Perchè in Europa ci sono stai molti più casi di coronavirus (più di 1,2 milioni di casi confermati) rispetto al resto del mondo? Una risposta potrebbe arrivare dallo studio pubblicato da un gruppo di di ricercatori dell’Università di Zhejiang (Cina), secondo il quale ci sarebbero decine di ceppi del virus, almeno 30, ed in Europa si sarebbe diffuso quello più letale. Lo studio è stato pubblicato sulla piattaforma medRxiv.org e, pur essendo ancora in attesa del –peer review (la revisione da parte di altri scienziati) ciò che emerge è proprio il dato secondo il quale alcuni ceppi più potenti fra quelli studiati dal team assomigliavano a quelli diffusi in Europa, mentre i ceppi più deboli erano simili a quelli trovati circolanti all’interno di parti degli Stati Uniti, come lo Stato di Washington.
I ricercatori sono giunti a questa conclusione mentre cercavano di spiegare la diversa virulenza con cui gli Stati Uniti sono stati colpiti lungo la costa occidentale e lungo la costa orientale. Gli esperti hanno avuto modo di osservare che l’epidemia di tipo Asi è diffusa nella costa occidentale degli Stati Uniti dalla Cina, mentre quella di tipo B che ha colpito in particolare lo stato di New York sarebbe probabilmente arrivata dall’Europa.
Il gruppo di ricerca ha studiato i ceppi virali di 11 pazienti cinesi con coronavirus, testando l’efficacia del virus su cellule umane in laboratorio. La carica virale – la quantità di virus – è stata valutata in tutte le cellule dopo una, due, quattro e otto ore, nonché il giorno successivo e 48 ore dopo. I ricercatori hanno anche esaminato gli effetti citopatici (CPE), cioè l’insieme di cambiamenti morfologici che una cellula infetta da virus può assumere. I ceppi più aggressivi hanno creato fino a 270 volte più carica virale del tipo meno potente e hanno prodotto la più alta carica virale che, a sua volta, ha determinato anche una più elevata morte cellulare.
“I nostri risultati mostrano che le mutazioni osservate possono avere un impatto diretto sulla carica virale e sul CPE”, scrivono i ricercatori. “Questa scoperta suggerisce che le mutazioni osservate nel nostro studio possono avere un impatto significativo sulla patogenicità (la capacità di causare malattie) del SARS-CoV-2″.
Queste mutazioni erano state osservate anche in diversi paesi europei duramente colpiti, come l’Italia e la Spagna, prima di diffondersi a New York. Tuttavia, alcune delle mutazioni più lievi sono quelle che caratterizzano i ceppi in gran parte trovati negli Stati Uniti, tra cui lo Stato di Washington, come quello di Wuhan dove ha avuto inizio tutto.
Gli autori affermano che i pazienti con Covid-19 hanno ricevuto lo stesso trattamento in ospedale indipendentemente dal ceppo. Tuttavia, ritengono che i diversi ceppi potrebbero richiedere diversi sforzi. “Lo sviluppo di farmaci e vaccini, sebbene urgente, deve tener conto dell’impatto di queste mutazioni che si accumulano”, concludono i ricercatori.
La ricerca, per quanto attendibile, attende ancora la validazione della comunità scientifica, ma le osservazioni degli studiosi di Zhejiang non sorprendono affatto il genetista Giuseppe Novelli, coordinatore del progetto GEFACOVID, un maxistudio internazionale che ha lo scopo di esaminare in dettaglio tutte le informazioni genetiche relative a SArs-Cov2 al fine di identificare nuovi percorsi diagnostici e nuove terapie. “I virus a RNA, come il nuovo coronavirus, mutano e questo fa parte della loro natura – ha affermato Novelli ai microfoni dell’agenzia di stampa AGI – Studiare queste mutazioni ci dovrebbe aiutare a capire se avremo bisogno di molte più armi, cioè di più di un vaccino e di più di un anticorpo monoclonale per combatterle. Il lavoro che arriva dalla Cina – dice l’esperto – è certamente interessante, ben fatto e ben accurato. Naturalmente va confermato e il fatto stesso che sia un articolo in preprinting significa che deve ancora superare le analisi relative ai sistemi di revisione dei paper. Quindi bisogna essere sempre cauti.