Dal palazzo

L'approfondimento di Insanitas

Iris, venti anni a tutela dei pazienti con malattie metaboliche rare

L'intervista alla presidente Maria Calderone, che parla di queste malattie che oggi colpiscono sempre più bambini.

Tempo di lettura: 5 minuti

PALERMO. Diagnosticare una malattia metabolica rara è molto difficile, ancor di più se si tratta di bambini. Molto spesso ci si ritrova a non sapere cosa fare, come comportarsi. L’associazione Iris si occupa proprio di queste patologie causate dal malfunzionamento o dall’assenza di uno degli enzimi necessari al nostro organismo. Intervistata da Insanitas, la presidente Maria Calderone ci ha raccontato qualcosa di più sull’Associazione e su queste malattie che oggi colpiscono sempre più bambini.

Quando è nata Iris e da quanti membri è composta?
«L’Associazione è stata istituita nel 2003- infatti abbiamo festeggiato il ventesimo anno di vita- per volontà di alcuni genitori e di pazienti affetti da malattie metaboliche. Si occupa prevalentemente di sostenere le famiglie che si trovano ad affrontare questi problemi; quindi è un come una “grande famiglia”. Ci si conosce da tanti anni, siamo un gruppo coeso e quando ci sono necessità presso gli ospedali e problematiche delle malattie metaboliche noi interveniamo laddove possibile, cercando di aiutare le famiglie a vivere in modo più idoneo possibile».

Quanti siete in associazione?
«Ufficialmente un componente per ogni nucleo familiare, siamo circa 28 famiglie. Sono coinvolti pure i genitori, i fratelli e le sorelle e molti amici simpatizzanti, insomma siamo un bel gruppo con più di 150 persone».

Quali sono le malattie metaboliche più riscontrate?
«Anzitutto la fenilchetonuria, riconosciuta dallo screening dal 1992. Poi tra le malattie metaboliche molto rare abbiamo Metilmalonico aciduria, Leucinosi, Omocistinuria, Encefalopatia mitocondriale, detta Melas, glicogenosi e citrullinemia. Ce ne sono alcune che riguardano problemi neuromuscolari, altre che sono prettamente di natura enzimatica. In alcuni casi esiste la cura, in altri no».

Quali sono gli obiettivi che Iris si propone?
«Accompagnare il paziente in questo percorso e dare solidarietà anche alle famiglie, fare qualcosa pure a livello strutturale, intervenendo laddove è possibile per migliorare la situazione nei centri di cura e cercando persone competenti nel settore. Il nostro è un ambito difficile da questo punto di vista, ci vuole un continuo lavoro di informazione e ricerca. Iris ha supportato anche lo screening neonatale esteso e lo abbiamo fatto quando ancora lo screening per le malattie metaboliche non esisteva. Abbiamo portato avanti il progetto dello screening metabolico insieme all’Ospedale Civico di Palermo e siamo riusciti a scoprire molti casi prima che si manifestassero i segni delle malattie, talvolta molto pesanti. Queste malattie possono portare disabilità grandi e anche la morte. Noi, purtroppo, abbiamo avuto casi di bambini che adesso non ci sono più».

È difficile arrivare alla diagnosi di queste malattie metaboliche?
«La diagnosi non è facile. Alcune volte non si arriva a una diagnosi, e quando ci si arriva ci vuole tanto tempo e a volte si parla di 7 -10 anni. Noi, come associazione, ci proponiamo soprattutto di dare un aiuto e solidarietà per sostenere i bisogni dei pazienti e delle famiglie che si sentono soli in un mondo a loro sconosciuto».

Come è nata l’idea dell’associazione?
«Presidente fondatrice è Carmen Salomone, che partendo dalla sua esperienza e da quella di altri genitori che hanno avuto figli che a causa di uno scompenso metabolico sono entrati in coma, in queste patologie può purtroppo capitare. Iris è nata sul bisogno del paziente di cercare qualcosa o qualcuno che lo accomunasse ad altre persone. Anche io sono affetta da malattia metabolica rara, la malattia di Fabry, come mio figlio e mia mamma. Siamo molto coinvolti».

È difficile lo stile di vita?
«Lo stile di vita dipende da come si si affronta. Per questo dico che il supporto psicologico è importante, perché ci si trova ad affrontare una situazione nuova; c’è chi la prende in un modo, c’è chi la prende in un altro. Ricordiamoci che non c’è solo la persona che deve affrontare il problema, ma anche il nucleo familiare. Molte volte i familiari ci sono, ti stanno vicino, ti supportano; Poi ci sono familiari che totalmente si allontanano e questo dipende, purtroppo, dalle persone, da come si è».

Iris cosa sollecita alla Regione Siciliana?
«Il reparto lo abbiamo, si trova all’ospedale Cristina di Palermo, però dovrebbe essere implementato. Si potrebbe migliorare la condizione dei Day Hospital e dei Day Service, i Follow-Up dovrebbero essere fatti con più regolarità. Inoltre c’è carenza di personale. Noi alla Regione abbiamo già avanzato alcune proposte di miglioramenti con piccole soluzioni che possono tornare utili al paziente. Ci stanno lavorando su queste proposte, quindi ci stanno ascoltando. Sono contenta perché almeno un dialogo esiste e speriamo possa portare ulteriori cambiamenti».

Avete difficoltà nel reperire i farmaci?
«Sono dispensati dalla Regione. Grazie al lavoro svolto dal professore Lagalla, quando allora era assessore, siamo riusciti ad ottenere i farmaci salvavita in modo gratuito dalle farmacie territoriali con un procedimento ad hoc: il medico specialista lo prescrive con un piano terapeutico e lo danno al paziente. Qualche piccolo problema c’è, a livello di consegne magari per problemi di ditte o per farmaci dismessi dal mercato. Inoltre con alcune gare di appalto si acquistano prodotti non più all’avanguardia, superati dai nuovi farmaci che possono migliorare la qualità di vita».

Quali sono questi medicinali salvavita?
«I nomi sono tanti: Agalgidasi alfa e agalgidasi beta come farmaci salvavita per malattia di Fabry, altre volte sono vitamine come la Bioarginina. Si chiamano “salvavita” perché questi pazienti hanno una carenza specifica di vitamina, o hanno una carenza o malfunzionamento di alcuni enzimi che influiscono sul funzionamento del metabolismo».

Quali sono le prossime iniziative dell’Associazione Iris?
«A breve inaugureremo un progetto di psicologia che può accompagnare i pazienti durante il percorso della vita, sia bambini che ragazzi. Perché ci sono anche ragazzi che adesso sono giovani adulti».

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