Così come anticipato da Insanitas (CLICCA QUI) sono stati istituiti a marzo di quest’anno, con decreto n. 112 dall’assessorato regionale alla Salute, i nuovi 9 “Centri di Riferimento Regionali per patologie ad alta specializzazione”. Insanitas dedicherà approfondimenti a ciascuno di essi, a partire dall’intervista a Igo La Mantia, direttore del centro di riferimento per gli stomizzati tracheali portatori di valvola fonatoria del Policlinico “Rodolico”, professore associato di Otorinolaringoiatria presso l’Università di Catania e presidente dell’Ordine dei Medici della città etnea.
Chi sono gli stomizzati tracheali?
«Gli stomizzati tracheali sono tutti quelli che vengono tracheotomizzati, viene quindi creato un accesso respiratorio nel collo tramite un intervento chirurgico che si chiama appunto tracheotomia. Purtroppo questi pazienti avranno poi un peggioramento della qualità di vita in rapporto al fatto che invece di respirare dal naso o dalla bocca respireranno da questa apertura (stoma) che viene effettuata nel collo, sopra il giugulo, al di sotto della cartilagine tiroidea e della ghiandola tiroide. Le persone che vengono tracheotomizzate sono generalmente affette da un carcinoma della laringe; soggetti con malattie neurologiche, neurodegenerative e vascolari; coloro che hanno subito un incidente traumatico».
Come operate su una neoplasia della laringe?
«Quando un carcinoma della laringe è esteso, è necessario fare una laringectomia totale, per cui mancherà il tramite respiratorio tra le vie aeree superiori e quelle inferiori, pertanto il paziente dovrà respirare direttamente dal tracheostoma, mentre la deglutizione per l’alimentazione continuerà ad essere fatta attraverso la bocca. Nei casi in cui il tumore non sia particolarmente esteso eseguiamo una laringectomia parziale, per cui bisogna fare sempre lo stoma tracheale, ma dopo qualche mese può essere anche chiuso, perché resta una parte della laringe che fa da tramite tra le vie aeree superiori e inferiori. Queste sono le indicazioni di tipo otorinolaringoiatrico ma spesso noi andiamo a gestire tutti quei pazienti che vengono tracheotomizzati per altre patologie».
Di quali patologie parliamo?
«Parliamo di pazienti neurologici e di tipo neuro degenerativo. Le patologie come la Sma, la Sla, la malattia di Parkinson, creano difficoltà a respirare ed è spesso necessario creare un accesso attraverso la trachea, in modo tale che il paziente faccia minore fatica a respirare. Nella Sla, ad esempio, il diaframma non funziona bene per cui il paziente ha difficoltà a respirare. Quindi, eliminare il tratto aereo superiore e fare respirare il paziente da un tratto più basso lo agevola. Inoltre, questi pazienti a volte hanno anche problemi di Ab Ingestis, ciò significa che quando mangiano, soprattutto i liquidi, possono andare di traverso nella trachea e nei bronchi, provocando delle polmoniti, legate al fatto che non riescono per problemi di natura neurologica e neurodegenerativa a gestire bene la deglutizione. Spesso succede ai post ictus, pazienti vascolari (emorragie cerebrali, ictus) e soggetti con patologie neurologiche».
Ci sono altri soggetti che hanno necessità di essere tracheotomizzati?
«C’è una terza categoria di impronta pneumologica, si tratta in genere di pazienti con broncopolmonite cronica ostruttiva, per cui anche in questo caso la respirazione non è sufficiente e il paziente viene gestito meglio attraverso il tracheostoma, attraverso il quale può fare delle medicazioni come i bronco- lavaggi e le aspirazioni, se ci sono accumuli di secrezioni patologiche. Infine, ci sono i pazienti che dopo estesi incidenti traumatologici, anche cerebrali, stanno in rianimazione 15/20 giorni, dopodiché vengono tracheotomizzati per problematiche di tipo anestesiologico e rianimatorio. Per esempio, noi abbiamo dovuto tracheotomizzare molti pazienti Covid, infatti, dopo 15/20 giorni di intubazione il paziente deve essere tracheotomizzato, non può essere intubato per un periodo di tempo troppo lungo. Questo genere di interventi vengono sempre effettuati dall’otorinolaringoiatra, che gestisce anche il post intervento».
A cosa serve la valvola fonatoria?
«Si tratta di una tecnica abbastanza innovativa, per quanto io abbia iniziato 20 anni fa ad impiantare le valvole fonatorie. In pratica, il paziente che subisce un intervento di laringectomia totale viene privato dell’utilizzo della voce, non può più parlare. Un tempo questi soggetti venivano riabilitati con la voce esofagea, una metodica applicata dai logopedisti con un percorso di tipo riabilitativo, in cui il paziente impara ad iniettare l’aria nell’esofago e riprodurla all’esterno, quindi, un po’ quello che fa il ventriloquo. Ad un certo punto è stata sperimentata questa valvolina negli Stati Uniti e in Svezia, dove ci sono due aziende che le producono. Le valvole fonatorie vengono impiantate con un interventino in endoscopia e viene così creato un passaggio tra la trachea e l’esofago, per cui l’aria viene respirata dal tracheostoma e nel momento in cui il paziente vuole parlare chiude l’apertura presente nel collo deviando l’aria nell’esofago, così riesce a produrre un suono che viene poi articolato. È quindi una riabilitazione chirurgica della voce che noi facciamo al Policlinico di Catania, ma la fanno anche al Cannizzaro e a Taormina, cioè i tre centri della Sicilia orientale. Noi abbiamo iniziato negli anni ’90 e siamo stati i primi a partire con questo genere di operazioni, attività che ci è valsa la promozione a centro regionale di riferimento. All’epoca io sono andato a Verona per formarmi su questo tipo di tecnologia, che ho poi importato al Policlinico “Rodolico”. Dirigendo adesso una UOC in un ambiente universitario ho ritenuto di fare questa richiesta in assessorato, perché qui abbiamo tutti i pazienti tracheotomizzati, anche per motivi pneumologici e neurologici».
Quante persone trattate annualmente?
«Trattiamo circa un centinaio di persone l’anno, tra cui anche pazienti da tracheotomizzare sempre per problemi respiratori, causati però da malattie rare. Ad esempio, c’è una malattia rara che si chiama mucopolisaccaridosi, a causa del quale spesso i bambini o i ragazzini vengono tracheotomizzati. Mensilmente poi seguiamo tutti i pazienti per la sostituzione e la gestione generale della cannula tracheale. Nel centro vengono coinvolti anche tutti gli specializzandi, che vengono formati in tal senso, perché si troveranno prima o poi davanti ad un paziente da tracheotomizzare e devono sapere come gestirlo. Il tutto viene fatto con la collaborazione del professore Salvatore Cocuzza, l’altro cattedratico che lavora reparto di “Otorinolaringoiatria” del Policlinico, e del dottore Antonio Bonanno».