PALERMO. Dopo un dibattito d’aula infuocato e tra le polemiche l’Ars ha approvato la mozione che chiede a Nello Musumeci di revocare l’incarico a Tuccio D’Urso, commissario delegato sui lavori Covid negli ospedali siciliani. L’atto parlamentare è stato presentato dal capogruppo di Forza Italia, Tommaso Calderone, che ha accusato l’ex dirigente regionale per dei post su facebook con i quali criticava alcuni deputati per avere bocciato la norma che avrebbe consentito ad alcuni dirigenti della Regione in via di pensionamento- lui compreso- di restare in carica per altri tre anni.
In ogni caso la mozione ha un signicato politico ma non è vincolante dal punto di vista giuridico: il presidente della Regione, quindi, non è obbligato a rimuovere dall’incarico D’Urso che in aula è stato difeso da DiventeràBellissima e da Attiva Sicilia che hanno sottolineato come l’ex dirigente regionale abbia formalmente chiesto scusa per quelle frasi con una lettera formale inviata al presidente dell’Ars (che l’ha letta in apertura di seduta) e anche al governatore.
Contro D’Urso sono intervenuti in aula il deputato Calderone e diversi parlamentari di Pd, M5s, ma anche la capogruppo Udc, Eleonora Lo Curto. Per il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, Musumeci «non ha l’obbligo giuridico di “licenziarlo” ma l’obbligo morale sì, perché questa persona ha reiterato i suoi comportamenti offensivi al Parlamento».
Tra gli interventi anche quello dell’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, che ha auspicato l’importanza di fare prevalere il principio della continuità amministrativa in un settore così delicato in tempo di pandemia: «Da un lato ci sono espressioni giudicate correttamente lesive della Istituzione e della stessa fiducia che il presidente della Regione ha riposto nei confronti dell’ing. D’Urso, dall’altro c’è un lavoro che è stato svolto e che non ci vede tra le ultime Regioni italiane ma come la prima. La valutazione nel merito dovrà tenere conto di alcuni principi di continuità amministrativa che non possono essere ignorati».