MESSINA. Presso l’ospedale Papardo è stato eseguito l’inserimento chirurgico dell’impianto di una protesi custom-made creata con l’ausilio della tecnologia della stampa in 3D. L’intervento si è reso necessario a seguito dell’insorgere di osteo-necrosi in una giovane paziente ed è stato portato a termine con successo dall’equipe di Ortopedia e Traumatologia. Le fratture isolate del semilunare rappresentano l’1% di tutte le fratture del carpo e sono di solito secondarie ad una trauma da compressione i quali possono evolvere verso la necrosi del semilunare denominata malattia di “Keinbock” o osteo-necrosi del semilunare.
L’osteo-necrosi favorisce la frammentazione ossea, che è spesso causa di una dislocazione delle ossa carpali vicine. Tale esito è causa di gravi limitazioni funzionali del polso stesso, associate a dolore spontaneo ed ai movimenti, ciò implica una invalidità funzionale della mano. Esistono diversi trattamenti della malattia di “Keinbock”, tra cui la sostituzione protesica dell’osso stesso, non più utilizzabile. In questa ottica è stato eseguito dalla UOC di Ortopedia e Traumatologia del Papardo, diretta da Daniele Pontoriero, dall’equipe composta da lui stesso in collaborazione con Francesco Cannavò, specialista della chirurgia della mano, un intervento chirurgico innovativo, su una paziente calabrese di anni 26, consistito nell’utilizzo di una protesi “custom made”.
Tale dispositivo su misura dell’osso semilunare, creato mediante la tecnologia della stampante 3D, con ricostruzione dalla TAC Tridimensionale effettuata dalla radiologia del Papardo. La protesi è in lega di titanio ed è stata impianta il 16 giugno. I controlli radiologici e i controlli clinici hanno evidenziato un’ottima “compliance” dell’impianto, con una mobilizzazione immediata del movimento delle dita. «I nuovi investimenti tecnologici hanno rappresentato gli strumenti per potenziare e valorizzare lo straordinario capitale umano del Papardo- commenta il direttore generale, Mario Paino– Ciò ha permesso di realizzare interventi complessi meno invasivi e più sicuri per i pazienti. Un processo che contribuisce alla valorizzazione delle alte specialità della nostra struttura ospedaliera».