Mancanza di dpi, azioni legali contro il personale sanitario e medici in pensione nuovamente in corsia per l’emergenza coronavirus. Questi i punti caldi del manifesto che annuncia lo stato d’agitazione delle organizzazioni sindacali della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria del SSN (Anaao Assomed, Cimo, Fesmed, Aaroi Emac, Fassid, Cisl Medici, Anpo, Ascoti, Fials Medici, Aipac, Aupi, Simet, Sinafo, Snr, FVM Federazione Veterinari e Medici). L’allarme lanciato riguarda principalmente lo stato di sofferenza del servizio sanitario italiano, già depauperato da anni di tagli finanziari, e adesso a fianco scoperto davanti all’epidemia con “gli operatori sanitari che da oltre un mese operano in condizioni precarie esponendosi a rischi sempre più frequenti e il più delle volte a danno della loro stessa salute”, si legge nella nota.
“Le organizzazioni sindacali hanno rivolto, dall’inizio della pandemia, numerosi appelli al Governo e al Parlamento affinché fossero accolte le loro istanze – prosegue la nota -, tese innanzitutto alla sicurezza degli operatori. Non avendo ad oggi trovato la disponibilità ad una soluzione condivisa, in tempi certi e rapidi, ci troviamo costretti, nostro malgrado, a proclamare lo stato di agitazione”.
I sindacati chiedono di assicurare agli operatori sanitari, primariamente, dispositivi ffp2 per l’assistenza dei pazienti Covid positivi ed ffp3 in corso di procedure invasive. “Abbiamo un arsenale militare per una guerra che non dobbiamo e non vogliamo combattere ma non abbiamo un arsenale sanitario, fatto di mascherine e ventilatori, preparato ad affrontare una pandemia”, commenta Riccardo Spampinato, segretario regionale Cimo. I dispositivi che, come sottolinea anche Massimo Farinella, segretario regionale Cisl Medici “devono essere distribuiti in maniera consistente e adeguata soprattutto nelle Unità Operative in prima linea cioè Malattie infettive, Terapia intensiva e Pneumologia”.
Ai dispositivi di protezione si associa inevitabilmente la necessità di sottoporre gli operatori sanitari ai tamponi con relativa modifica dell’articolo “7 del decreto legge del n°14 9 marzo 2020, che esclude gli operatori sanitari e dei servizi pubblici essenziali – spiega la nota -, dall’applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva nell’ipotesi di contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva, prevedendo sospensione dell’attività ed obbligo di isolamento fiduciario per almeno 72 ore e rientro in servizio solo previa effettuazione di tampone che attesti la negatività al Sars-CoV-2, nonché controlli diagnostici successivi”.
“In questo modo – spiega Toni Palermo, segretario regionale Anaao Assomed – si metterebbero a riparo tante persone, dai pazienti che frequentano i nosocomi ai familiari dei sanitari stessi. In quest’ultimo caso avevamo anche chiesto ai vertici del Governo regionale, di dare la possibilità agli operatori sanitari di trascorrere la quarantena in strutture dedicate, così da non trasmettere la patologia in caso di positività asintomatica”. A rendere la situazione ancora più drammatica, l’emendamento all’art.1 del decreto legge del 17 marzo 2020 (“Le condotte dei datori di lavoro di operatori sanitari e sociosanitari operanti nell’ambito o a causa dell’emergenza COVID-19, nonché le condotte dei soggetti preposti alla gestione della crisi sanitaria derivante dal contagio non determinano, in caso di danni agli stessi operatori o a terzi, responsabilità personale di ordine penale, civile, contabile e da rivalsa, se giustificate dalla necessità di garantire, sia pure con mezzi e modalità non sempre conformi agli standard di sicurezza, la continuità dell’assistenza sanitaria indifferibile sia in regime ospedaliero che territoriale e domiciliare”) “con cui si cerca di dare un colpo di spugna – continua Spampinato – alle responsabilità gestionali e agli errori organizzativi motivandoli con una mancata prevedibilità degli eventi che si sono succeduti nel corso degli ultimi mesi. Colpe che ricadranno poi, finita l’emergenza, direttamente sui medici: perché oggi c’è chi ci definisce eroi ma sono le stesse persone pronte con carta bollata a denunciarci. Si chiede piuttosto – aggiunge Spampinato – di limitare ai soli casi di dolo la responsabilità penale, civile e amministrativa degli esercenti le professioni sanitarie”.
“Non è possibile, infatti, che i camici bianchi siano esposti penalmente e civilmente a denunce per morti delle quali non possono essere ritenuti responsabili – aggiunge Palermo -. Quella che stiamo fronteggiando è una patologia del tutto nuova, sconosciuta, una pandemia mondiale che ha trovato impreparati tutti i sanitari del mondo e questo deve essere tenuto nella giusta considerazione, senza addossare colpe ai soli sanitari impegnati giorno dopo giorno a compiere miracoli nelle corsie di ospedali ormai allo stremo, senza mai lamentarsi, anzi combattendo una guerra straordinariamente vasta e senza avere armi adeguate”.
Tra le falle riscontrate anche una scarsa attenzione alla formazione per cui si chiede di “aumentare i contratti di formazione post laurea per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024 che darebbero la possibilità a molti più medici degli attuali 9mila, di specializzarsi”, spiega Palermo e che darebbe la possibilità “di avere più specialisti nei prossimi tre anni dal momento che questa crisi – sottolinea Farinella – ha evidenziato la profonda carenza di specialisti che ha richiesto la reimmissione in corsia persino di medici già in pensione”.
Come sottolineano le organizzazioni sindacali, lo stato di agitazione non sfocerà in uno sciopero che, in una situazione delicata come quella attuale, andrebbe ad inficiare sulla corretta assistenza sanitaria e sulla regolare esecuzione della prestazione lavorativa. “Si tratta – precisa Farinella – di uno sciopero bianco, virtuale per sottolineare e manifestare che esistono delle priorità a cui dare risposta”. “Uno sciopero a cui – conclude Spampinato – seguiranno azioni legali in tutte le sedi competenti e a tutti i livelli”.