Nei giorni scorsi si è celebrata la Giornata mondiale contro la meningite, una malattia che colpisce oltre 1 milione e 200mila persone al mondo e 1000 persone in Italia. Il termine meningite si riferisce ad un’infiammazione acuta delle meningi, ovvero le membrane di rivestimento che avvolgono il cervello e il midollo spinale. La patologia può essere causata da batteri, funghi o virus. La forma virale è più comune e meno grave, mentre quella batterica è meno comune, ma può avere conseguenze molto più gravi.
I batteri che più frequentemente provocano la meningite batterica sono lo Streptococcus pneumoniae (SP) o Pneumococco, la Neisseria meningitidis (NM) o Meningococco e l’Haemophilus influenzae tipo b (Hib) o Emofilo (con l’introduzione della vaccinazione i casi di meningite causati da questo batterio si sono molto ridotti). Nei neonati i batteri più frequentemente causa di meningite batterica sono lo Streptococco di gruppo B, l’Escherichia coli e la Listeria monocytogenes. Insanitas ne ha parlato con Francesco Vitale (nella foto), professore ordinario di “Igiene generale ed applicata” dell’Università di Palermo e responsabile del reparto di “Epidemiologia Clinica con registro Tumori” del Policlinico “Giaccone” di Palermo.
Qual è l’attuale incidenza della meningite alle nostre latitudini?
«L’esplosione della pandemia da Covid ha abbattuto l’incidenza di tutte le malattie infettive trasmesse per via aerogena. Nel 2020 in Italia abbiamo avuto 74 casi di malattia invasiva da meningococco contro i 180/190 di ogni anno precedente. La riduzione dell’incidenza di un terzo è stata dettata dall’uso delle mascherine e dal lockdown. Non abbiamo avuto neanche casi di morbillo o di influenza, quindi tutto quello che era determinato da patogeni trasmessi per via aerea noi lo abbiamo bloccato».
Quali sono le vaccinazioni attualmente in uso?
«Rispetto a questo genere di patologie abbiamo diversi vaccini: il vaccino per il meningococco B è adesso disponibile per tutti i bambini, ma purtroppo alcuni non lo fanno perché è una vaccinazione sfasata di 15 giorni rispetto all’esavalente e agli appuntamenti vaccinali classici. Si tratta, infatti, di una vaccinazione aggiuntiva che non può essere fatta in contemporanea con lo pneumococco e con l’esavalente, quindi non tutte le mamme comprendono questa differenza e non tutte lo fanno ai propri bambini. Noi adesso stiamo sperimentando un nuovo protocollo che viene applicato in Germania e in altri Paesi europei, cioè la somministrazione in contemporanea anche del meningococco b con l’esavalente e lo pneumococco. Lo stiamo facendo qui in via sperimentale e abbiamo arruolato circa una ventina di bambini, ma finora non abbiamo avuto nessun problema».
Non sono troppi tutti questi vaccini insieme?
«Dobbiamo partire dal presupposto che il nostro sistema immunitario, quando esce dall’utero della mamma affronta un mondo che è fatto da miliardi di antigeni e di microorganismi. I vaccini costituiscono una miliardesima parte di tutti i microorganismi con cui veniamo in contatto tutti i giorni, quindi per il nostro organismo i vaccini non sono un problema. Spesso non si riesce a valutare che se non facciamo nulla per stare bene da quando siamo piccoli a quando siamo grandi è proprio grazie alle vaccinazioni. È ovvio che tutti i vaccini, come tutti i farmaci, possono dare qualche reazione che fondamentalmente è una reazione locale perché il vaccino deve creare una sorta di piccola infiammazione per poter attivare subito il sistema immunitario. Noi al vaccino chiediamo tempi rapidi di azione, grande efficacia nel produrre anticorpi duraturi nel tempo ma senza determinare la malattia, per cui al vaccino chiediamo veramente un gran lavoro. Ovviamente per raggiungere questo obiettivo il sistema immunitario deve essere stimolato, il vaccino non è una cosa completamente inerte perché deve determinare una reazione di crescita del sistema immunitario che deve essere rapida e si manifesta con dolore al braccio, pesantezza, magari anche con febbricola, mal di testa e dolori articolari, che poi spariscono nel giro di 24/48 ore. A livello di cura il problema della meningite fondamentalmente è dovuto alla rapidità di insorgenza e dal fatto che quadri gravi di meningite non lasciano il tempo alla identificazione reale, infatti di solito i sintomi evolvono nel giro di qualche ora».
Quali sono i sintomi della meningite?
«Febbre alta, spossatezza, perdita del sensorio e quindi di coscienza. Poi cominciano tutte le manifestazioni necrotiche emorragiche che portano all’eventuale amputazione degli arti e in alcuni casi anche al decesso. Bebe Vio è l’emblema di questa situazione. La caratteristica principale della meningite invasiva è quella di dare una batteriemia e quindi la disseminazione del batterio in tutto l’organismo determinando una serie di focolai necrotico emorragici a livello soprattutto degli arti che poi portano necessariamente all’amputazione».
Come viene curata la meningite?
«La cura è antibiotica e deve essere fatta precocemente, ma l’esordio della meningite è simil-influenzale, quindi non è facile diagnosticarla e quando si arriva in ospedale già solitamente sono già passate delle ore che sono cruciali per i casi di meningite gravi, perché quando la meningite evolve in maniera maligna e rapida è difficile da controllare, ecco perché è fondamentale la prevenzione e quella vaccinale è ovviamente quella più importante. Prima avevamo il vaccino solo per il Meningococco C che facevamo dopo i 18 mesi di età, ma i casi più gravi sono quelli che si presentano proprio nei primi due anni di vita, per questo motivo il vaccino per il Meningococco B viene fatto nei primissimi mesi, in modo tale da portare entro un anno il bambino ad essere protetto contro questo batterio che provoca circa l’80% dei casi di meningite».
Quali sono le fasce di età più colpite?
«Le popolazioni che dobbiamo cercare di controllare davvero sono i bambini piccoli e i giovani adulti, perché dal punto di vista epidemiologico le patologie meningococciche hanno il massimo picco di incidenza entro i primi due anni di età e poi tra i 15 e i 24 anni. Sono famose le epidemie di meningite tra gli universitari americani che stanno nei campus in cui c’è molta promiscuità (scambiarsi sigarette, cibo, bevande, baci) un alto numero di rapporti ravvicinati, vivere e mangiare insieme, stare insieme nelle stanze».
Ci sono prospettive nuove per contrastare la meningite?
«L’intenzione è quella di avere un vaccino che metta insieme i 5 tipi di meningite, perché noi abbiamo quello per il Meningococco b e il tetravalente, cioè il vaccino per gli altri quattro tipi di meningite che facciamo tra i 6 e i 18 anni. L’obiettivo quindi è quello di fare arrivare i nostri giovani a 18 anni con la copertura per tutti i tipi di meningite. Ovviamente il primo obiettivo è quello di vaccinare tutti e se ciò è più facile con i bambini- perché se i genitori vengono ben educati alla vaccinazione portano il bambino a vaccinare – con i giovani tra i 12 e i 18 anni è più complicato, bisognerebbe intervenire a livello di istituzione scolastica, facendo un percorso educativo e formativo. Dobbiamo avere fiducia nelle vaccinazioni. Vaccinarsi è un atto importante di amore nei confronti di se stessi, dei propri figli e delle altre persone che magari non possono vaccinarsi a causa di patologie».