ASP e Ospedali

L'approfondimento di Insanitas

«Hospice per le cure palliative, un diritto dei pazienti: ma la Sicilia è molto indietro…»

L'intervista a Giorgio Trizzino, precursore delle cure palliative: «Purtroppo alcuni direttori generali non assolvono all'obbligo previsto dai LEA»

Tempo di lettura: 7 minuti

Hospice e cure palliative, sono passati decenni dal loro avvento ma ancora non sono considerati da tutti LEA. Pochi gli assistiti in casa, rispetto al numero degli aventi diritto e tre ospedali il Cervello di Palermo, il Policlinico di Messina e l’Umberto I di Enna chiudono “temporaneamente” i loro hospice come se fossero reparti sacrificabili.

Dell’argomento abbiamo parlato con Giorgio Trizzino, deputato sino al 2022, che è stato in Sicilia precursore delle cure palliative. Nel 1987 fu lui ad avviare sull’Isola la prima esperienza a domicilio tramite la Samot, che tutt’oggi presiede. Da componente del tavolo ministeriale- allora fu la Bindi a nominarlo tale- riuscì a fare arrivare in Sicilia un cospicuo finanziamento per la realizzazione degli hospice, 16 in tutta la regione, ad esempio quello operativo all’Arnas Civico di Palermo. Tra gli altri, uno si trovava a Enna ma ora è inattivo.

Dr Trizzino qual è a distanza di tanti anni la situazione in Sicilia in merito alle cure palliative?
«Allora- nei primi anni 2000- ero anche nel tavolo tecnico regionale nella divisione per la ripartizione dei fondi alle singole Asl- oggi Asp- per la realizzazione degli hospice e avemmo addirittura difficoltà a fare accettare i fondi ai direttori generali perché non volevano impegnarsi in questa realizzazione in quanto non capivano che cosa fossero gli hospice. Avevano difficoltà a rendersi conto che la fase di terminalità aveva bisogno non soltanto di un intervento domiciliare ma anche, talvolta, in casi particolari bisognava di una soluzione residenziale».

Un’istantanea sulle strutture in Sicilia?
«Siamo molto indietro rispetto a regioni quali Lombardia, Veneto, Toscana, Piemonte che hanno davvero molti posti letto. In Sicilia abbiamo 11 Hospice attivi in tutta la regione, con un totale di 120 posti letto. Vi è un hospice pediatrico a Catania, mentre non è stato realizzato l’hospice pediatrico a Palermo, nonostante il finanziamento erogato. Tre sono invece quelli attualmente chiusi: all’Umberto I di Enna, al Policlinico di Messina e al Cervello di Palermo».

Per fare comprendere meglio ai lettori che ci leggeranno, ci può spiegare cosa sono gli Hospice? E qual è il loro valore medico e sociale?
«Devo dirle che mi viene un po’ difficile nel 2023 a distanza di 35 anni dovere spiegare ancora il valore di un livello essenziale di assistenza qual è quello delle cure palliative. Nella nostra Regione- vorrei dare per scontato- che le cure domiciliari così come gli hospice fossero conosciuti e soprattutto ben inquadrati dai responsabili istituzionali in regione e dai direttori generali delle aziende sanitarie. L’errore che non si deve assolutamente fare è pensare all’hospice come il luogo dove si va a morire. È un messaggio sbagliatissimo. Esso è un luogo di transito, è un luogo di vita, di attività, di emozioni, di eventi culturali. Pensi che a Palermo, il sovraintendente del Teatro Massimo periodicamente viene e fa un pomeriggio di musica per i pazienti. È bene sdoganare ancora i preconcetti che ci sono sull’hospice, quante persone muoiono all’interno di Rsa o Case di riposo senza gli adeguati supporti?».

Purtroppo è ancora necessario chiarire…
«Stento a farlo ma mi rendo conto che siamo in una situazione dove è necessario ripuntualizzare il valore ma anche l’obbligo che oggi c’è e che è dettato dalle leggi nazionali che impongono la realizzazione delle reti palliative, ivi compreso gli hospice su tutto il territorio regionale. Lo dico sottolineando che le cure palliative sono un LEA (ovvero i livelli essenziali di assistenza ovvero le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini) sancito nel 2017 e riaggiornato qualche mese fa. Esse sono a tutti i livelli parte dell’obbligo che c’è da parte dell’istituzione di erogare questo livello di assistenza».

Vi sono cure per i pazienti terminali che possono essere somministrate solo all’interno degli hospice?
«Le cure palliative possono essere effettuate a domicilio oppure in strutture protette quale gli hospice. Nel primo caso si collocano quei malati in fase avanzata che hanno certe esigenze di contatto con i familiari e che le condizioni lo permettano. Ci sono invece situazioni particolari- previste tra l’altro da indicatori precisi- in cui il paziente non può essere assistito a casa, e su sua richiesta, può trovare giovamento in un ricovero protetto qual è appunto quello dell’hospice che ha delle caratteristiche molto precise stabilite da leggi nazionali. Essi non sono infatti uguali ai reparti di degenza ma sono molto confortevoli, posseggono stanze singole con arredi particolari, ambienti comuni per attività collettive ma anche luoghi dove potersi raccogliere con i propri pensieri. Ma anche ambienti per l’arteterapia e la musicoterapia perché queste persone non sono relegate nei loro letti. Un luogo dove possono vivere la loro vita in modo normale, esenti da sofferenze e dolore che viene trattato adeguatamente dal punto di vista clinico e assistenziale. L’hospice possiede dei requisiti che lo fanno essere una casa ma anche un albergo e un ospedale dove viene tutelata la qualità e la dignità della vita che vi entrano. Un malato in fase avanzata non è un malato che viene emarginato da tutti i suoi diritti, anzi».

Un ospedale – come Enna – che ha attivo al suo interno l’hospice e che chiude per motivi logistici, cosa comporta?
«L’hospice è una filosofia che sarebbe dovuto essere recepita dai direttori generali ma sembra che così non sia. Un direttore generale di qualsiasi Asp si sente in diritto di poterlo chiudere perché non è redditizio e perché deve far spazio ad altre attività, come è accaduto a Enna. È indicibile quello che è stato fatto a Enna, ingiudicabile oserei dire. Chiudere un hospice significa, una cosa chiara, non recepire un’indicazione normativa e in secondo luogo avere utilizzato impropriamente dei fondi. Nel caso dell’hospice di Enna, tra l’altro, il centro non era stato dotato di quel personale che era obbligatorio inserire all’interno della struttura, lasciandola allo sbando». NDR: Per leggere quello che sull’Hospice di Enna ha detto ad Insanitas il dg Francesco Iudica CLICCA QUI.

Vi sono cure per i pazienti terminali che possono essere effettuate/somministrate solo all’interno degli hospice?
«Le prestazioni sono quasi uguali. È chiaro però che ci sono delle sofferenze talmente forti, delle situazioni di dolore particolarmente complesso che può risultare complicato gestirlo a domicilio. Oggi per fortuna ci sono molti farmaci utili a trattare il dolore, però ci sono condizioni particolari dove si mescolano esigenze di carattere clinico, sociale e psicologico che danno una chiara indicazione affinché il paziente deve risiedere all’hospice. Vi sono casi di pazienti completamente soli, che vivono in condizioni sociali ed economiche precarie senza una casa o in condizioni cliniche drammatiche. insomma condizioni in cui il sintomo non è più trattabile a domicilio per la sua gravità allora si possono trascorrere dei periodi di sollievo all’interno della struttura di hospice dove si regolarizza l’autonomia del paziente e la sua condizione generale. Cosa succede a quest’ultimi dopo che il personale a domicilio va via?».

Qual è attualmente lo stato dell’arte delle cure palliative?
«Mentre c’è una copertura importante dal punto di vista domiciliare non possiamo dire la stessa cosa per gli hospice, perché il numero dei posti letto non è certamente adeguato al bisogno. Il tema è anche un altro: dentro gli hospice c’è sicuramente una grande carenza di personale medico, infermieristico e di oss mancano figure obbligatorie quali il fisioterapista, l’assistente sociale, lo psicologo. Tante sarebbero le cose da chiedersi: c’erano i soldi e ci sono voluti 15 anni per creare le strutture, perché? Diversa è la situazione nelle cure domiciliari, grazie al terzo settore infatti, si è sviluppata una rete di assistenza molto articolata, efficiente ed efficace e ci sono numeri molto alti di pazienti assistiti ma che purtroppo rappresentano solo un terzo della potenziale esigenza dei malati che ne avrebbero bisogno. Infatti i malati elegibili alle cure palliative non sono più solo quelli oncologici ma tutti coloro che hanno patologie croniche degenerative, che hanno diritto a essere seguiti. Pensi che a Palermo e provincia vengono assistiti a casa mille pazienti, una goccia nell’oceano».

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