PALERMO. È ancora possibile fornire un’assistenza sanitaria di base in maniera gratuita, che riesce davvero a garantire il diritto alla salute?
L’esperienza dell’ambulatorio popolare di Borgo Vecchio, all’interno del centro sociale Anomalia, è uno dei rari casi in cui si può rispondere di sì.
Dopo alcuni mesi di chiusura per lavori di ristrutturazione, ora ritorna nuovamente operativo. Dentro quelli che sono locali del Comune – e che sono stati occupati nel 2012 da studenti, giovani, precari e disoccupati – da tre anni è possibile svolgere visite specialistiche ginecologiche, cardiologiche, pediatriche, oltre che di medicina generale.
Un’opera di “accoglienza sanitaria”, come la definisce il cardiologo Franco Ingrilli che qui è un volontario insieme a una ventina di colleghi, sempre più apprezzata dal quartiere.
Anche perché si rivolge a quelle fasce di popolazione che non riescono neanche più ad accedere ai servizi sanitari di base: indigenti, gente senza fissa dimora, occupanti (che col decreto Lupi non possono ottenere la residenza e di conseguenza il medico di base), migranti regolari e irregolari.
L’ambulatorio si sostiene grazie al lavoro volontario svolto da professionisti palermitani (cardiologi, ginecologi, neurologi, assistenti sociali) e alle donazioni: l’ultima in ordine di tempo riguarda l’ecografo a quattro sonde donato dal gruppo regionale M5S, mentre il mobilio arriva dalla Cgil. E sempre grazie all’ausilio delle donazioni sono stati finanziati i lavori di ristrutturazione dell’ambulatorio.
Finora l’unico assente, paradossalmente, è proprio il Comune di Palermo che è formalmente proprietario dei locali. Ma sembra che la giunta Orlando e gli attivisti del centro sociale vogliano avviare un processo di regolarizzazione del posto. D’altra parte l’ambulatorio popolare svolge quei servizi sociali che sopperiscono alle assenze istituzionali.
«Qui arrivano persone che innanzitutto devono capire ciò di cui hanno bisogno, che non sanno a chi rivolgersi- spiega Ingrilli- Facciamo dunque orientamento al servizio sanitario nazionale, perché non vogliamo sostituirci ad esso ma vogliamo che il pubblico sappia rispondere alle esigenze di salute della popolazione. Poi è vero che la carenza di medici negli ospedali è cronica, così come sono lunghissimi i tempi di attesa per la più semplice visita».
La consapevolezza è che in quartieri popolari come Borgo Vecchio non esistono altri presidi sanitari. «Ci sarebbe il medico di base- osserva Ingrilli- ma ormai spesso si limitano a scrivere ricette. Il medico di base non è più il primo impatto di salute della gente, che invece è diventato il pronto soccorso dell’ospedale, ma ciò significa aver creato un percorso assistenziale inefficace e appropriato. Mancando i presidi territoriali è questo lo scenario. Quindi il primo impatto sanitario per molti è diventato il nostro. Poi è chiaro che molti pazienti magari me li porto a Villa Sofia, perché qui comunque esami più accurati non si possono fare».
Nella foto: Franco Ingrilli (cardiologo a Villa Sofia) e Arturo D’Agostino (cardiologo all’Asp di Palermo).