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Emergenza urgenza

L'allarme

Pronto soccorso siciliani, in servizio la metà dei medici necessari: ecco i dati delle 9 province

Il report elaborato dal Coordinamento Direttori e Responsabili Pronto Soccorso che si è riunito «per confrontarsi sul drammatico momento che sta vivendo l’area di emergenza».

Tempo di lettura: 4 minuti

Su 786 posti previsti nelle piante organiche dei pronto soccorso siciliani sono 414 quelli coperti, cioè poco più della metà. Il dato impietoso (CLICCA QUI per il dettaglio delle 9 province) è reso noto dal Coordinamento Direttori e Responsabili Pronto Soccorso, che si è riunito «per confrontarsi sul drammatico momento che sta vivendo il nostro SSN ed in particolare l’area di emergenza».

Nel documento viene descritto un  sistema dell’emergenza-urgenza «cronicamente in affanno, carente di risorse, non in grado di erogare risposte adeguate e per nulla attrattivo per i giovani medici. Assistiamo ad una inesorabile fuga di medici dai pronto soccorso, alla costante diserzione dei giovani medici dai numerosi concorsi a tempo indeterminato banditi ad ogni piè sospinto, e dei giovanissimi neolaureati dall’offerta formativa (troppo tardivamente generosa) nella branca specifica di medicina d’emergenza- urgenza».

Il problema riguarda tutta Italia: «Mancano oltre 4 mila medici degli 11 mila previsti nelle dotazioni organiche delle aree di emergenza italiane, e al ritmo attuale di 100 dimessi al mese, gli organici saranno abbondantemente al di sotto del 50% entro il 2025. Tale situazione ha assunto livelli di drammaticità nel momento in cui ci sono pronto soccorso a rischio di chiusura. In Sicilia abbiamo già raggiunto la soglia del 50% se consideriamo i medici effettivi e con contratti tipici (a tempo determinato o indeterminato)».

La ricognizione appena effettuata «fa emergere dati sconcertanti: in tutti i pronto soccorso si registra una carenza di medici. In alcune realtà è addirittura presente un solo medico strutturato ed i turni sono in gran parte coperti da medici dell’Emergenza Territoriale o da medici “ precettati” da altri reparti. Nella fuga o nella diserzione dalle aree di emergenza incide soprattutto un carico di lavoro che non ha pari tre le discipline ospedaliere e che peggiora esponenzialmente nelle condizioni di cronico sovraffollamento, condizionando una notevole esposizione degli utenti a livelli di rischio clinico incontenibili con alta probabilità di eventi avversi, anche gravi».

«Riconoscere il lavoro usurante e 15 giorni di ferie supplementari rappresentano soluzioni condivisibili ma che, in assenza di prioritari interventi straordinari di reclutamento di nuovo personale, finirebbero per aggravare la carenza di organico. Peraltro, attualmente, il monte ferie non goduto di un medico di pronto soccorso con 5 anni di attività raggiunge spesso i 100 giorni».

LE SOLUZIONI PROPOSTE DAL COORDINAMENTO:

1) mantenimento dei presupposti della legge per l’emergenza pandemica oltre il 31 dicembre 2022, per il mantenimento nei pronto soccorsi dei medici che hanno contribuito a sopperire alle carenze durante la pandemia e per il reclutamento di qualunque medico non specialista, anche con contratti atipici.

2) favorire il più possibile (al di là di quanto previsto dal decreto Calabria) l’impegno dei medici specializzandi di medicina d’emergenza urgenza e delle discipline equipollenti ed affini nei pronto soccorso

3) una modifica transitoria della normativa vigente, che consenta anche a chi non ha la specializzazione, che è requisito in atto specifico per lavorare in ospedale, di accedere al lavoro in pronto soccorso per conseguire sul campo (nella formula del training on the job) quei requisiti per il successivo accesso al percorso formativo accademico che, per errata programmazione, non è stato garantito in passato. Questa soluzione è migliore della scelta di affidare a cooperative il compito di tamponare con gettonisti provenienti da altri paesi, a costi peraltro elevatissimi, le gravi carenze di organico, non sortendo alcun risultato in termini di fidelizzazione e di prospettiva di soluzione del problema a lungo termine.

4) congrui incentivi salariali intesi come indennità di specificità del medico d’emergenza-urgenza; visto che il Ministro della Salute ne ha già posto i presupposti, sia pure in modo non sufficiente, e considerato che in tal senso alcune associazioni come la FIASO, si sono apertamente espresse, l’appello va ai sindacati ai quali si chiede di operare nell’interesse di una minoranza di iscritti afferenti all’emergenza-urgenza ma anche nei confronti dei tanti medici di altre branche specialistiche che continueranno ad essere precettati nelle aree di emergenza.

5) profonda rimodulazione del sistema dell’emergenza-urgenza con la prioritaria finalità di staffare i pronto soccorsi carenti anche con la chiusura di quei PTE che non rispondono ai requisiti regionali (3000 accessi annui) e riconoscendo ai medici EST la possibilità di accesso ai concorsi per pronto soccorso.

6) In talune realtà è purtroppo inevitabile che si proceda alla precettazione dei medici di altri reparti per la copertura dei turni in pronto soccorso, pur sapendo che tale soluzione produce pochi risultati dal punto di vista delle prestazioni erogate poiché non ci si improvvisa urgentisti, ma anche tanto disagio in altri settori dell’ospedale. Tuttavia, al momento è l’unica soluzione realisticamente attuabile se non si vuole procedere alla chiusura di quegli stessi pronto soccorso».

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