Una best practice è stata ideata e realizzata all’ospedale “Giovanni Paolo II” di Sciacca, incidendo fortemente sulla capacità di evitare l’esplosione di focolai di Covid-19 all’interno della struttura. Si tratta dell’area grigia composta da tre stanze e con percorsi differenziati all’ingresso del Pronto Soccorso: «Con l’arrivo della pandemia, situazione che ci ha trovato tutti impreparati e sorpresi, abbiamo avviato una rifunzionalizzazione di tutta l’area del pronto soccorso, distinguendo un’area grigia Covid da un’area grigia non Covid, secondo le indicazioni che allora hanno fornito il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Oms» spiega ad Insanitas Gaetano Migliazzo, direttore sanitario di presidio.
«Quindi, dopo aver valutato i parametri in fase di pre-triage si decide dove indirizzare il paziente, perché l’area grigia Covid si separa totalmente dal pronto soccorso non Covid, con una sola modalità di accesso al percorso pulito/sporco per gli operatori sanitari- aggiunge- Nello specifico mi riferisco ai medici, perché gli infermieri sono Covid dedicati, mentre il personale medico all’occorrenza prima si spostava. Per cui, c’è una zona di vestizione per evitare qualunque tipo di promiscuità e il rischio di contaminazione delle due aree. Inoltre, in queste tre stanze abbiamo creato i percorsi modificando tutta l’impiantistica di areazione e facendole diventare delle aree a pressione negativa, quindi non c’è alcun rischio di contaminazione esterna perché l’aria non esce da quelle stanze, ma viene richiamata dall’esterno verso l’interno».
Inoltre, Migliazzo sottolinea: «Ogni stanza ha due box per avere anche una gestione diretta del paziente in maniera autonoma rispetto agli altri pazienti. Infine, abbiamo creato anche percorsi dedicati per la radiologia. È stata individuata un’area separata da tutto il resto, in cui sono presenti una Tac, un telecomandato e un ecografo, ciò perché l’aspetto delle immagini è importante nella malattia da Sars-Cov-2. La Tac mette infatti nelle condizioni di verificare il coinvolgimento polmonare, che può essere seguito anche attraverso l’ecografo con le sonde dedicate. In prima battuta si può fare anche una ecografia del torace per vedere quanto è compromesso il sistema broncopolmonare».
L’area grigia è dunque la zona del pronto soccorso in cui i soggetti aspettano l’esito del tampone prima di essere ospedalizzati, che a Sciacca vengono divisi al pre-triage in base alla sintomatologia, per evitare promiscuità e il rischio di contagiarsi proprio in ospedale. Come sappiamo però esistono gli asintomatici e il metodo può essere fallace, ma una rigida scrematura come questa consente di contenere i contagi.
Ovviamente nel tempo alcuni aspetti organizzativi sono stati modificati dai legislatori e dai direttori delle strutture sanitarie che man mano hanno aggiustato il tiro in varie situazioni, come conferma il dottore Migliazzo: «Bisogna tenere conto che prima la certezza della diagnosi la dava il tampone molecolare e c’era un tempo di attesa per il risultato di minimo 24 ore, adesso con i tamponi rapidi antigenici di terza generazione e le apparecchiature specifiche abbiamo una certezza della diagnosi del 98% in un quarto d’ora. Usiamo il molecolare solo in casi particolarmente sospetti, nel senso che essendoci questo 2/3% di rischio di falso negativo, anche se è un dato assolutamente accettabile, se la sintomatologia fa sospettare che quel soggetto sia Covid allora si procede con il molecolare».
L’assetto organizzativo dell’area grigia con tre stanze è un unicum in Sicilia, in cui la maggior parte si sono adoperati per creare almeno due stanze e separare così chi mostra sintomi Covid dagli altri pazienti. Qualcuno ha semplicemente spostato l’area d’attesa nell’area grigia lasciando che tutti gli ingressi in ospedale stazionino in una stanza chiusa per diverso tempo. La differenza di offerta sanitaria tra una struttura e l’altra non si è verificata solo in Sicilia, infatti questa situazione è stata creata da un buco normativo che ha demandato alle strutture di decidere per sé a livello nazionale. Questo vuoto è stato colmato soltanto dall’Emilia Romagna e dalla Toscana, che hanno creato modelli di aree grigie innovative simili a quella di Sciacca, per il resto ognuno ha fatto ciò che ha potuto o preferito.
«In merito all’area grigia non sono mai state codificate regole chiare, l’Oms e l’Iss hanno dato delle indicazioni ma non delle norme. A Sciacca siamo andati oltre, infatti da quando abbiamo adottato questo genere di organizzazione non abbiamo più avuto dei cluster. Proprio qui abbiamo avuto il primo caso di Covid in Sicilia, questa esperienza ci ha portato a focalizzare l’attenzione soprattutto sulla differenziazione in maniera rigida dei percorsi, in modo tale che in nessun caso e per nessun motivo si potesse creare un momento di contaminazione tra percorso Covid e non Covid. Abbiamo agito sugli impianti di areazione delle aree Covid che sono tutte a pressione negativa- precisa ancora Migliazzo che parla ad Insanitas anche in veste di direttore sanitario dell’ospedale di Agrigento- Non sono riuscito ad adottare la stessa organizzazione ad Agrigento perché la struttura non si presta, inoltre vi sono arrivato a gennaio del 2021, in pandemia avanzata, e ho trovato un’organizzazione a cui ho apportato qualche modifica ma non l’ho stravolta, perché avrei creato più confusione in quel momento. Ho fatto degli interventi, ho dato indicazioni e applicato direttive, per quello che riguarda la mia competenza ed esperienza nel settore qualche miglioria credo di averla apportata, ma non ho potuto realizzare quello che ho fatto a Sciacca perché qui abbiamo creato una squadra di primari con cui la direzione ha lavorato in equipe. Ciò ci ha messo nelle condizioni di condividere le scelte che facevamo e quando le scelte sono condivise è più semplice anche renderle operative».