Gli italiani colpiti da ictus vanno incontro a molte difficoltà nella fase di riabilitazione che segue l’evento acuto. L’89% dei pazienti ammette di aver riscontrato miglioramenti, sia neurologici che fisici, in seguito ai trattamenti riabilitativi. Tuttavia il 34% considera l’esperienza insufficiente e il 17% giudica scarsa la propria qualità di vita. La metà dei malati chiede inoltre più informazioni sulle terapie riabilitative e anche un rapporto più continuativo con lo specialista neurologo. Oltre il 38% inizia il recupero in una struttura sanitaria diversa rispetto a quella in cui è avvenuto il ricovero. Questi alcuni dei dati contenuti in una survey svolta on line su 250 pazienti, assistiti in strutture sanitarie dell’intero territorio nazionale. L’indagine, promossa da ISA-AII | Italian Stroke Association – Associazione Italiana Ictus, è stata presentata oggi al Ministero della Salute nel corso di un evento che ha visto la partecipazione dei massimi specialisti che, a vario titolo, intervengono sulla malattia.
Rientra nel progetto “Strike on Stroke” promosso dalla Società Scientifica e realizzato grazie al contributo non condizionato di Ipsen S.p.A. “L’ictus può essere sconfitto grazie alla prevenzione, ad un intervento terapeutico tempestivo e alle cure innovative oggi disponibili – sottolinea Mauro Silvestrini, Presidente ISA-AII -. In Italia riusciamo a garantire un’ottima assistenza grazie alla preparazione dei medici specialisti e a una rete di centri di assoluto livello. Risulta però ancora deficitaria la fase in acuto, che invece è fondamentale quando si tratta di una patologia pericolosa ed invalidante come l’ictus. Fino al 38% dei pazienti presenta spasticità ad oltre un anno dall’evento e le difficoltà nell’accesso alle terapie sono state ben evidenziate nella nostra indagine. Ci pare quindi importante proseguire in una campagna di informazione e sensibilizzazione incentrata proprio sulla riabilitazione e la qualità della vita. Si tratta di temi finora trascurati tanto nella pratica clinica che nella comunicazione”. Il progetto di ISA-AII, che ha visto diverse iniziative, rivolte sia ai clinici che ai pazienti, vede oggi la presentazione di uno spot di grande impatto, realizzato con l’attore Massimo Lopez (collegamento ipertestuale). Nei mesi scorsi è stata inoltre realizzata una survey su 250 medici. Uno su tre confessa di non avere a disposizione PTDA-protocolli-linee guida per indirizzare i malati nei reparti di riabilitazione. Il 38% invece lavora in unità neurovascolari dove non viene effettuata una presa in carico riabilitativa, prima della dimissione del paziente. Sei medici su dieci ammettono di non sapere se esistono normative regionali per la definizione di un percorso riabilitativo. “Problemi organizzativi e strutturali rendono difficile ottenere terapie in grado di migliorare sensibilmente la qualità di vita – prosegue il Prof. Danilo Toni, Past President ISA-AII -. Preoccupano anche i ritardi che si accumulano, visto che per il 64% degli specialisti trascorrono in media più di sette giorni dal momento dell’acuto all’arrivo nel reparto di riabilitazione. Quest’ultima è davvero una fase complessa della gestione della malattia e contempla diversi possibili trattamenti: si può agire con lo stretching e il rinforzo muscolare oppure con il ricorso ad altri trattamenti fisici. La gestione del dolore avviene attraverso la somministrazione di analgesici specifici. Esistono anche delle terapie farmacologiche contro la spasticità come i miorilassanti ad azione periferica, tra cui spicca la tossina botulinica. Oggi viene considerata la cura più efficace contro la spasticità di tipo focale. Ci permette di colpire solo i muscoli interessati dal problema e si favorisce così il recupero delle attività motorie. Considerando tutte queste opzioni, e le problematiche inerenti, a nostro avviso sono necessari dei percorsi prestabiliti a livello regionale o nazionale. Solo così si potrà gestire in maniera uniforme la riabilitazione dei malati sull’intera Penisola”.
Ogni anno in Italia 185.000 persone vengono colpite da ictus. Rappresenta la prima causa di disabilità e la terza di morte, dopo malattie cardiache e cancro. “I più esposti al rischio della patologia sono gli uomini sopra i 65 anni tra i quali registriamo circa il 75% dei casi – interviene Paola Santalucia, Presidente Eletto di ISA-AII -. Anche quando non è fatale, l’impatto che determina è davvero notevole, sia per il singolo paziente che per l’intero Sistema Sanitario Nazionale. Il numero di pazienti è destinato a crescere nei prossimi anni insieme all’incremento dell’età media della popolazione del nostro Paese. Una riabilitazione organizzata ed efficiente, in tutti e 21 sistemi sanitari regionali della Penisola, deve essere una priorità assoluta da realizzare. Come Società Scientifica siamo pronti e disponibili a dialogare con le istituzioni sanitarie nazionali e locali per trovare soluzioni concrete e risolvere così le attuali problematiche”.
L’impegno per un approccio comune a livello europeo è stato ricordato da Francesca Romana Pezzella, Segretario ISA-AII e co-chair Action Plan in Europe di ESO | European Stroke Organization. “Incontri come questi, in sedi istituzionali, sono necessari anche per rilanciare il SAP-E, lo Stroke Action Plan for Europe – dichiara – limitando entro il 2030 l’impatto della malattia a partire da prevenzione primaria, organizzazione della cura dell’ictus, cura dell’ictus acuto, prevenzione secondaria, riabilitazione, valutazione dei risultati e vita dopo l’ictus. Le raccomandazioni contenute nel documento consentirebbero di ridurre del 10% il numero di nuovi casi l’anno. Per l’Italia parliamo di 15mila pazienti in meno”.
“Crediamo molto nell’importanza di iniziative come Strike on Stroke – ha commentato Stéphane Brocker, Presidente e Amministratore Delegato di Ipsen S.p.A – la costante collaborazione con Associazioni Scientifiche, Associazioni di Pazienti e Stakeholder Istituzionali contribuisce ad una riflessione comune su come si può migliorare la gestione del percorso del paziente, a livello nazionale e regionale, assicurando un processo più fluido tra diagnosi, trattamenti e follow-up”.