epatite prostata

Dal palazzo

Grazie alla rete HCV

Lotta all’epatite C, in Sicilia eliminato il virus in oltre il 93 per cento dei pazienti trattati

La rete Hcv si compone di 41 Centri (19 Centri Spoke e 22 Centri Hub) distribuiti in tutto il territorio regionale. L'intervista di Insanitas al coordinatore Fabio Cartabellotta.

Tempo di lettura: 7 minuti

La rete HCV (Rete per la cura dell’Epatite e della Cirrosi da Virus C) Sicilia nasce nel 2013 sulla scia di una grande innovazione rappresentata dai farmaci ad azione antivirale diretta e consiste in un network che si compone di 41 Centri (19 Spoke e 22 Hub) distribuiti in tutto il territorio regionale per garantire la possibilità di accedere ad un Centro vicino alla propria residenza. Tutti i Centri possono ricevere i pazienti e fare una definizione diagnostica della malattia da virus Epatite C.

Si tratta di un esempio virtuoso di sinergia, tra Istituzioni, Assessorato alla Salute della Regione Siciliana e Centri specialistici, che ha cambiato la storia della malattia nell’Isola e che garantisce equità di accesso ai percorsi terapeutico- assistenziali.

Fino ad oggi, nella nostra Regione sono stati trattati oltre 10.000 pazienti e di questi per circa 8.000 il follow- up finale rileva che è stato abbattuto il virus in oltre il 93% dei pazienti.

Il sistema (ed il suo database) viene aggiornato alla mezzanotte di ogni giorno e si avvale anche di 4 data monitor per far si che tutti gli esiti siano inseriti. La Rete HCV, inoltre, ad ora ha fidelizzato 600 medici di medicina generale che inseriscono direttamente i loro pazienti in rete per favorire la possibilità di effettuare rapidamente la terapia. Il sistema garantisce complessivamente valutazioni periodiche della malattia, con conseguente riduzione di complicanze, ricoveri e mortalità e conseguente contrazione della spesa sanitaria.

Abbiamo intervistato il coordinatore della rete HCV Sicilia, Fabio Cartabellotta (nella foto), dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa di Medicina dell’ospedale “Buccheri La Ferla” e responsabile dell’Unità di cura dedicata ai pazienti affetti da malattia cronica di fegato da virus C.

Su quali principi si basa il progetto?

«I criteri sono sostanzialmente tre: soddisfare l’esigenza dei medici specialisti che si occupano delle malattie croniche del fegato per poter applicare le migliori evidenze scientifiche disponibili e gestire al meglio il processo decisionale clinico e terapeutico; mettere in atto un percorso diagnostico-terapeutico (PDTA) web-based, attraverso il sito www.registrohcvsicilia.it, che garantisce il diritto del paziente di ottenere le migliori cure possibili e risponde alla necessità del Servizio Sanitario Regionale di misurare i risultati delle terapie per il bene pubblico. Sul database del 2015/2016 abbiamo costruito gli esiti clinici, monitorando ogni ciclo di terapia anche in termini di costi. Ciò consente di sapere quanto costa ogni ciclo di terapia differenziando per schemi terapeutici: un monitoraggio ormai essenziale ai fini dell’appropriatezza della spesa sanitaria. Il tutto è stato possibile grazie alla leadership scientifica del Prof. Antonio Craxì, responsabile scientifico e del Prof. Vito Di Marco, massimi esperti nazionali ed internazionali della malattia».

Complessivamente quanto costa un ciclo?

«In appena due anni il costo degli schemi terapeutici si è abbattuto al 10% del costo iniziale divenendo, pertanto, sostenibile: ad oggi la terapia costa tra 4000 e 6000 euro».

Qual è il ruolo dei 22 Centri Hub?

«Sono quelli che hanno già una consolidata esperienza in terapia antivirale e possiedono attrezzature diagnostiche, che possono anche mettere a disposizione dei Centri Spoke. Per questo motivo ogni Azienda Sanitaria Provinciale dispone di almeno un Centro Hub, che può prescrivere e somministrare la terapia ad alto costo. I Centri dotati di fibroscan (indagine che consente di valutare in maniera non invasiva la gravità della fibrosi del fegato) eseguono i test anche per i pazienti inviati dai Centri Spoke. La definizione diagnostica è stata importante nei primi 24 mesi di disponibilità dei nuovi e costosi farmaci, perché l’accesso alla terapia era stabilito sulla base di sette criteri di priorità definiti da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), quando sono stati trattati con priorità i pazienti più gravi».

Aprile 2017: una data che segna un passaggio storico importante…

«Rappresenta il momento in cui grazie all’abbattimento dei costi dei farmaci e alla pressione delle associazioni dei pazienti si è potuta estendere a tutti la cura innovativa, i cui risultati clinici sono costantemente monitorati e presentati alla comunità scientifica internazionale grazie alla rete HCV Sicilia. La cura guarisce più del 90% dei pazienti e, se consideriamo solo i pazienti facili (pazienti che non hanno la Cirrosi), più del 95% dei pazienti».

L’innovazione farmacologica come ha cambiato il futuro dei pazienti affetti da HCV e dalle patologie correlate?

«In modo significativo; per pazienti per i quali in passato i medici allargavano le braccia in assoluta impossibilità di cura, oggi, invece, abbiamo a disposizione tre farmaci ed in particolare due farmaci pangenotipici (che agiscono in maniera indifferente su tutti i genotipi del virus, che sono complessivamente 5). La registrazione nella rete di tutte le fasi della gestione della terapia permette di valutare l’efficacia dei farmaci e l’esito clinico della terapia, oltre all’epidemiologia di tutti i pazienti registrati».

I numeri dell’epidemiologia dei pazienti con HCV e di quelli con cirrosi per Provincia nella Regione?

«C’è una differenza significativa tra le diverse provincie, ma non è ancora chiaro se sia legata ad una differenza reale della presenza dell’infezione o ad una diversa attenzione sanitaria nel trovare l’infezione».

Un altro obiettivo della rete HCV Sicilia è la valutazione del beneficio a lungo termine della cura. Ovvero?

«Tutti i pazienti con cirrosi epatica, nei quali l’eliminazione del virus non corrisponde ad una guarigione completa, ma solo ad un miglioramento della prognosi, continuano a fare i controlli periodici nei Centri Hub o Spoke per valutare l’andamento della malattia e prevenire o curare le eventuali complicanze: questo riduce ricoveri, mortalità e, quindi, spesa sanitaria».

Da qualche mese è operativo un team di monitoraggio… 

«I pazienti attualmente in terapia, sono più di 10.000. I clinici dei centri registrano on line i dati come una sorta di cartella clinica informatizzata. Talvolta è necessario recuperare dati pregressi e questi operatori registrano i dati nel database».

Da circa un anno anche la medicina del territorio collabora al progetto. Come?

«Il medico di medicina generale (MMG) è direttamente inserito in rete attraverso un’agenda informatizzata e può prenotare, autonomamente, la visita di accesso alla terapia, con il triplice obiettivo di sensibilizzare i medici di base, velocizzare l’accesso alla terapia dei pazienti ed, in ultimo, il percorso diagnostico-terapeutico assistenziale per la gestione dell’epatite C, garantendo così l’appropriatezza diagnostica».

I dati epidemiologici rilevati grazie alla fidelizzazione degli MMG ?

«Attraverso la collaborazione tra i MMG e i centri specialistici abbiamo valutato, attraverso studi epidemiologici, che in Sicilia circa l’1% dei pazienti inseriti nei database dei Medici di Medicina Generale è noto avere il virus C. A fronte di pazienti curati, che non superano lo 0.3%, è stimabile che vi siano almeno altri 30.000 pazienti che possono avere a disposizione una cura risolutiva, ma non la fanno».

Agevolare il cd. “linkage to care” è un punto fondamentale della rete. Cosa vuol dire esattamente?

«Abbiamo intrapreso, attraverso tutti i canali della rete HCV Sicilia, una campagna divulgativa informativa, anche volta a facilitare la terapia, sfruttando il ricorso ai social network e la distribuzione di locandine negli studi dei MMG. A tale scopo abbiamo anche avviato una serie di iniziative finalizzate alla micro eliminazione della malattia in categorie a rischio che hanno un’elevata prevalenza della malattia (coinfetti HCV- HIV, popolazione carceraria, dializzati)».

I risultati ad oggi?

«La rete ha permesso di divulgare gli esiti alla comunità scientifica internazionale. Essi evidenziano che abbiamo ottenuto l’eradicazione del virus in oltre il 93% dei pazienti trattati, grazie ai nuovi farmaci. Questi ultimi sono efficaci e non presentano effetti collaterali significativi. Continuando a gestire in rete la patologia con la collaborazione degli specialisti, con quella dei medici di medicina generale e dei medici che si occupano della popolazione a rischio – ovvero quella più esposta al contagio – nell’arco dei prossimi tre o quattro anni, puntiamo a curare la maggior parte dei pazienti con malattia conclamata».

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