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Dal palazzo

I dati forniti dal Nursind

In Sicilia come nel resto d’Italia: nel 2017 già un numero record di aggressioni a infermieri e medici

I dati forniti dal Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, grazie a un questionario a cui hanno risposto 4591 professionisti sanitari. Nei primi mesi di quest'anno l'aumento è di ben il 75 per cento rispetto al 2016. Gli episodi accadono soprattutto nei Pronto soccorso.

Tempo di lettura: 4 minuti

Le cronache di questi mesi, in Sicilia come nel resto d’Italia, lo facevano già intuire. Ed ora arriva la conferma, dati alla mano: il 2017 è iniziato e sta proseguendo nel peggiore dei modi in riferimento alle aggressioni subite dal personale sanitario.

Medici ed infermieri sono sempre più a rischio, come conferma il report del Nursind (il sindacato delle professioni infermieristiche) basato su un questionario a cui fino al 26 aprile hanno risposto 4.591 professionisti sanitari così suddivisi per qualifica: infermiere 88,7%, ostetrica 2,5, medico 0,3, OSS 2,8, tecnico 2,2 ed altro 3,3.

IL NUMERO

La percentuale dei rispondenti che dichiara di essere stata aggredita è del 60% di cui: 1.827 prima del 2013, 997 nel 2014, 1404 nel 2015, 1999 nel 2016 e 1.163 nel primo quadrimestre del 2017.

Ma il dato più rilevante è quello registrato appunto nei primi quattro mesi  del 2017: se il trend fosse confermato, a fine anno ci sarebbe una crescita esponenziale del 75% delle aggressioni rispetto al 2016.

Aggressioni negli anni

I LUOGHI

Si può notare come le aggressioni nei Pronto Soccorso sia in testa, superando quelle nei reparti di degenza.

Aggressioni luoghi

I MOTIVI

Mentre nel 2013 il 71,8% dei rispondenti dichiarava che l’aggressione era legata a problematiche riscontrate dall’utente nel servizio, nella nuova rilevazione la percentuale varia dal 76 al 78%, percentuale che non si discosta nei 4 anni presi in considerazione. Si tratta quindi di un dato in costante aumento che pone l’accento sugli aspetti organizzativi più che clinici. Inoltre 16 volte su 100 le aggressioni producono danni fisici con conseguente inabilità lavorativa.

GLI AGGRESSORI

I dati si discostano di poco rispetto alla precedente indagine e vedono un aumento del 2% a carico dei parenti e il raddoppio dal 15% al 28% circa delle aggressioni da parte di entrambi, pazienti e parenti. Nel corso degli anni è variata poco anche la percentuale tra alcune categorie censite: prevalgono gli italiani in poco meno della metà dei casi, circa un 20% delle aggressioni avviene da parte di “stranieri” (in aumento del 5%) e sostanzialmente stabili il numero di aggressioni da parte di “ubriachi” o pazienti affetti da disturbi psichici. Il dato ci segnala che le principali aggressioni avvengono da parte di gente comune e non principalmente legate allo stato patologico.

IL COMMENTO DEL NURSIND

Il segretario nazionale Andrea Bottega, sottolinea: «Degno di nota è il sopravanzare di casi di aggressione nei Pronto Soccorso rispetto alle degenze in un contesto di sostanziale aumento dei casi e quindi del fenomeno. Da una prima analisi delle motivazioni elencate dal personale nelle risposte aperte si può rilevare una prevalenza di fatti non legati alla professione ma all’organizzazione dei servizi: tempi di attesa, disguidi organizzativi sull’apertura dei servizi, ritardi nella visita medica, mancato rispetto delle regole della struttura, pagamento ticket, eccetera».

«Purtroppo il definanziamento del sistema, il taglio degli organici e le riorganizzazioni strutturali con l’accorpamento di ospedali e servizi non hanno portato a maggior qualità nella risposta ai bisogni dei cittadini. Per le disfunzioni organizzative a pagare non sono solo gli utenti ma anche il personale sanitario che si trova in prima linea a giustificare la struttura e lo stato del sistema».

«Il personale paga con la propria salute: la perdita di giornate lavorative a seguito delle aggressioni ha un impatto rilevante sulla spesa del personale e le aggressioni verbali e fisiche non contribuiscono a far lavorare i professionisti in un ambiente sereno ove poter ponderare decisioni importanti per la vita delle persone».

Quindi l’appello: «Chiediamo che le forze politiche e le istituzioni responsabili della garanzia del diritto alla salute si attivino per tutelare gli operatori sanitari attraverso adeguate dotazioni di personale, adeguate organizzazioni del lavoro, adeguate risorse di finanziamento del SSN. Se non si interrompe la catena dello sfogo del disagio, presto non saremo più in grado di garantire i diritti sociali e individuali. Il prossimo passo sarà la privatizzazione del Sistema magari con un non celato ritorno alle mutue o, detto in altro modo, al welfare aziendale o secondo pilastro”.

E proprio oggi (12 maggio) il Nursind sarà presente in diverse piazze delle città italiane per chiedere ai cittadini di “prendersi cura degli infermieri affinché essi si possano prendere cura di loro” e assieme lottare per salvare i principi di universalismo e egualitarismo del nostro Sistema sanitario nazionale.

Locandina Nursind 12 maggio 2017

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