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"Pediatria e Società"

Gli effetti della pandemia sull’assistenza neonatale e pediatrica in Italia

L'intervento su Insanitas del Professor Giovanni Corsello, ordinario di Pediatria all’Università di Palermo, past president della SIP e coordinatore scientifico di questa rubrica.

Tempo di lettura: 6 minuti

La pandemia ha avuto conseguenze in tutti i campi e i settori della nostra vita. Ha portato alla luce criticità e iniquità presenti nel nostro sistema sanitario, che è uno di quelli più avanzati in termini di garanzie assistenziali universali. Ne abbiamo discusso insieme al Professor Giovanni Corsello, ordinario di Pediatria all’Università di Palermo, past president della SIP e coordinatore scientifico di questa rubrica.

A livello sanitario nazionale il quadro generale, già problematico, non ha fatto che complicarsi con l’avvento del Covid-19. Innanzitutto, perché “dal punto di vista organizzativo è stato necessario fare delle scelte che hanno privilegiato l’emergenza pandemica, penalizzando l’assistenza ostetrica, neonatale e pediatrica”. Così afferma il Prof. Corsello, secondo cui “quello che stiamo vivendo è un momento cruciale in cui il comparto sanitario è chiamato a ridisegnare alcuni standard assistenziali per il futuro. È necessario garantire, anche per motivi etici, un’assistenza adeguata e omogenea ai neonati e i bambini di tutto il territorio nazionale. Oltre a continuità tra cure primarie nel territorio e assistenza pediatrica ospedaliera. Sono obiettivi di salute- dice Corsello- che devono essere sentiti come priorità non solo dai medici, dai pediatri e dai neonatologi, ma anche dalle istituzioni, a livello locale e nazionale”.

È necessario contrastare e bilanciare le conseguenze negative che la Pandemia ha avuto su alcune popolazioni pediatriche con patologie. Come i bambini con malattie croniche, che hanno subito danni e conseguenze peggiori, a causa di diversi fattori concomitanti. Dal ritardo nelle diagnosi e nei controlli, al ritardo nella esecuzione delle vaccinazioni previste dal calendario vaccinale. In più, in questi bambini il virus decorre spesso con maggiore criticità rispetto ai coetanei sani. A ciò si sono aggiunte le difficoltà in termini di qualità dell’istruzione, in quanto la didattica a distanza non sempre è compatibile con le disabilità fisiche o neuropsicomotorie. Sono pertanto aumentate le disuguaglianze sociali, soprattutto laddove i livelli di povertà e di disagio sono più elevati.

Le criticità si sono accentuate in periodo pandemico, anche nel campo dell’assistenza pediatrica e neonatale. Un’assistenza che in Italia è a macchia di leopardo. Con aree in cui il rispetto degli standard assistenziali è maggiore ed altre in cui è minore. Regioni in cui sono state impiegate maggiori quantità di risorse per organizzare al meglio l’assistenza perinatale e altre dove queste risorse non sono arrivate o sono state impiegate male. “Un contesto così variegato ha portato anche- sottolinea Corsello- alla registrazione di livelli di mortalità infantile e perinatale disomogenei tra le varie regioni, con valori che nel meridione sono tendenzialmente più alti rispetto alla media nazionale”.

Le società scientifiche di settore hanno chiesto da tempo un incremento delle risorse sia tecnologiche sia di personale dedicate ai punti nascita e alle unità di neonatologia e di terapia intensiva neonatale, anche per rendere più uniforme la qualità delle cure. Le differenze organizzative e la disomogeneità delle risorse disponibili comportano difficoltà nel garantire il percorso nascita nella sua completezza e tendono a favorire il ricorso ai parti cesarei anche quando non è necessari. “Quando il cesareo non è necessario, diventa un fattore di rischio operatorio addizionale, sia per la mamma che per il neonato”, spiega ancora Corsello.

Un’altra problematica accentuata dalla pandemia è quella legata all’allontanamento dei genitori dei bambini dagli ospedali, per paura di essere contagiati dal nuovo Coronavirus. Questo ha creato dei problemi paralleli come l’aumento del numero delle nascite pretermine. Oltre alla riduzione di controlli e di screening, soprattutto nella parte finale delle gravidanze, l’infezione da Sars-CoV-2 comporta anche un rischio maggiore di parto pretermine. Ciò ha fatto aumentare i parti in emergenza anche nel periodo precedente l’età gestazionale a termine.

Per tutte queste motivazioni- ci tiene ad evidenziare il Professor Corsello- vaccinarsi anche contro il Covid-19 ha un’importanza cruciale, sia in gravidanza che in allattamento. Vaccinarsi non comporta rischi né per la donna né per il feto o per il neonato. Anzi, è un fattore protettivo perché può anche ridurre il rischio di parto pretermine. I vaccini anti Covid non contengono virus attenuati ma somministrano delle componenti (ad esempio mRNA) che sono prive di qualsiasi rischio di tossicità o di infezione”, rassicura il pediatra.

Vaccinarsi significa anche dare alla società una possibilità di tornare a vivere più serenamente. Tornare a garantire in sicurezza il percorso nascita, compresa la presenza del padre al momento del parto, che non è stato sempre possibile garantire in pandemia, sia per il distacco che si è realizzato, tra la madre e neonato, quando vi era il dubbio di una possibile positività della mamma al Covid. “Questo ha portato talvolta ad un indebolimento dell’allattamento al seno,- afferma Corsello- che invece è un diritto del neonato da salvaguardare, promuovere e garantire sempre”.

La pandemia ha portato alla luce anche un altro spinoso problema: le carenze nell’assistenza medica territoriale. Ancora oggi purtroppo il numero dei contratti per le scuole di specializzazione è al di sotto del necessario. C’è da augurarsi che ci saranno risorse adeguate destinate al comparto sanità nella programmazione dei fondi economici per la ripartenza. Di certo non sono rinviabili una revisione strutturale dell’assistenza pediatrica e una programmazione attenta degli interventi adeguati a potenziare l’assistenza. Se così non sarà saremo esposti ancora una volta al rischio di trovarci impreparati in situazioni di emergenza. E non possiamo permettercelo.

In pediatria bisogna ad esempio aumentare il numero dei posti letto di terapia intensiva e semintensiva pediatrica, che sono al di sotto degli standard previsti dalle normative nazionali in molte regioni, compresa la Sicilia. Questi posti letto sono quelli che garantiscono le risposte più rilevanti in condizioni di criticità o di complessità assistenziali.

L’auspicio dunque è che le criticità e le diseguaglianze del sistema sanitario portate alla luce e aggravate dalla pandemia, possano essere affrontate e superate. Mai come oggi abbiamo imparato che la salute è il fulcro dei bisogni e dei diritti dei cittadini. Soprattutto la salute dei più piccoli, le cui necessità devono tornare al centro delle attenzioni del sistema sanitario nazionale e delle istituzioni. Perché in ballo non vi è soltanto la salvaguardia della salute del bambino, ma quella della popolazione intera e la sopravvivenza stessa della nostra società. In questo nuovo scenario, il pediatra ha la missione di ergersi a difensore e garante di tutti i bambini.

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