PALERMO. Il quadro drammatico dello stato di disagio ed angoscia in cui versa la classe medica di Sicilia, è al centro del II congresso “CISL medici Federazione territoriale Palermo-Trapani”, che si è concluso con la riconferma di Cosimo Chiarello a segretario.
Tra i presenti, il segretario Cisl Palermo- Trapani, Daniela De Luca e il segretario regionale Massimo Farinella. Chiarello, coadiuvato per la segreteria da Bruna Vitale e Antonino Passavanti, ha tracciato alcuni aspetti del quadro fosco in cui la classe medica è costretta a operare tra mille salti mortali e la quasi totale indifferenza della politica.
L’intervento di Chiarello
Il segretario riconfermato ha evidenziato come «sia sotto gli occhi di tutti il divario tra la sanità del Nord e quella del Sud. La prima avvantaggiata da più risorse umane ed economiche e da un’azione d’indirizzo politico più lungimirante e la seconda, invece, lasciata indietro da una governance poco attenta ai bisogni reali dei cittadini, sprecona, incapace di programmare e soprattutto totalmente lontana dall’effettiva competenza tecnica. La salute è considerata oramai soltanto un indice economico e la spesa sale per l’incapacità di razionalizzare le risorse. Due cose che insieme manderanno il sistema a sbattere».
«Siamo certi- sottolinea l’esponente Cisl- che apportando proposte si possa determinare la politica a indirizzare meglio le risorse. Bisogna far funzionare ciò che esiste intanto. Qui da noi non è certo pensabile che si parli di assicurazioni private a fronte di una povertà crescente, della disoccupazione giovanile che dilaga, degli anziani lasciati al palo insieme a tutta una fetta di popolazione che non può più curarsi con conseguente incremento della mortalità”.
Poi Chiarello aggiunge: «Basta coi progetti finanziati che restano arenati e di cui poi dobbiamo pure restituire i fondi non sfruttati. Occorre una razionalizzazione e per questo serve che siano ascoltati gli attori che da dentro il sistema sanitario ospedaliero e territoriale, e quindi delle aziende di pertinenza, possono vedere distorsioni e incompiute. La sanità regionale funziona a macchia di leopardo, in modo disomogeneo dentro la stessa azienda e tra le aziende del territorio, annaspando tra carenze di personale e sistemi online che funzionano in teoria e mai in pratica, dove le forze nuove che formiamo vanno via e rimangono medici a bordo pensione che assomigliano sempre più a dinosauri».
«Un giorno ci diranno – sottolinea ironico Chiarello – che gli organici sono completi di medici mummificati. Se in Italia il quadro è fosco, in Sicilia è ancor peggio, poiché i tanto decantati a livello ministeriale Livelli essenziali di assistenza non esistono più nei fatti, per non parlare della rete ospedaliera che- a prescinde da logiche di coerenza gestionale e di razionalizzazione- rimarrà com’è per non scontentare nessuno in prossimità delle competizioni elettorali».
Resilienza dunque appare ormai il carattere marcante dei medici siciliani, umiliati dall’alto e presi a legnate dal basso, capro espiatorio di tutto quello che non funziona e dunque sfogatoio inevitabile delle ire di un’utenza ormai scippata di tutti i diritti. Medici a cui si impongo orari massacranti, costretti a subire gli illogici teoremi direzionali, a ogni livello, e a garantire prestazioni ottimali a condizioni di lavoro impossibili. Tradotto: medici stanchi, sottoposti a grave esposizione di vulnus psico-fisici e, non in ultimo, sempre più anziani.
«Occorre un’altissima vigilanza dei sindacati», aggiunge Chiarello, che conia il termine “sentinelle propositive” con il compito dell’interlocuzione con una politica che deve imparare ad avvalersi delle proposte tecniche e dei tecnici. E poi sollecita la classe medica a «non subire in modo passivo logiche apicali miopi, che generano demotivazione per la mortificazione professionale insieme alla tristezza di non poter dare all’utente-paziente risposte efficienti o tempestive, a causa dei limiti politici, economici e gestionali che pesano sulle strutture sanitarie aziendali territoriali e ospedaliere».
«Ospedale e territorio non si parlano e questo esacerba le criticità. Dobbiamo – conclude Chiarello- riprenderci il ruolo dentro la sanità ed è questa la sfida. Così si dovrebbero prevedere sanzioni per i manager che non applicano le normative contrattuali che in questa regione spesso restano come le norme, ovvero lettera morta, e ad oggi mai nessuno sul punto mi pare abbia fatto le valigie».
Il segretario regionale Farinella
Va giù duro anche il segretario regionale della Cisl, Massimo Farinella che evidenzia “come in Sanità ci sia un’eccessiva invadenza della politica, ma di quella con la p minuscola, che non si occupa del bene comune, né dei bisogni di tutti, ma delle segreterie politiche, e lascia gli operatori da soli con le loro difficoltà e governati, si fa per dire, da direttori generali, pro-consoli, che non rispondono ai bisogni della cittadinanza, ma a logiche altre. Da ciò scatta la percezione della società di una sanità malata dove la malpractice è anche quella che non mette al centro, neppure dell’accoglienza minima, le persone, i pazienti al primo contatto con le strutture».
Farinella poi afferma: «Noi conosciamo tutti lo stato dei luoghi dove i cittadini sono costretti a passare per accedere alle cure e ai pronto soccorsi, ma l’enfatizzazione mediatica delle sole criticità è volta alla ricerca del colpevole, senza considerare che, il percorso di identificazione delle responsabilità (che è altra cosa dai colpevoli) non si cura che c’è un servizio sanitario deprivato di tutte le risorse necessarie affinché sia considerato tale. I reparti delle aziende ospedaliere, gli ambulatori del territorio vanno avanti solo grazie a medici che rispondono della loro coscienza etica e professionale che è già un plusvalore che, però, quasi nessuno valorizza».
«In un momento – evidenzia il segretario regionale CISL medici – in cui non è ancora ben definito l’assetto organizzativo verso il quale si procede e quando è già naufragato l’assetto nel quale tutti noi siamo inseriti, la non ancora completa realizzazione della medicina del territorio (che è l’unico modo per tornare a fare medicina d’urgenza nelle strutture che invece a ciò sarebbero dedicate istituzionalmente, ma di fatto devono assolvere alle lacune del territorio) appesantisce di molto il clima».
«Tutte le strutture- sottolinea Farinella- sono sostenute da giovani medici costretti ad attendere ogni sei mesi, o di anno in anno, il rinnovo contrattuale e questo genera una fragilità personale e professionale. Accanto a ciò, il recente Decreto “Madia” che proroga a tutto il 2018 la possibilità di attribuire incarichi a tempo determinato e dà un limite temporale del 2019 per definire queste ipotetiche auspicate procedure contrattuali, introduce un elemento che lascia perplessi. Nella stesura della bozza non definitiva, prevedeva un termine di 3 anni, che potevano essere acquisiti anche in sommatoria, di servizi espletati presso diverse amministrazioni e questo lasciava fuori molti colleghi. Adesso il termine è esteso a 8 anni, ma presso la stessa amministrazione. Allora, se è così non è un grande passo avanti. Perché, se da un lato si innalza il termine, dall’altro lato, a mio avviso, si introduce un limite discriminando tra un azienda e l’altra».
Farinella chiarisce: «Era, a mio avviso, preferibile coniugare gli 8 anni coi 3, ancorché accumulati presso strutture diverse, perché sempre il servizio sanitario si è giovato della figura professionale, quindi discriminare questa sommatoria in base all’azienda nella quale si è prestato servizio potrebbe dar vita a contenziosi e non si capisce il perché di questo limite. In altre parole, se il committente è pur sempre il servizio pubblico, che differenza fa se io abbia lavorato in una struttura piuttosto che in un’altra quando ho reso comunque una prestazione professionale al servizio sanitario pubblico? Il decreto introduce una limitazione, quindi, rispetto alla quale rispetto alla quale, a livello nazionale, bisognerebbe chiedere un correttivo, cioè un allargamento maggiore”.
Altro punto evidenziato da Farinella l’ormai tramontata differenza tra pubblico e privato. Oggi si deve parlare di privati accreditati e, quindi, “occorre focalizzare l’attenzione sul fatto che all’interno delle strutture private accreditate, al di là della resistenza delle proprietà, non si può ammettere un’organizzazione atipica e la mancata certificazione dell’orario di lavoro, poiché noi pretendiamo il rispetto degli organici per garantire il funzionamento dei servizi e quindi standard assistenziali esattamente uguali a quelli previsti per il pubblico, visto che esse assumono i finanziamenti dalla stessa fiscalità generale del pubblico».
Poi Farinella parla delle «reiterate promesse su rete assistenziale e concorsi» e dice: «Ritengo che non li sbloccano perché già il termine temporale stabilito al 2018-2019 a livello nazionale un significato lo ha, giacché ci sono, purtroppo, scadenze elettorali che anche su questo dettano l’agenda. Ma non possiamo far finta che il sistema regga l’impatto per altri due anni così. Abbiamo già chiesto all’assessore di chiedere una deroga straordinaria per immettere in servizio almeno i vincitori di concorso congelati da due anni, se le strutture sono confermate nella prospettiva organizzativa non ci sono motivi per tenerli sospesi, o meglio ci sono, ma sono di altra natura. Noi però non possiamo essere silenziosamente complici di questo stato di cose».
L’Sos di Cellura
Delegato medici ospedalieri, Gilberto Cellura lancia un ulteriore grido di dolore: “La situazione ospedaliera è insostenibile. I LEA non si possono più garantire. Manca il ricambio generazionale: il 40% dei medici ospedalieri nazionali è over 60 e la media nazionale è over 53. Tra circa 4 anni il numero dei medici ospedalieri sarà dimezzato e una politica cieca non ha previsto nulla. Da dieci anni si rinnovano con mille proroghe i contratti del 2006. Manca, inoltre, l’adeguamento tecnologico strumentale e medici bravi senza strumenti sono medici inutili. Carenza di personale medico e infermieristico, contratti atipici e aumento della medicina difensiva e della spesa, con contestuale riduzione della risposta efficiente al pubblico, non consentono complessivamente di rispondere ai bisogni di salute, e risulta violato un diritto a copertura costituzionale».
«Da un anno – afferma Cellura- dirigo l’Unità operativa di Cardiologia dell’Arnas Civico di Palermo e ho avuto difficoltà a reperire personale idoneo alle ablazioni; sono stato di fatto obbligato ad attingere personale da una graduatoria di cardiologi clinici che nulla sapevano di elettrofisiologia. Niente cambierà in itinere elettorale e noi medici stiamo perdendo dignità oltre ad essere continuo oggetto di aggressioni. Le conseguenze non le paga certo l’assessore di turno, ma noi, insieme agli utenti».
Il nuovo ruolo del medico specialistico ambulatoriale
La dottoressa Bruna Vitale, esponente della segreteria del direttivo CISL, che coordina la medicina ambulatoriale traccia il nuovo ruolo del medico specialista ambulatoriale: “Nell’ambito delle nuove normative è necessario attivare un cambiamento in virtù del quale lo specialista ambulatoriale deve ridisegnare il proprio ruolo, cambiando l’approccio che oggi non è più quello della medicina d’attesa, ma della medicina di iniziativa e deve fuoriuscire, pertanto, dalla logica della prestazione oraria, che svilisce la professionalità, mortifica il paziente e soprattutto non garantisce un’effettiva qualità».
Infine, aggiunge: «Serve ridisegnare la distribuzione specialistica per garantire il fabbisogno assistenziale in base al numero della popolazione e agli indici epidemiologici. Un territorio qualificato risponde alle esigenze dei malati cronici, consente di decongestionare i pronto soccorsi e garantisce la dimissione assistita dagli ospedali. Cioè, dobbiamo portarci verso la realizzazione di una rete fatta di iterazione, integrazione e risorse diverse, tra strutture ospedaliere, territorio e specialisti ambulatoriali, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze per razionalizzare la spesa e attivare una gestione appropriata delle patologie croniche».