Due anni duri, in prima linea contro un nemico subdolo e in principio sconosciuto come il Covid, impegnativi sia da un punto di vista professionale che umano. Un patrimonio di esperienze che meritava di essere raccontato, da questa necessità è scaturito l’incontro che si è tenuto ad Alcamo, al Centro congressi Marconi, organizzato dall’Ordine professionale degli infermieri di Trapani, dal titolo “Essere infermieri ai tempi del Covid19. Cronaca della lotta contro un nemico invisibile”.
Un lungo lavoro organizzativo, portato a compimento grazie alla dedizione di Anna Alcamo, in servizio presso il reparto di chirurgia generale oncologica del Policlinico di Palermo, insieme ai colleghi del comitato organizzativo dell’OPI di Trapani e che ha portato nella cittadina del trapanese operatori sanitari provenienti da Villa Sofia-Cervello (Palermo) e da altre aziende ospedaliere da Trapani, Marsala, Mazara del Vallo, Alcamo e Castelvetrano. Un folto gruppo di relatori e moderatori che è riuscito a dare una visione d’insieme delle sfide, spesso tragiche, dolorose, ma anche di crescita professionale, vissute durante questa pandemia. Un tributo dovuto per i tanti ancora impegnati sul fronte della lotta a questo virus e per chi ha pagato con la vita il proprio lavoro.
Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale dell’Ordine degli infermieri, ha ricordato come a fronte della estrema capacità di adattamento dimostrata dall’intera categoria rispetto ad una emergenza sconosciuta che ha rischiato di travolgere tutti, gli infermieri hanno saputo combattere, mettendo in campo competenze e flessibilità, con i pochi strumenti inizialmente a disposizione contro il virus. Una prima linea indispensabile per il trattamento dei pazienti e il contenimento del Covid.
Inevitabile ricordare i cento colleghi morti, ma la Mangiacavalli sottolinea come «dopo l’avvento dei vaccini non si sono registrate più perdite fra gli infermieri». Secondo la presidente della federazione, quanto accaduto deve stimolare alla cooperazione fra presidi sanitari ed enti territoriali, una rete di relazioni e scambi di informazioni necessari per migliorare la risposta a questa o altre emergenze. «Comunque va riconosciuto- ha proseguito Mangiacavalli- che il nostro sistema sanitario nazionale si è rivelato uno dei migliori al mondo ed è stato in grado di fare fronte ad una crisi drammatica che avrebbe potuto travolgerci e questo nonostante i tagli ai finanziamenti e alle assunzioni degli anni più recenti. Adesso, dopo la pandemia, sembra esserci una inversione di tendenza, perché è sempre più evidente che il servizio sanitario nazionale è un bene pubblico essenziale per il benessere di tutti e che va tutelato e potenziato».
Filippo Impellizzeri, presidente dell’OPI Trapani, ha espresso la propria soddisfazione per gli oltre duecento colleghi presenti che hanno dimostrato quanto fosse sentita la necessità di un confronto dopo i due anni di pandemia e l’impatto drammatico avuto sulle vite degli operatori sanitari. «Gli infermieri sentivano- ha aggiunto- il bisogno di potete raccontare le esperienze vissute, non solo come momento di elaborazione e crescita professionale, ma anche per il valore intimo, umano che questa vicenda ha avuto. Attraverso loro si può dare voce anche ai pazienti, il rapporto con loro, visto l’isolamento nei reparti covid, era spesso l’unico tramite con l’esterno e con gli affetti».
«La pandemia- ha sottolineato Impellizzeri- ha messo in evidenza le criticità del sistema sanitario, il ruolo dell’infermiere è centrale per la ricostruzione di quella assistenza di prossimità, indispensabile per offrire adeguati standard di cura ai pazienti. Indubbiamente questa prova così dura ci ha anche fornito l’esperienza necessaria per affrontare eventuali altre emergenze di pari gravità».
Enrico Virtuoso, responsabile scientifico e componente del Consiglio direttivo dell’OPI Trapani, ha offerto un punto di vista inedito, raccontando la pandemia dal punto di vista di un indubbio protagonista, il virus. L’errore commesso dagli uomini è sempre quello di ritenere di avere una sorta di primato nel nostro pianeta, quando invece proprio i virus sono una forma di vita destinata probabilmente a sopravviverci, continuare ad erodere gli spazi naturali, distruggere gli habitat degli altri animali, ci porta sempre più pericolosamente vicino a loro.
Riguardo l’esperienza professionale di questi due anni, Enrico Virtuoso sottolinea come sia stata una storia di “solitudini”, quella di chi, medici e infermieri, si trovava in reparto con i malati e spesso doveva rinunciare a vedere la propria famiglia quando ne usciva e quella dei pazienti, costretti ad affrontare la sofferenza e nei casi peggiori la morte, da soli. Aspetti tragici che ancora adesso richiedono in alcuni casi l’intervento degli psicologi per superare i traumi emotivi vissuti.
«Proprio l’eccezionalità di questa esperienza, l’impatto con un nemico sconosciuto contro cui all’inizio non si avevano armi, l’omaggio dovuto al dolore dei pazienti e alle perdite fra loro e fra i nostri colleghi, ci ha convinto che erano storie che meritavano di essere raccontate, perché quello che è avvenuto è stato straordinario e noi dobbiamo riconoscere che anche noi abbiamo fatto cose straordinarie».