Rolling review e flessibilità regolatoria sono stati gli argomenti principali dalla XIX Conferenza Nazionale sulla Farmaceutica, che si è svolta su piattaforma virtuale ed è stata promossa dal Master di II livello in Discipline Regolatorie del Farmaco e dal CERD (Centro di Ricerca e Consultazione su HTA e Discipline Regolatorie del Farmaco) dell’Università di Catania. Ad organizzare e moderare la conferenza è stato Filippo Drago (nella foto), professore di Farmacologia Clinica all’Università di Catania, intervistato sulle tematiche centrali da Insanitas.
Come funziona il processo della rolling review?
«È una procedura innovativa introdotta dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) che ha affrontato così il problema di dover valutare e approvare sia farmaci sia vaccini contro il Coronavirus, in tempi brevi a causa dell’emergenza sanitaria. Il problema è nato dalla necessità di coniugare rapidità ed efficienza, azione che normalmente non si riesce a compiere. Devo dire, invece, che questa procedura ha consentito ad Ema di far bene e presto».
Quali sono i passaggi che vengono saltati?
«Sostanzialmente funziona così: le aziende farmaceutiche che vogliono sottoporre un dossier alla valutazione dell’Ema per l’approvazione di un farmaco o di un vaccino, devono presentarlo completo con tutti i dati di chimica, clinica e preclinica. La parte di questo dossier più corposa e onerosa è quella che riguarda gli studi clinici perché richiedono molto tempo. Quindi si raccolgono tutti i dati e si presenta il dossier completo. Grazie alla rolling rewiev, dall’inizio della pandemia, le aziende che presentavano una domanda per farmaci o vaccini contro il Covid-19 hanno potuto fornire i dati man mano che venivano prodotti, invece di attendere la fine dello studio. Ciò ha consentito una valutazione rapida, ma completa ed altrettanto efficace».
Perché estendere questa procedura a tutti i farmaci?
«La rolling review potrebbe consentire di approvare farmaci indicati per situazioni di emergenza future in tempi molto brevi. Obiettivamente non credo che questa procedura possa essere applicata anche ai farmaci che non siano indicati per patologie con caratteristiche di emergenza. Ma in questa situazione di urgenza si è rivelata molto utile e credo che lo sarà anche in futuro in situazioni analoghe. Nel corso della conferenza ho fatto anche una proposta, che ha il sapore di una provocazione, cioè quella di mutuare la procedura della rolling review anche in Italia. Succede, infatti, che nell’approvare un farmaco o un vaccino l’Ema deve poi passare la documentazione all’Aifa che avvia un’altra procedura. Nel caso specifico, in questo periodo Aifa ha fatto molto presto perché c’è la necessità di approvare farmaci e vaccini in tempi brevi, però di norma impiega anche un anno per approvare i farmaci, anche quelli per le malattie rare».
A questo proposito, lei cosa ne pensa di quello che sta succedendo con Zolgensma?
«È l’esempio emblematico di un farmaco che è stato approvato in tempi brevissimi dall’Ema ma su cui Aifa sta perdendo molto tempo. L’Ema per regolamento ha dei tempi stringenti e li rispetta sempre, l’Aifa invece ha dei problemi interni come la carenza di personale che non consente loro di lavorare in modo più celere».
Quale soluzione propone per risolvere questo problema?
«Quella di adottare anche per Aifa una procedura di rolling review, cioè man mano che l’azienda farmaceutica invia i dati a Ema, quest’ultima può mandarli contemporaneamente anche ad Aifa, in modo tale che comincia a valutarli. In questo modo, quando Ema completa il dossier e approva, Aifa ha già gran parte del lavoro fatto. Ema impiega più o meno 200 giorni per un’approvazione, Aifa si prende un anno pieno. Infine, quando questi farmaci sono distribuiti a livello ospedaliero, un altro anno se ne va per l’approvazione da parte delle Regioni. Pertanto, dal momento in cui un farmaco viene sottoposto ad Ema al momento in cui il medico può prescriverlo, passano tre anni. Questa situazione non esiste in altri Paesi».
Durante la conferenza lei ha evidenziato anche le differenze tra Nord e Sud dei centri sperimentali…
«Ho toccato con mano questa problematica, perché nel periodo critico del primo lockdown non sapevamo che “pesci pigliare” e le terapie praticamente si facevano sulla base delle ipotesi dei vari clinici. In questo periodo sono state avanzate ad Aifa fino a 220 richieste per l’autorizzazione di studi clinici su farmaci già approvati per altre indicazioni, quello che si chiama “repositioning” cioè riposizionamento. Significa utilizzare farmaci che si usano per altri scopi con nuove indicazioni d’uso, come è avvenuto ad esempio con il cortisone e il Tocilizumab. A questo punto, il problema non si pone quando il farmaco è di proprietà di una grande azienda che non ha difficoltà a studiarlo in centri periferici. Diversamente succede in caso di aziende piccole che non hanno la possibilità di avere dei centri in tutto il territorio nazionale, quindi molti studi clinici sono stati attivati solo al Nord. Ho avuto discussioni con alcune aziende perché dei farmaci non potevano essere utilizzati da noi all’interno di studi clinici, perché si stavano conducendo a Milano, Bologna, Firenze, Roma. Il Centro Sud è sistematicamente discriminato».
Cosa si intende invece quando si parla di flessibilità regolatoria?
«Significa snellire diverse procedure per l’approvazione degli studi clinici e per i farmaci. Ci sono procedure standard interne ad Aifa che possono essere sicuramente modificate. Per esempio, la questione dei Comitati Etici che approvano gli studi clinici. In pratica, c’è un comitato etico a cui afferisce il centro coordinatore dello studio e poi gli altri centri hanno il proprio comitato etico che avalla la sperimentazione. Uno studio con 20 centri deve essere approvato da 20 comitati etici. Ci sono diversi elementi che possono essere migliorati».
In merito agli anticorpi monoclonali contro il Coronavirus cosa è successo?
«Aifa è un ente regolatore quindi approva e gestisce i farmaci nel nostro Paese con una impostazione che è di natura giuridico-amministrativa. Ci sono norme che non possono essere annullate. Questi anticorpi monoclonali, infatti, non sono stati ancora approvati da Ema, ma sono stati approvati in via eccezione da FDA e se ne è sentita l’esigenza perché, i vaccini anche se scarseggiano ma tutto sommato ormai li abbiamo, per la cura invece abbiamo solo Remdesivir che è un farmaco dalle capacità molto modeste o il Desametasone. Poi non abbiamo altro, oltre questi farmaci che si usano off-label sulla base dell’inventiva e delle ipotesi dei singoli clinici. Si può, però, applicare la legge 648 del 1996, la quale prevede che farmaci registrati in altri Paesi e non Italia possano essere importati ed utilizzati con l’indicazione di uso per la quale sono stati approvati in quel dato Paese da cui si importa. Aifa, quindi, ha fatto così per i monoclonali, però in questo modo possono essere somministrati solo in una fase precoce della malattia, per cui a casa del paziente; ma chi li somministra? Come si somministrano? È un problema pratico, c’è una delibera per importare i monoclonali ma ancora non è stato fatto, comunque in questo caso non è l’Aifa a gestirli ma il commissario straordinario per l’emergenza Covid, speriamo che abbia dimestichezza con la gestione di questi farmaci».
XIX Conferenza Nazionale sulla Farmaceutica
Vi hanno partecipato oltre 800 persone tra esperti dell’area del farmaco e studenti universitari di Medicina e Chirurgia e Farmacologia di Catania, con la presenza di una faculty di livello internazionale: Guido Rasi (𝑒𝑥 𝐷𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 Generale 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝐴𝑔𝑒𝑛𝑧𝑖𝑎 𝐸𝑢𝑟𝑜𝑝𝑒𝑎 𝑑𝑒𝑖 𝑀𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖𝑛𝑎𝑙𝑖), Patrizia Popoli (Presidente della Commissione Tecnico-Scientifica di AIFA), Sandra Petraglia (𝐷𝑖𝑟𝑖𝑔𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝐴𝑟𝑒𝑎 𝑃𝑟𝑒-𝐴𝑢𝑡𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑i AIFA), Luca Pani (ex Direttore Generale di AIFA), Loredano Giorni (𝐷𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 di 𝐸𝑆𝑇𝐴𝑅 – 𝑇𝑜𝑠𝑐𝑎𝑛𝑎), Valentina Marino (𝐷𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑀𝑒𝑑𝑖𝑐𝑜 di Pfizer Italia), Claudio Iommi (𝑃𝑟𝑜𝑓𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝐸𝑐𝑜𝑛𝑜𝑚𝑖𝑎 𝑆𝑎𝑛𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑎 all’𝑈𝑛𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖𝑡𝑎̀ 𝐵𝑜𝑐𝑐𝑜𝑛𝑖) e Armando Genazzani, (𝐶𝑜𝑚𝑝𝑜𝑛𝑒𝑛𝑡𝑒 della Commissione Tecnico-Scientifica 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝐴𝑔𝑒𝑛𝑧𝑖𝑎 𝐸𝑢𝑟𝑜𝑝𝑒𝑎 𝑑𝑒𝑖 𝑀𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖𝑛𝑎𝑙𝑖).
Presenti all’incontro per i saluti istituzionali anche Francesco Priolo, 𝑅𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑈𝑛𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖𝑡𝑎̀ 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑡𝑎𝑛𝑖𝑎, Massimo Scaccabarozzi, 𝑃𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐹𝑎𝑟𝑚𝑖𝑛𝑑𝑢𝑠𝑡𝑟𝑖𝑎, Renato Bernardini, 𝐶𝑜𝑚𝑝𝑜𝑛𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝐶𝑜𝑛𝑠𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑑’𝐴𝑚𝑚𝑖𝑛𝑖𝑠𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙’AIFA e Giorgio Racagni, 𝑃𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 Società Italiana di Farmacologia.