PALERMO. Come anticipato da Insanitas, è stato istituito dall’assessore alla Salute Ruggero Razza un tavolo tecnico regionale per la gestione della sindrome “Long Covid”. Ha compiti consultivi e di supporto, anche mediante la predisposizione di un Pdta finalizzato a uniformare l’assistenza con cure specialistiche e percorsi terapeutici mirati ai pazienti di qualsiasi età affetti dal Long Covid. Insanitas ha intervistato sull’argomento il professore Placido Bramanti, coordinatore scientifico del tavolo tecnico.
In Sicilia a macchia di leopardo erano stati già aperti alcuni ambulatori sul Long Covid. Il tavolo tecnico dovrà uniformare l’offerta sanitaria su tutto il territorio regionale. Come procederete?
«Intanto è necessario formare le aziende sul Long Covid, malattia che viene classificata come tale se passati i tre mesi dal Covid permangono sintomi che non sono compatibili con altre patologie. Il Long Covid ha scombussolato un po’ tutti i trattati di medicina e sociosanitari, perché ha varie localizzazioni che non possono essere previste inizialmente. Per questo motivo l’assessore Ruggero Razza ha nominato un gruppo di lavoro che si farà carico delle fasi di cura o riabilitazione del paziente, in base alla prevalente sintomatologia manifestata. Quindi la novità sta qui, intanto nel riconoscere la patologia che finora è stata scarsamente diagnosticata. Adesso ci sono delle aziende che stanno già costituendo gli ambulatori con modalità e requisiti specifici e la commissione tecnica sta discutendo sul tipo di prestazioni da fornire: day service, day hospital, ma soprattutto il case management, perché ogni caso è diverso dagli altri»
Intervengono, infatti, diversi fattori: psicologici e fisici. Alcune patologie rimangono, addirittura alcuni riferiscono anche che stanno perdendo i capelli…
«Sì è vero, ci sono manifestazioni assolutamente imprevedibili e non comuni a tutti, né uguali né ripetitive. Per questo motivo abbiamo allargato, intanto, i componenti del tavolo tecnico a tutte le specialistiche e specialità del settore e stiamo predisponendo un percorso diverso a seconda delle complicazioni che sono rimaste negli organi, se sono polmonari, vascolari, neurologiche. Il nostro tavolo in questo momento è nella fase due: riconosciuta la patologia, adesso incentiva e incrementa gli ambulatori, poi bisogna passare ai servizi tra cui il case management. Stiamo valutando anche altri percorsi che siano veramente individuali e poi ci appoggeremo alle specialità che il Long Covid ha colpito maggiormente».
Che problemi hanno le persone colpite da Long Covid?
«Secondo le statistiche italiane, rilevate dalla Federazione degli Oncologi, Cardiologi ed Ematologi Italiani della Società Italiana di Cardiologia, il 36% delle complicazioni sono neurologiche e possono arrivare anche al 45% e coinvolgere il sistema nervoso centrale, periferico e anche i muscoli con un danno muscolare, ma non ci limitiamo a questo, perché dobbiamo considerare anche le ricadute dal punto di vista neuropsichiatrico, neurocognitivo, neurocomportamentale, è chiaro che in questi settori l’impegno è altrettanto importante. Anche i cardiologi hanno riferito che il rischio di scompenso cardiaco è aumentato nettamente nei guariti Covid, fino a cifre elevatissime, quasi al 72% dei casi, di ictus invece al 52%».
Avete già modo di intervenire?
«Si potrebbe intervenire subito laddove ci siano sintomatologie neurologiche, in modo tale da avviare una riabilitazione neurologica. Spesso, però, accade che ci siano altre complicazioni che possono riguardare i reni, ad esempio, l’apparato endocrino, l’apparato cardiologico o ipertensivo. Quindi il team nel tavolo tecnico appare assolutamente necessario per arrivare alla individualità della patologia e seguire l’estrema variazione del suo percorso, perché si può fermare a livello iniziale, può andare avanti e prendere il sistema nervoso, può prendere l’apparato circolatorio ecc..».
Com’è la situazione Long Covid per i bambini?
«Adesso si vedono anche patologie nuove nell’infanzia, perché il Coronavirus ha colpito la fascia dei bambini e dei giovani. Adesso è proprio questa fascia quella maggiormente colpita, infatti, stiamo valutando di inserire nel tavolo tecnico anche i pediatri e gli neuropsichiatri infantili che sono già in commissione. Stiamo vedendo pian piano di organizzare questa task Force in modo che ognuno dia il proprio contributo per il deficit che può essere rimasto ma che si possa partire con la riabilitazione e il recupero che spesso è abbastanza lungo».
Vi occuperete anche della fase di verifica e aggiornamento, indispensabile alla luce del continuo progresso della ricerca scientifica su questa tematica…
«Una caratteristica del gruppo è quello di essersi costituito in 4 settori molto importanti: percorsi, formazione- sia per il personale sia per i familiari, perché alcuni di questi possono rientrare a casa e dotarsi di determinate tecnologie domiciliari- ricerca scientifica e comunicazione, un elemento inizialmente mancante, che ha gettato nella confusione e nello sconforto le famiglie colpite dal Long Covid, all’inizio purtroppo è stata un po’ un improvvisazione, quindi, tutto si è complicato. Adesso ne sappiamo di più, stiamo andando dopo la fase acuta e il gruppo di lavoro sta facendo del suo meglio per arrivare a dare un assetto clinico, ospedaliero e scientifico a breve, per poi andare avanti con la formazione e la comunicazione. Con questo ci siamo lasciati per il prossimo incontro che si terrà nei prossimi giorni».
Lei pensa che stiamo vivendo una quinta ondata?
«Questa ondata sta interessando di più la fascia d’età degli adolescenti e dei bambini, ecco perché gli epidemiologi non si sono ancora lasciati andare e non parlano ancora di quinta ondata. Stiamo controllando i numeri perché c’è un picco che sta privilegiando le regioni meridionali e vogliamo vedere se possa risolversi a breve. Per questo siamo in allerta, come è giusto che sia, ma senza creare situazioni di panico immotivato».