In una azienda sanitaria italiana su tre (37%) si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi 5 anni, «non affrontati in maniera appropriata».
Il dato, noto da alcuni giorni in seguito alla presentazione a Roma, viene fuori dall’indagine condotta sui dirigenti di 151 strutture sanitarie italiane da Transparency International Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc.
Ebbene, leggendo tra le righe del documento «Curiamo la corruzione», emerge che la Sicilia è tra le regioni che peggio applicano le misure anti-corruzione: per la precisione si trova al quartultimo posto, preceduta in negativo soltanto da Molise, Calabria e Campania: da noi, infatti, il 57,9 per cento delle aziende sanitarie non adempiono agli obblighi anti-corruzione.
Anche la Sicilia, quindi, sarà ora oggetto dei controlli stringenti annunciati dal presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione, Raffaele Cantone: «Stiamo per firmare un nuovo protocollo con il ministero della Salute per avviare stretti controlli al fine di verificare se le Asl si sono adeguate alle norme ed i piani anticorruzione; andremo cioè a controllare come i piani anticorruzione vengono applicati».
Poi ha aggiunto: «Lo faremo con i tecnici del ministero della Salute per capire se le Asl rispettano veramente tali norme o se si tratta solo di un rispetto sulla carta». Inoltre, ha sottolineato Cantone, «con l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali Agenas stiamo lavorando per mettere a punto un codice etico forte, che non sia però carta straccia».
Già, perché «non si può intervenire solo con la repressione e dopo, ma mettendo in campo una serie di strumenti preventivi che cambino la mentalità».