Da quando la pandemia da Coronavirus ha investito le nostre vite, molti sono gli adattamenti che abbiamo dovuto operare, così come hanno dovuto adattarsi alla nuova condizione sia i medici sia le strutture sanitarie con il proprio personale. Anche a Caltanissetta ci sono state modifiche sostanziali negli spazi e ammodernamenti necessari, di cui abbiamo parlato con il direttore generale dell’Asp, Alessandro Caltagirone.
Quali sono gli interventi più significativi portati a termine nell’ultimo anno?
«L’ultima novità è il blocco parto che è già finito e sarà inaugurato nei prossimi giorni. Si tratta di un precedente complesso operatorio che abbiamo ristrutturato per fare una nuova sala parto e la sala cesarei, contestualmente trasferiremo allo stesso piano il reparto. Questo lavoro si è reso necessario in quanto il vecchio blocco parto era molto datato e deve essere rilanciato perché i parti a Caltanissetta sono poco più di 500 l’anno. Con numeri così esigui il punto nascita è al limite della chiusura prevista per legge. Le donne preferiscono partorire ad Enna o Agrigento, ma adesso abbiamo sale operatorie moderne e dotate di cromoterapia, in cui tutto è funzionale. Tutto ciò è più incentivante rispetto a prima. Poi a Gela abbiamo collaudato l’Unità di Terapia intensiva neonatale, per cui ho recentemente lanciato la procedura di reclutamento dei pediatri che abbiano esperienza in rianimazione neonatale, una figura difficile da trovare, ma ci proviamo. Abbiamo deciso di costituirla a Gela per una questione di competenza di bacino, infatti, ce n’è già una ed Enna ed eravamo troppo vicini, così copriamo una zona che era scoperta. Inoltre, abbiamo nominato il nuovo primario di Otorinolaringoiatria e acquistato nuove attrezzatture per rendere più competitivo il servizio anche con nuove tecniche che possono servire per eseguire procedure che non erano fatte. Ad aprile abbiamo anche presentato la dotazione organica che ha superato tutte le fasi da parte dell’assessorato e, quindi, è in dirittura d’arrivo. Dopodiché ci proietteremo nuovamente a bandire concorsi con l’obiettivo di recuperare il personale sanitario che manca e serve».
Ci sono novità sulla riapertura della Pneumologia?
«A causa della carenza di medici abbiamo deciso di unire gli pneumologi con gli specialisti di malattie infettive, tale situazione persiste perché è giusto che le due figure collaborino a stretto contatto in questo momento di aumento di contagi e ricoveri. Nel frattempo, le procedure di selezione vanno avanti ma c’è sempre grande difficoltà nel reperire gli pneumologi, non è una problematica soltanto nissena, è diffusa in tutta la Sicilia. Quando riusciremo a trovare un numero sufficiente di pneumologi e di specialisti di malattie infettive ricreeremo le due unità».
Sul fronte della lotta al Coronavirus che interventi state portando avanti?
«Sia al Sant’Elia che a Gela stiamo completando i Pronto Soccorso Infettivologici. Il Sant’Elia lo ha sempre avuto, ma adesso lo stiamo riposizionando in un’area nuova che abbiamo ristrutturato e che siamo in procinto di completare, quella di Gela è invece gestita dalla struttura commissariale guidata dall’ingegnere Tuccio D’Urso, mentre quella di Caltanissetta la stiamo facendo noi. D’Urso, inoltre, sta completando la terapia intensiva generale in cui creeremo 22 posti. Abbiamo anche aperto un centro di sanificazione con cui abbiamo diminuito fortemente i tempi di sanificazione delle ambulanze. Questo speciale protocollo è stato poi inviato alla Regione in modo tale che possa servire da modello per le altre aziende sanitarie».
Come va, invece, in termini di contagi e ricoveri?
«La situazione è un po’ esplosa prima a Gela e adesso anche a Niscemi, le aree maggiormente colpite in questo momento. Ciò è dovuto anche al basso tasso di vaccinati. In questi giorni ho avuto un incontro con i sindaci dei cinque Comuni nisseni interessati dal provvedimento restrittivo del governatore Musumeci, insieme ai direttori di distretto e ai medici e pediatri di medicina generale per riorganizzare la campagna vaccinale di prossimità. Stranamente i due Comuni più colpiti sono quelli in cui sono presenti gli hub, quindi non manca per l’organizzazione sanitaria, c’è una scarsa adesione da parte della popolazione, nonostante non ci sia più neanche il problema delle prenotazioni. Gli hub sono fatti bene, all’interno di due palazzetti dello sport con ampi spazi organizzati, chi ci va impiega circa un quarto d’ora per fare tutto».
Nei prossimi mesi rivivremo quello che abbiamo già vissuto l’anno scorso?
«Sono abbastanza fiducioso che non sarà la stessa situazione, anche perché adesso ci sono i vaccini e le cure, quindi abbiamo strumenti in più rispetto all’anno scorso. Ci sono anche i monoclonali che sono stati approvati, è da poco arrivata la notizia che Pfizer non è più un vaccino sperimentale, per cui non ci sono più motivi per rifiutare il vaccino. Questa nuova situazione ci porta a pensare che non vivremo nuovamente le situazioni che abbiamo vissuto, anche se il numero dei contagi può essere amplificato. Io vedo tutto dal punto di vista della sofferenza personale e ospedaliera, nel senso che se il paziente può restare a casa e può curare la patologia come una normale influenza è un discorso, se invece deve essere ospedalizzato significa che la situazione è più grave. C’è da dire, però, che abbiamo vissuto i tempi in cui non c’erano cura né vaccino e comunque il nostro sistema sanitario regionale ha retto, più che altro stiamo tentando di non trascurare il paziente “No Covid” per curare quelli con Covid. Nei mesi estivi per altro è tutto più difficile, la gente è stanca, il personale deve andare in ferie e abbiamo a disposizione risorse limitate, confido che a settembre ci possa essere un’azione ancora più importante sui vaccini, quindi sono fiducioso».
A settembre sarebbero previsti, in teoria, i richiami dei vaccini anticovid per il personale sanitario, ma l’Oms si è detta contraria. Cosa succederà quindi?
«L’Oms ha guardato il problema dal punto di vista mondiale, nel senso che ritiene prioritario vaccinare le popolazioni non immunizzate piuttosto che dare una terza dose nei Paesi sviluppati. Però, se i vaccini vengono prodotti in misura sufficiente per tutti, una cosa non esclude l’altra, anche perché gli anticorpi cominciano a diminuire e se dovesse ammalarsi il personale sanitario non sapremmo come fare. Come affronti i ricoveri se non c’è il personale sanitario? Penso, quindi, che tutti i centri di responsabilità politica e amministrativa debbano essere garantiti dal punto di vista sanitario, non si deve pensare che si tratti di un privilegio. Se il presidente della Regione si ammala e non può dare le direttive ai suoi assessori o se gli assessori prendono il Covid avremmo un blocco della attività. I centri di responsabilità devono essere tutelati proprio per garantire la prosecuzione delle attività utili alla collettività».