Salute e benessere

L'intervista

Isolamento da Coronavirus, peggiorano anche anoressia e bulimia

L'intervista a Rossana Mangiapane, psichiatra e responsabile del centro “Il Cerchio d’oro”, l’Unità Operativa DCA dell’Asp di Messina.

Tempo di lettura: 5 minuti

Agli effetti diretti causati dal Covid-19 in questo periodo di grande emergenza, si aggiungono quelli collaterali che riguardano chi vive una condizione particolarmente difficile, come chi soffre di DCA (disturbi del comportamento alimentare).

Malattie come anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata (questi i più comuni), rappresentano patologie delicate, che rischiano di essere aggravate dall’isolamento.

Per approfondire meglio l’argomento, abbiamo intervistato Rossana Mangiapane, psichiatra e responsabile del centro “Il Cerchio d’oro”, l’Unità Operativa DCA dell’Asp di Messina.

La situazione attuale causata dal Coronavirus sta mettendo a dura prova tutta la popolazione, in che termini l’impatto risulta maggiore per chi ha un disturbo dell’alimentazione ?

«Il periodo surreale che stiamo vivendo si presenta traumatico per tutti, perché possiede tutte le caratteristiche di un evento irrazionale, improvviso e forzato, che è in grado di produrre un forte stress. La reazione di chi soffre di DCA, che spesso presenta un’associazione con disturbi psichiatrici come la depressione o un disturbo dell’umore o della personalità, è ovviamente più accentuata. Non tanto in relazione all’evento in sé, ma alla durata, poiché il virus ha prospettato un tempo sospeso, caratterizzato dall’impossibilità di programmare, da un clima di incertezza e da una sovrabbondanza di informazioni che amplificano l’effetto traumatico. Siamo stati “bombardati” da condivisioni social di creazioni culinarie e relative battute sulla necessità di mettersi a dieta a fine emergenza, atteggiamenti che possono accentuare sentimenti negativi in chi ha una patologia, in cui il cibo è purtroppo un veicolo di sofferenza».

Quali sono le situazioni problematiche che si possono verificare?

«Essenzialmente due. Il primo consiste in una maggiore chiusura del paziente rispetto al mondo esterno, causata anche dall’impossibilità di attuare tutta una serie di attività, che solitamente si mettono in pratica per distogliere il soggetto dal pensiero del cibo. Il secondo invece, riguarda la convivenza forzata con i familiari. Il più delle volte infatti, si è in presenza di dinamiche conflittuali, in quanto l’individuo si sente costantemente sotto osservazione e i componenti della famiglia sono spinti ad un controllo eccessivo, pretendendo comportamenti, che in questo momento così delicato, la persona non è in grado di tenere. Spesso inoltre, molti vivono queste condizioni in segretezza, e la quarantena rende difficile poter nascondere i sintomi della malattia. L’isolamento forzato ovviamente non fa sparire la patologia, ma finisce per peggiorare lo stato emotivo di chi ha un disturbo dell’alimentazione, generando ansia, preoccupazione e rabbia».

Il maggiore tempo libero a disposizione trascorso in casa, può portare a praticare un’attività fisica eccessiva, che può diventare rischiosa, per chi ha una patologia del genere?

«Sì, solitamente chi ha la tendenza a fare sport in modo eccessivo lo fa per attuare una strategia di compensazione. Per questo in un percorso di cura, viene guidato a praticare attività motoria in modo equilibrato. Durante l’isolamento è difficile tenere sotto controllo questi atteggiamenti, che spesso vengono nascosti dal paziente e che sono incentivati anche dalla sovrabbondanza di corsi attualmente disponibili online. Allo stesso tempo, chi invece dovrebbe fare più sport, dopo l’entusiasmo delle prime settimane è tornato nel proprio “guscio” e prediligendo l’immobilità. Il mio timore è che potremo scoprire il problema dei DCA molto peggiorato alla fine di questa quarantena, così come non è escluso che siano potuti insorgere esordi della malattia in molti individui, che presentavano già una predisposizione».

La vostra Unità Operativa come sta affrontando questa situazione? 

«In questo momento, la nostra funzione è quella di stare accanto ad i nostri utenti e di essere una luce per loro, durante questo periodo buio. La situazione è difficile non tanto per chi aveva iniziato da tempo un percorso di cura, ma per coloro che avevamo appena iniziato a seguire, anche se abbiamo continuato a farlo. Abbiamo mantenuto tutti i contatti e provato a dare un supporto anche a chi aveva fatto richiesta per eseguire una prima visita, e versava in una condizione particolarmente grave. Tutte le nostre attività attualmente sono svolte telefonicamente, perché nel nostro centro non abbiamo attrezzature che ci permettano di videochiamare gli utenti. Purtroppo però, dopo un mese e mezzo, questa modalità sta diventando molto limitante, perché viene a mancare una componente importante del trattamento, che è quella non verbale dello sguardo, spesso necessaria per ottenere la fiducia dei nostri pazienti».

Avete anche redatto un piccolo “Manuale di sopravvivenza ai tempi del Covid-19” per i pazienti…

«Esattamente, tutto lo staff del centro “Il Cerchio d’oro” si è impegnato a realizzare un file di 36 pagine contenente consigli, strategie, ricette sane e suggerimenti utili da mettere in atto durante il momento della quarantena, che abbiamo inviato a tutti i nostri utenti. Non solo, abbiamo anche chiesto loro di tenere traccia di tutto ciò che hanno imparato a fare in questo periodo, perché abbiamo intenzione di creare un reportage, interamente fatto da loro».

Cosa può fare chi si accorge di soffrire di questo tipo di disturbi? È possibile contattarvi?

«Sì, non possiamo visitare ovviamente, ma come dicevo continuiamo ad offrire il nostro supporto e ad ascoltare. È possibile chiamare lo 090/3653274 o lo 090/3653258, dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 alle 17.00.

Quest’anno non avete potuto celebrare la giornata nazionale del “fiocchetto lilla” dedicata ai disturbi alimentari, che doveva svolgersi il 15 marzo, proprio in pieno isolamento….

«Ci è dispiaciuto molto, perché avevamo preparato iniziative interessanti. I nostri utenti avevano realizzato dei video con delle interviste fatte da loro sulle Fake news in tema di alimentazione e sul fenomeno del body shaming. Non abbiamo voluto metterli online, perché intendiamo dare il giusto valore al lavoro fatto dai nostri pazienti, quindi abbiamo deciso di rimandare tutto a quando sarà possibile organizzare un nuovo evento».

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