PALERMO. Un approccio integrato tra università, ospedale e territorio, basato sul modello organizzativo “hub and spoke”, per la presa in carico delle persone con malattia neuromuscolare, per l’assistenza sanitaria primaria, per coniugare l’accessibilità, la continuità ed efficacia delle cure, favorendo la razionalizzazione dei servizi in funzione della complessità ma anche per garantire adeguatezza strutturale e strumentale.
In estrema sintesi è questa la funzione della rete regionale siciliana per le malattie neuromuscolari che prevede due hub, individuati nei centri regionali di riferimento del Policlinico di Palermo, “Paolo Giaccone”, e quello di Messina “Gaetano Martino” e gli spoke distribuiti sul territorio. Due centri di eccellenza deputati alla diagnosi e alla cura, gestiti da neurologi esperti di malattie neuromuscolari, in cui il paziente afferisce sia in condizioni di stabilità sia in condizioni di acuzie.
Fondamentale, poi, la continuità tra cura e ricerca non solo per mantenere gli standard assistenziali ma anche per garantire ai pazienti quelli di cura e proporre iniziative virtuose in ambito scientifico e d’innovazione tecnologica. Il team coinvolgerebbe diverse figure sanitarie: neuropsichiatra infantile, pediatra, pneumologo, otorino laringoiatra, cardiologo e fisiatra che insieme al neurologo, figura cruciale per la diagnosi e la terapia, garantiscono la multidisciplinarietà al paziente.
Della rete pilota e del team working si è parlato durante il convegno ECM, che si è svolto a Palermo il 16 giugno, dal titolo ”Creazione di un team working e di una rete pilota ospedale- territorio sulle malattie neuromuscolari in Sicilia”, promotore e responsabile scientifico il neurologo Marcello Romano.
Lo step da cui si dovrà partire è la mappatura del territorio regionale per avere contezza delle strutture di riferimento nelle provincie siciliane. L’adozione di un piano sanitario sulle malattie neuromuscolari è la cornice dentro cui si dovrà lavorare. Per metà luglio è stato fissato il timing per definire l’idea-progetto sposata dall’assessorato alla Salute, come ha sottolineato Rosalia Murè, responsabile dell’Area interdipartimentale 1 Ispezioni e Vigilanza del Dasoe guidato da Salvatore Requirez: «Siamo disponibili alla creazione- ha detto- e siamo pronti a supportare la rete».
«Condivisione, collaborazione, trasparenza e metodo sono elementi imprescindibili in un team- ha aggiunto Walter Messina commissario straordinario di Villa Sofia-Cervello di Palermo, presente anche lui al convegno- Importante poi è l’aspetto informatico, fondamentale individuare uno strumento di informazione adeguato».
«Lo scopo- spiega il neurologo Marcello Romano, dirigente medico, UOC di Neurologia e Stroke Unit, AOOR Villa Sofia-Cervello- è creare un servizio multidisciplinare di accoglienza dedicato a migliorare l’assistenza ai pazienti per uniformare e diffondere a livello regionale gli standard di cura, in modo da creare una rete territoriale in grado di poter gestire in maniera ottimale l’arrivo dei pazienti e dei trial clinici, affiancata da sportelli di informazione che aiutino i genitori e i pazienti a districarsi nel multiforme mondo legato alla patologia. Il fascicolo sanitario elettronico e il registro regionale sono, invece, gli strumenti operativi di cui la rete dovrà disporre e che dovranno essere accessibile a tutti gli operatori del percorso permettendo di avere un quadro clinico condiviso tra i medici».
«Il modello a cui abbiamo pensato- prosegue Romano – prevede la concentrazione delle funzioni diagnostico-terapeutiche di alta complessità nei centri di riferimento hub ai quali i centri periferici spoke inviano gli utenti che hanno bisogno di interventi che superano la soglia di complessità che sono in grado di garantire, con la finalità di assicurare a tutti i cittadini cure appropriate, indipendentemente dal luogo di residenza. Importante è quindi definire i nodi della rete regionale per le malattie neuromuscolari, le loro specifiche funzioni e le modalità operative con le quali questi si rapportano tra loro. Vogliamo creare un gruppo condiviso di cultura e di collaborazione per la presa in carico dei pazienti con malattie rare neuromuscolari che sono patologie croniche».
«La creazione della rete- commenta il professore Filippo Brighina, responsabile del centro per la “Diagnosi e cura delle malattie rare neuromuscolari” che si trova presso l’AUOP Policlinico Universitario “Paolo Giaccone”, UOSD di Neurofisiopatologia- è importante ma è d’obbligo farla funzionare bene, quindi fondamentali sono gli aspetti motivazionali per creare relazioni collaborative e quello formativo. I medici di medicina generale, così come gli specialisti ambulatoriali devono saper riconoscere tempestivamente la patologia del paziente e indirizzarlo verso le strutture di riferimento. Indispensabile, poi, le dotazioni strumentali e il personale».
Di assoluta rilevanza è la creazione di una collaborazione fattiva tra ospedale-università e territorio per il professore Antonio Toscano, responsabile Centro Europeo ERN-NMD di Messina che da trenta anni è costantemente al servizio dei pazienti con malattie neuromuscolari: «Tale alleanza- commenta- potrebbe promuovere un’adeguata assistenza ai pazienti, non dimenticando che è anche necessario espandere la cultura e la conoscenza di queste malattie. Qualunque proposta deve essere attentamente esaminata e discussa con le varie componenti che sono in campo per l’assistenza: medici di base, specialisti, esperti di MNM, pediatri, genetisti, fisiatri, fisioterapisti, psicomotricisti, associazioni di pazienti e altre categorie . Il convegno è stato un importante banco di prova per mettere in chiaro gli obiettivi e ipotizzare dei programmi che possano essere ragionevolmente sviluppati nella nostra regione, anche con l’aiuto dei vertici istituzionali».
Una volta creata la rete è necessario che il team working funzioni indispensabile quindi la multidisciplinarietà e la multigenerazionalità. Aspetti su cui pone l’accento Fabio Crapitti, formatore professionista certificato Associazione Italiana Formatori, trainer/Coach – esperto di comportamento organizzativo che da anni si occupa di formazione in ambito sanitario: «I team devono rappresentare gruppi di persone che collaborano per il raggiungimento di obiettivi comuni e che forniscono un contributo alla realizzazione della performance del gruppo. Empatia, onestà, trasparenza e rispetto sono le parole chiave. Il nuovo paradigma è che la coesione e la motivazione battono la competenza. Il successo di una squadra non è determinato solo dalle caratteristiche e dalle qualità dei membri che la compongono, ma dal tipo di interazioni e dalle dinamiche. Le soft skill, poi, sono necessarie e fondamentali per guidare le organizzazioni sanitarie del presente verso la creazione di un nuovo futuro».
Fondamentale e cruciale, invece, resta il ruolo della Consulta regionale che, insieme alle diciannove associazioni che include, continuerebbe a svolgere all’interno della rete un’azione di supporto, integrazione e informazione. Da anni impegnata nella difesa dei diritti dei pazienti e che oggi chiede la riapertura del tavolo tecnico in assessorato regionale della Salute sospeso per la pandemia.
La ricetta per la creazione della rete pilota è di collegare ospedali e medicina del territorio, un processo che agevolerebbe la cura del paziente e con effetto a catena decongestionerebbe i Pronto soccorso, proprio sull’assistenza domiciliare gran parte dei fondi Pnrr sono destinati a questo. Il tema della grave carenza di professionisti, soprattutto di infermieri, di medici specialisti per l’assistenza domiciliare integrata, così come la precarietà in cui molte figure vivono resta un problema da risolvere rispetto al quale si dovrebbero definire azioni di reclutamento e stabilizzazione.