prendere i farmaci, mi dice “dottore ma io sto benissimo, perché devo prendere ancora i farmaci?”. Loro però stanno bene proprio perché continuano a prendere i farmaci, non perché non ne abbiano più bisogno. Stiamo cominciando a studiare anche questo aspetto attualmente, vogliamo vedere cosa succede quando sospendiamo le terapie a coloro che prendono farmaci da 10, 15 o 20 anni senza avere più niente. Per cui stiamo entrando in un campo della medicina che potrebbe darci nuove indicazioni, a cui non saremmo potuti giungere prima perché non c’erano pazienti trattati».

Rispetto a tutti i farmaci citati, quali sono i vantaggi dell’Ozanimod, l’ultimo arrivato?
«È un farmaco molto specifico per il sistema immunitario e non dà fastidio al cuore. Mentre alcuni dei suoi predecessori provocavano un rallentamento del battito cardiaco che dava qualche problema, questo farmaco è specifico perché agisce sui sottotipi 1 e 5 che non sono presenti nel cuore. Tra l’altro è stato approvato per i pazienti con malattia attiva, quindi un’approvazione molto ampia, che consente di darlo sia a coloro che sono agli esordi della malattia sia ai soggetti nelle fasi più avanzate».

Secondo l’azienda produttrice, riduce anche le recidive e l’insorgenza di nuove lesioni, rallentando la perdita di volume cerebrale. Conferma quanto detto?
«Si tratta del secondo punto di forza dell’azienda, la quale sostiene che l’Ozanimod blocchi l’infiammazione e gli attacchi, prevenendo così l’atrofia del cervello associata agli stessi. Quando il malato ha un’infiammazione poi gli resta la cicatrice, la quale assorbe il tessuto attorno e diventa dura, come una cicatrice cutanea, per cui il cervello si restringe. Questi farmaci hanno sempre puntato a dimostrare di proteggere il cervello e, quindi, evitare quel leggero decadimento cerebrale che purtroppo molti pazienti presentano. Si è sottolineata poco un’altra nota positiva di questi farmaci cioè che sono molto ben tollerati. Questa è una buona notizia per i siciliani che spesso hanno più paura degli effetti indesiderati dei farmaci che della malattia, atteggiamento che personalmente non ho mai compreso».

Quanti sono attualmente i malati di sclerosi multipla in Sicilia?
«Sono circa 10.000, finalmente dall’anno scorso abbiamo un registro nazionale dei malati di sclerosi multipla, quindi, stiamo inserendo i nominativi man mano. Per farlo in breve tempo sarebbe necessario un grande lavoro amministrativo, ma spesso i centri non sono finanziati e raramente hanno il personale di segreteria, come i centri più attrezzati».

Al “Gemelli-Giglio” quali tipologie di farmaci utilizzate in questo momento?
«In Italia i centri per la sclerosi multipla sono divisi in due categorie. Nel centro di primo livello è possibile somministrare farmaci che non provocano grossi effetti indesiderati- e non sono nemmeno troppo potenti devo dire- ai pazienti con una forma leggera e iniziale di sclerosi multipla. Solo quando i pazienti diventano più gravi o sono gravi dall’inizio vanno nei centri di secondo livello nei quali si danno i farmaci più efficaci. Tutto ciò, però, è deleterio anche perché se io fossi un paziente con la sclerosi multipla vorrei partire subito con il farmaco che può darmi una protezione dell’80% non con quello che copre il 30% e mi espone al rischio del 70% di avere una ricaduta subito. Come sempre, il problema è di natura economico perché i farmaci più potenti sono più costosi e lo Stato italiano ha fatto la scelta di far provare al paziente prima i farmaci meno costosi e poi passare agli altri in caso di inefficacia. È una scelta un po’ ottusa perché i costi sociali di una o due ricadute, che magari provocano una disabilità, sono molto più alti con una persona ha problemi a badare ad una famiglia o a lavorare perché abbiamo perso del tempo a dargli il farmaco adatto. Sia sul piano umano sia sociale, il costo che si paga per la disabilità è più alto. I soldi della sanità, però, sono dati alle regioni che non vedono il costo sociale, lo vede soltanto lo Stato, quindi, le regioni preferiscono risparmiare subito, mentre lo Stato dovrebbe porre un freno».

Come è stato condotto lo studio che mette a confronto Ozanimod e Interferone a cui ha avete partecipato anche voi dell’ospedale di Cefalù?
«Siccome ormai ci sono tanti farmaci che funzionano non è etico condurre degli studi in cui a metà dei partecipanti si dà il farmaco e all’altra metà il placebo. Ormai è preferibile condurli dando un farmaco nuovo, comparandolo con un farmaco vecchio, in questo modo i pazienti sono comunque tutti trattati. Pertanto alcuni, almeno in un primo momento, prendono un farmaco che già si conosce e gli altri prendono il farmaco sperimentale. Ovviamente le aziende per fare il confronto scelgono dei farmaci meno efficienti, nessuno mette a confronto un nuovo farmaco con il primo della classe. In questo caso è stato scelto l’interferone intramuscolare che generalmente è quello meno risolutivo, anche se ci sono dei pazienti che lo prendono ancora oggi con benefici, ma l’Ozanimod ha dimostrato di essere due volte più efficace dell’interferone nel prevenire il numero di attacchi in un anno. Per tutti questi motivi, è un farmaco che si aggiunge sicuramente all’armamentario terapeutico dei neurologi che trattano le sclerosi multipla. Un nuovo farmaco molto interessante perché ha pochi effetti indesiderati ed è stato approvato senza troppi limiti. È teoricamente un farmaco di seconda linea, ma si può dare praticamente a quasi tutti i pazienti con la sclerosi multipla».

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