Un contesto regionale basato sul modello organizzativo Hub e Spoke è la rete per la presa in carico del paziente con tempesta aritmica a cui pensa Giuseppe Sgarito (nella foto), responsabile della UOSD Elettrofisiologia dell’ ARNAS Civico Palermo e del Centro di Riferimento Regionale per la Cardioaritmologia e il trattamento delle aritmie.
L’idea di Sgarito- che è anche presidente regionale AIAC (Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione)- si basa sull’identificazione di un percorso clinico-assistenziale ben definito che possa portare il paziente con aritmie ventricolari maligne a ricevere le cure più idonee alle proprie necessità nel più breve tempo possibile.
«È necessario individuare le competenze e le strutture da mettere a disposizione del paziente- dichiara Sgarito- utilizzando servizi e ospedali con funzioni differenziate per livelli di risorse e complessità di intervento, nel rispetto dell’importanza e della pari dignità di ogni struttura della rete. Bisogna tracciare un percorso assistenziale, diagnostico e terapeutico del paziente colpito da tempesta aritmica con l’obiettivo di uniformare i comportamenti dei professionisti coinvolti nel trattamento avvicinandoli alle raccomandazioni dell’evidenza scientifica attuale; qualificare i livelli di assistenza e trattamento, secondo criteri di appropriatezza ed efficacia; creare integrazione tra strutture/professionisti, mediante l’utilizzo di strumenti e linguaggi condivisi».
La rete dovrebbe includere: Ambulatori e Laboratori di elettrofisiologia con capacità di controllo remoto dei CIED (dispositivi cardiaci impiantabili); Servizi di Pronto soccorso e Aree di Emergenza, Medicina d’Urgenza, Terapie Intensive; Ospedali Spoke con ambulatorio Pacemaker; Cardiologie con unità di Terapia Intensiva (UTIC) e laboratorio di elettrofisiologia in grado di fornire terapie avanzate; Cardiochirurgie con relativa Terapia Intensiva Cardiochirurgica.
La tempesta aritmica ventricolare è una condizione di emergenza medica caratterizzata da multipli episodi di tachicardia ventricolare sostenuta in un breve intervallo temporale (3 o più episodi in 24 ore oppure, se in portatori di ICD, 3 o più interventi del defibrillatore in 24 ore).
Secondo i dati del Registro IRIDE (Italian Registry of prophylactic Implantation of DEfibrillators), si stima un’incidenza di tempeste aritmiche del 1-2% anno in caso di impianto di ICD in prevenzione primaria (senza precedente documentazione di aritmie); l’incidenza sale fino al 20% in 3 anni di follow-up in caso di impianto di ICD in prevenzione secondaria (con precedente documentazione di aritmie). È comunque difficile identificare la reale incidenza della patologia nella popolazione generale perché difficile da tracciare sui sistemi informatici ospedalieri a causa di una mancanza di codifiche specifiche.
«In considerazione della prolungata sopravvivenza dei pazienti con cardiopatia e scompenso cardiaco- aggiunge – grazie alle moderne terapie e del numero di pazienti portatori di defibrillatore impiantabile, la tempesta aritmica è divenuta causa frequente di accesso al sistema di emergenza. Le implicazioni cliniche e l’impatto di tale emergenza nel sistema sanitario sono severe e molteplici e riguardano il paziente, i familiari, gli operatori e il sistema sanitario regionale in toto. La tempesta aritmica è infatti associata ad un rischio aumentato di morte, di trapianto cardiaco e di ospedalizzazione per scompenso cardiaco acuto. La mortalità arriva fino al 15% in fase acuta e il rischio di morte aumenta di circa 20 volte nei 3 mesi successivi».
Secondo Sgarito «si rende necessaria pertanto, al fine di gestire al meglio una condizione clinica così complessa e a alto rischio, l’ottimizzazione del trattamento diagnostico e terapeutico del paziente con tempesta aritmica che afferisce in un ospedale regionale, consentendo un equo accesso alle cure e rendendo inoltre omogeneo il comportamento degli operatori tramite lo sviluppo di un modello organizzativo coordinato di assistenza territoriale in rete».
Questo scenario include pazienti con presentazioni cliniche molto diverse: da quello pauci- o asintomatico in condizioni stabili, al paziente con grave alterazione dei parametri vitali il cui trattamento è estremamente impegnativo e prevede un approccio multidisciplinare con possibile coinvolgimento di diverse figure professionali (Medico di PS/Emergenza, Cardiologo Elettrofisiologo, Cardiologo Emodinamista, Anestesista-Rianimatore, Cardiochirurgo) e la cui terapia può essere esclusivamente medica o includere, in una quota non trascurabile di casi, il trattamento invasivo (ablazione transcatetere, intubazione, supporto meccanico al circolo).
Il miglioramento della tecnologia e delle conoscenze ha comportato anche l’utilizzo di nuove tecniche nel trattamento dei pazienti con tachicardia ventricolare e/o tempesta aritmica e la procedura di ablazione transcatetere è diventata l’intervento più importante. Stando ai pareri degli esperti le percentuali di successo totale o parziale sono rispettivamente del 70% e 80%.
«Rappresenta quindi un trattamento imprescindibile per una cura ottimale di tali pazienti- commenta Sgarito- Diversi studi clinici e meta-analisi hanno dimostrato che i pazienti sottoposti a ablazione traggono beneficio dal trattamento in termini di riduzione di recidive aritmiche, ospedalizzazioni e mortalità. Un trattamento ablativo precoce risulta associato a miglior risultato rispetto al trattamento differito. Trattandosi di una procedura complessa e con potenziali rischi di complicanze anche fatali, quasi sempre eseguita in pazienti con severa disfunzione ventricolare sinistra, la pianificazione della procedura deve tener conto del profilo di rischio del paziente, delle aritmie documentate e della potenziale complessità e durata dell’ablazione stessa e deve essere eseguita in un setting ospedaliero di livello avanzato che possa garantire, ove necessario, anche un supporto emodinamico meccanico o intervento di cardiochirurgica».
«Tecnicamente l’intervento viene eseguito in sedazione profonda o anestesia generale- spiega Sgarito- introducendo attraverso i vasi (arterie e vene) femorali dei cateteri con cui vengono mappate le camere cardiache interessate. Mediante evoluti sistemi di mappaggio elettroanatomico viene studiato anatomicamente e funzionalmente il substrato malato, l’endocardio dei ventricoli, e infine, una volta identificata la porzione di miocardio responsabile dell’aritmia, si procede a distruggerla mediante erogazione di energia (spesso radiofrequenza, ma anche crioenergia o corrente elettrica diretta). A volte, in base all’origine della tachicardia, è necessario mappare la parte esterna del cuore, epicardio, a cui si accede mediante una puntura effettuata subito sotto lo sterno».