MESSINA. Sono 5000 i bambini seguiti dal NemoSud, alcuni calabresi, per lo più siciliani. 5000 famiglie che rischiano di dover ricominciare a fare i viaggi della speranza per poter curare i propri figli e si sentono abbandonate dal governo regionale che dichiara di voler sistemare la situazione ma di fatto non ha firmato l’ultima proposta utile, cioè quella di spostare il Centro NemoSud dal Policlinico di Messina all’Irccs Neurolesi. «Sono profondamente sbigottita, incredula e davvero amareggiata. È proprio vero, la vita è una montagna russa e la Sicilia è la madre di tutte le giostre. Seguo con molta attenzione tutto ciò che riguarda il Nemo Sud, centro d’eccellenza che ha regalato la possibilità di una vita migliore a mio figlio» scrive Valentina Valenti mamma di Peter affetto da Sma di tipo 1, la più grave.
Poi aggiunge: «Siamo rientrati da Londra nella mia Messina per somministrare Zolgesma al mio Peter, una terapia genica innovativa per cui soltanto il centro NemoSud gestito da Fondazione Aurora è accreditato a somministrarlo in tutta la Sicilia. Dopo tre settimane in ospedale continua ad essere monitorato e ogni settimana torniamo per fare dei controlli e degli esami specifici. Siamo arrivati a Messina da Londra grazie allo sforzo dei messinesi e dell’Italia tutta. Cosa accadrà adesso? Da madre di un bimbo di 14 mesi affetto da SMA1 l’unica possibilità che vedo è il rientro a Londra, sperando che Peter possa effettuare le analisi lì, anche se in Inghilterra la terapia genica non ha ancora ricevuto approvazione».
Proprio quest’anno, infatti, nella lotta alla Sma è arrivata la terapia genica per l’atrofia muscolare spinale approvata dall’Aifa per bambini fino a 13,5 Kg di peso, senza limiti di età. In Sicilia soltanto il NemoSud ha ricevuto lascia passare per somministrare la terapia genica ai bambini siciliani che ne hanno diritto. Proprio adesso, però, si ventila la chiusura del NemoSud, impedendo così ai bambini di ricevere il farmaco che può cambiargli la vita in un ambiente protetto e controllato. Dovranno farlo fuori regione, pesando sulle tasche del Sistema Sanitario Nazionale e sulle proprie.
«Mi sento abbandonata dalla mia Sicilia e presa in giro da chi dovrebbe assicurare il diritto alla salute di chi abita in questa splendida Isola. Il mio pensiero va a tutti i 5mila pazienti che come il mio Peter hanno bisogno dell’assistenza, che solo il NeMo Sud può dargli – scrive ancora Valentina – Detesto i luoghi comuni e le frasi fatte ma è chiaro come il bel sole siciliano che “il pesce puzza dalla testa”. Grazie Nello Musumeci per non aver fatto nulla. Proprio tu che ci rappresenti e durante un’intervista dicesti “Tutti sanno che non sono mai stato un pupo in mano a pupari. Io lavorerò esclusivamente per i siciliani. […] Per questo dico che non farò accordi al ribasso e non mi farò condizionare da nessuno”. Deve aver cambiato idea presidente!».
Rischiano il proprio futuro anche 57 lavoratori, che perderanno il posto di lavoro nel momento in cui non sarà risolta la situazione: «Noi siamo disperati, c’è arrivata una doccia fredda addosso, nessuno si aspettava che si potesse verificare una situazione del genere perché per noi era impensabile che una struttura come il NemoSud non venisse confermata o che venissero fuori dei problemi dopo anni di attività. Da parte nostra c’è la disperazione più totale perché la firma con l’Irccs sembrava sicura ma poi è saltato tutto e non è stato specificato il motivo, noi non sappiamo perché Musumeci non abbia firmato questo accordo, dopo che aveva assicurato che ci sarebbe stata una continuità assistenziale», afferma Daniele Gallo, infermiere del NemoSud.
«Tra di noi tante famiglie campano soltanto con questo stipendio, ci sono colleghi che non erano di Messina, si sono trasferiti qui con figli a carico e ora si troveranno con una moglie e due figli a carico, in una città che non è la propria e senza stipendio- aggiunge- Altri hanno preso impegni importanti negli anni passati come l’acquisto di una casa e io sono uno di questi. Noi ormai abbiamo acquisito una certa professionalità nel trattare i pazienti di questo tipo, quindi non abbiamo mai pensato di cercare altro e adesso ci troviamo a fine pandemia a dover ripiegare su lavori “tappabuchi”, perché il mercato è saturo, non sarà facile trovare un altro lavoro. Mi sembra un’assurdità perché si tratta di pazienti particolari, attaccati al respiratore h24, spesso ci chiamano dal policlinico per assistere questi pazienti perché loro non sono in grado. Come vorrebbero fare senza di noi? Questo ci fa rabbia. Siamo disperati».