Dagli anni ’80 ad oggi sono molte le realtà in Italia che si occupano di sostenere ed assistere pazienti terminali. A Palermo la Samot Onlus, Società per l’Assistenza al Malato Oncologico Terminale, da trent’anni offre interventi domiciliari che puntano ad un approccio mirato di tipo olistico, curando insieme il corpo e la mente.
L’assistenza e la cura del malato nel corso di una patologia grave e debilitante può essere fondamentale per la salute psichica e fisica del paziente, anche quando il decorso risulta essere inesorabile. La terapia, in questi casi, è finalizzata al trattamento del dolore. Si parla nella fattispecie di “cure palliative”, per indicare quel particolare processo che non agisce direttamente sulla causa della malattia, quanto piuttosto sulla rimozione del dolore, quando non è possibile eliminare il fatto determinante che ha scatenato la patologia.
A fondare la SAMOT (acronimo di Società Assistenza Malati Oncologici Terminali) è stato il dottor Giorgio Trizzino, direttore sanitario dell’ospedale dei bambini di Palermo, il quale ricorda perché ha deciso di costituire la società: “La SAMOT nasce quasi per caso, leggendo un quotidiano mi accorsi che esisteva una realtà simile a Milano. Avevo appena vissuto un’esperienza personale che mi aveva segnato, una persona a me cara si ammalò di cancro. Venne seguita nel corso della sua malattia, ma senza l’aiuto delle nuove tecnologie che conosciamo oggi, dunque fu una fine tragica”.
Ed aggiunge: “Da lì è nata la necessità di andare a Milano, dove ho scoperto un mondo sconosciuto, una realtà che esisteva a livello mondiale ormai, quella delle cure palliative. Per portare questo tipo di realtà a Palermo ho dovuto affrontare non poche difficoltà, reinventarla totalmente partendo da zero. A quel tempo l’idea di assistere in casa le persone era lontanissima dal concetto di assistenza”.
Sull’importanza di fornire un tipo di assistenza domiciliare al paziente, Trizzino dichiara: “Subito ci siamo resi conto di come il paziente rispondesse positivamente all’assistenza domiciliare, anche se si trattava allora di una maniera quasi pionieristica di svolgerla. E’ diventata un’esigenza inarrestabile, sia a livello regionale sia a livello nazionale, in Italia infatti le cure palliative diventavano legge. Abbiamo capito che la strada era quella giusta: dare sollievo con poco alla gente”.
Tanti i cambiamenti della SAMOT in questi trent’anni, ma la costante è una, ed è il sostegno del malato in ogni ambito della sua vita. “Dal 1987 ad oggi abbiamo assistito solo in Sicilia cinquecentomila persone lavorando ogni giorno. Le cure palliative adesso non riguardano soltanto le patologie oncologiche e in futuro si estenderanno alle forme di demenza grave dei grandi anziani. E’ anche certo che, in questi casi specifici, scegliere centri di assistenza di cure palliative piuttosto che gli ospedali, riduce di molto la spesa ospedaliera”.
Riguardo alla presenza sul territorio di altri centri di assistenza Trizzino afferma: “Non la metterei su un piano competitivo, piuttosto esiste una sana alleanza. La SAMOT ha iniziato il percorso trent’anni fa, oggi siamo certamente più radicati sul territorio”.
L’aspetto tecnico, che riguarda l’organizzazione delle assistenze sul territorio, è fornito da Tania Piccione, coordinatrice della SAMOT in Sicilia, che spiega in cosa consiste il servizio, le modalità di attivazione e in che modo il personale viene formato: “L’assistenza consiste in un supporto garantito al malato che sta attraversando l’ultima fase della sua malattia, organizzato da un’equipe di operatori con qualifiche diverse. L’attivazione dell’assistenza avviene nell’immediato, basta semplicemente rivolgersi ai nostri uffici oppure contattare il servizio dell’Asp che si occupa di assistenza domiciliare e chiedere, su richiesta del medico di medicina generale, l’attivazione del servizio, valutando i criteri di eleggibilità”.
Infine, Tania Piccione sottolinea: “Il nostro personale è inoltre sottoposto ad una formazione continua, viene infatti svolto un traning formativo prima di iniziare a lavorare. Svolgiamo anche incontri in cui è possibile verbalizzare il vissuto del professionista, perché lavorare a contatto con la morte, con la sofferenza è faticoso. Sono infatti previsti degli spazi, con la conduzione di uno psicoterapeuta, che danno la possibilità agli operatori di mettere in comune la propria esperienza e cercare di superare le difficoltà che derivano da questo tipo di lavoro”.