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Post-Oncologica

Ricostruzione mammaria, Faldetta: «Aiuta a superare il trauma di chi ha avuto un tumore»

L'intervista di Insanitas alla responsabile scientifica dell'evento sul Bra Day 2021 che si è svolto a Villa Niscemi. «La consiglio a ogni donna, di ogni età».

Tempo di lettura: 5 minuti

Si è svolto anche a Palermo il Bra Day 2021, la manifestazione per la Giornata internazionale per la consapevolezza della ricostruzione mammaria post-oncologica. Abbiamo intervistato per  Naida Faldetta (nella foto di Insanitas), direttore dell’ U.O.S.D Breast Unit dell’ospedale Cervello-Centro di Riferimento Regionale di Chirurgia Oncoplastica della mammella e responsabile scientifico dell’evento che si è svolto a Villa Niscemi (CLICCA QUI per il servizio video).

Dottoressa Faldetta, qual è l’obiettivo del Bra Day?
«È una manifestazione che vuole diffondere la cultura della ricostruzione mammaria. Quando iniziammo nel 2014 le donne che conoscevano le tecniche di ricostruzione era davvero poche, non più del 22% delle persone colpite dal problema. Fortunatamente la situazione è un po’ cambiata e oggi vengono in studio ben più informate, chiedono particolari e vogliono saperne di più, segno che questo tipo di manifestazioni servono moltissimo. Bisogna tenere conto che facciamo circa 250 interventi l’anno di chirurgia oncoplastica, sia per colmare il vuoto lasciato dal quadrante sia quando facciamo una mastectomia. Ho da poco finito un intervento a una signora con un tumore al quarto stadio che coinvolgeva anche il muscolo pettorale. Anche a questa donna è stato possibile ricostruire il seno e un capezzolo, cerchiamo sempre di ridare una forma compatibile con una qualità di vita accettabile. Questa persona ora potrà avere delle condizioni che le permetteranno una vita normale, una volta questo non era possibile».

C’è dunque un problema culturale su questo tema
«Purtroppo sì, ancora oggi penso a quei colleghi che dicono che oltre i sessant’anni non vale la pena “ricostruire” una donna e inorridisco. Una persona che viene sottratta a questo tipo di intervento non si sente più tale, perde la forza di affrontare le terapie, di vivere in serenità nella famiglia, con i figli e col proprio partner. Vive la mutilazione come la perdita di una parte di sé stessa e della propria immagine corporea. Come detto vogliamo cambiare la cultura nelle società».

Soprattutto tra i giovani
«In ogni edizione, e non abbiamo mancato anche in questa, abbiamo voluto coinvolgere i giovani degli ultimi anni dei licei palermitani. Loro sono la parte più intelligente e fresca di questa società, fare in modo che prendano coscienza che la nostra è una battaglia sana li rende ambasciatori del Bra Day e possono diffondere la cultura della ricostruzione anche in famiglia, con gli amici e all’interno della società. Molti in questi anni hanno partecipato tramite stage o coi progetti di alternanza scuola-lavoro. Per esempio l’Albeghiero Cascino si è occupato del laboratorio gastronomico e l’Istituto Einaudi Pareto ha presentato una relazione su alimentazione e cancro, oltre ad aver collaborato con le hostess e gli stewart durante gli eventi. Un altro gruppo di ragazzi ha presentato un poster su come si possono truccare le donne durante il periodo di chemioterapia. I giovani partecipano moltissimo. Del resto anche loro possono vivere in famiglia situazioni di malattia delle loro parenti, siano esse la madre, la nonna o la zia. A distanza di anni ho incontrato ragazzi che hanno partecipato all’evento con il progetto di alternanza scuola-lavoro e ricordavano l’esperienza con molta gioia».

Come si è svolta la manifestazione?
«Sono state presentate le problematiche e spiegato come funziona la ricostruzione. Durante la manifestazione sono state anche lette alcune delle poesie a tema scritte da persone di tutta Italia. Un momento molto commovente è avvenuto quando, grazie a un parrucchiere presente in sala, alcune ragazze hanno scelto di donare parte dei loro capelli per la creazione di parrucche da donare alle donne in chemioterapia. Infine abbiamo dato la parola alle donne dell’associazione di volontariato per testimoniare la loro esperienza».

Ma in Sicilia il tema dei controlli per il tumore al seno è piuttosto sottovalutato
«Purtroppo la partecipazione allo screening in Sicilia è ancora molto bassa».

Le è mai capitato che qualche donna rifiuti l’intervento di ricostruzione?
«Sì, solitamente sono donne molto anziane, che si sono trascurate per molti anni, che hanno perso l’interesse nei confronti della vita sociale o che hanno un passato complicato e vivono uno stato depressivo per esempio a causa della perdita del partner. Personalmente lo consiglio a ogni donna, di ogni età. Il trauma della malattia è difficile da vivere, aiutare a superare almeno l’aspetto fisico è un nostro dovere morale».

Le donne che intraprendono questo percorso sono seguite anche da un percorso psicologico?
«Certamente. Con noi lavora la dottoressa Patrizia Dorangricchia, psiconcologa e psicoterapeuta, che supporta ogni donna fino in sala operatoria, è presente al risveglio, tiene i colloqui individuali e di gruppo. Opera fin da quando faccio la diagnosi di cancro e la donna si trova a dover affrontare il trauma della presa di coscienza della malattia. C’è una percentuale di donne che non riesce a comprendere a pieno la situazione perché il coinvolgimento è talmente forte che può avvenire un annebbiamento. La psiconcologa è in grado di accompagnarla in questa fase lunga e difficile».

Vorrebbe mandare un messaggio alle persone che hanno dubbi sulla ricostruzione?
«Vorrei fare una appello a tutte le donne, anche a coloro che si recano in altri centri: è un loro diritto avere la ricostruzione, la devono pretendere perché è un modo essere aiutate, vivere meglio la malattia, superarla e intraprendere meglio un percorso estremamente lungo che purtroppo che non finisce mai e prevede controlli costanti».

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