Dopo la pubblicazione della prima parte (clicca qui), si conclude con la seconda e ultima il nostro approfondimento sui farmaci biosimilari, cioè contenenti una versione della sostanza attiva di un farmaco biologico già autorizzato e che dimostrino similarità al farmaco di riferimento in termini di qualità, attività biologica, sicurezza ed efficacia.
Ad essere intervistato è ancora Gianluca Trifirò, professore associato dell’Ateneo Messinese, farmacologo clinico presso il Policlinico “Martino” di Messina, componente del Segretariato Scientifico di Farmacovigilanza dell’AIFA, membro del Nucleo Tecnico per la verifica dell’attuazione degli adempimenti previsti dal D.A. n. 540/14 recante “Misure volte a promuovere l’utilizzo dei farmaci originatori o biosimilari a minor costo di terapia” dell’Assessorato Regionale alla Salute; della commissione regionale per il “prontuario terapeutico ospedaliero” e di quello per “l’appropriatezza prescrittiva”».
L’atteggiamento di preoccupazione sui biosimilari su cosa verte maggiormente?
«La scelta di impiego di un biosimilare nei nuovi pazienti (cd. pazienti naive: secondo la definizione AIFA sono i “pazienti che non abbiano avuto precedenti esposizioni terapeutiche o per i quali le precedenti esposizioni in base al giudizio del clinico siano sufficientemente distanti nel tempo) è ormai abbastanza consolidata e ben accetta in pratica clinica, mentre maggiori criticità presenta la possibilità di sostituire farmaci biologici originator con biosimilari nei pazienti già in terapia».
Ad oggi, la normativa europea e quella nazionale cosa specificano?
«Prima di tutto è necessario introdurre il concetto di intercambiabilità che si riferisce alla possibilità che un farmaco sia sostituibile al momento della dispensazione direttamente dal farmacista senza consulto del medico prescrittore con una stessa molecola che è ritenuta sovrapponibile dal punto di vista clinico e quindi intercambiabile. L’Agenzia Europea del Farmaco (European Medicine Agency – EMA) demanda ai singoli Stati Membri ogni decisione su intercambiabilità tra farmaco biologico originator e biosimilare».
In Italia l’AIFA, nell’ultimo position paper, apre all’intercambiabilità tra originator e biosimilare dopo le evidenze scientifiche in oltre dieci anni di commercializzazione di biosimilari…
«Esatto. Però chiarisce che i biosimilari non possono essere considerati alla stregua dei prodotti generici, e quindi è esclusa ad oggi la sostituibilità automatica di biologici originator e biosimilari (e viceversa) o di un biosimilare con un altro. I biosimilari disponibili in Italia sono attualmente esclusi dalle liste di trasparenza che consentono la sostituibilità tra prodotti equivalenti da parte del farmacista senza consulto del medico prescrittore, come nel caso dei farmaci generici. AIFA ribadisce che la scelta di trattare un paziente con un farmaco biologico originator o biosimilare è una decisione clinica affidata autonomamente al medico prescrittore».
In futuro?
«Lo scenario sarà sempre più complesso sia perché saranno presenti, sempre di più, molteplici biosimilari per lo stesso biologico di riferimento (come già osservato nel caso di adalimumab ed infliximab ad esempio) sia perché le gare d’acquisto porteranno all’approvvigionamento di un numero limitato di prodotti per lo stesso biologico, sebbene dovrebbe comunque essere garantita la continuità terapeutica».
Cosa è auspicabile circa l’aspetto della sostituibilità terapeutica?
«A mio giudizio, poiché non vi sono significativi elementi clinici per scegliere un biosimilare piuttosto che un altro, in merito all’intercambiabilità, è auspicabile sollevare il medico dall’onere di scegliere tra biosimilari ed originator presenti sul mercato, indicando invece solo il principio attivo come avviene nel caso dei generici. Per alcune tipologie di pazienti, però, bisognerebbe sempre riconoscere al medico la possibilità di evitare gli switch non medici (passaggi da un farmaco ad un altro intercambiabile a più basso costo) per il possibile impatto negativo che tale azione potrebbe avere sul paziente, indipendentemente dal fatto che lo switch avvenga da originator a biosimilare o viceversa».
Un’attenzione ai biosimilari è dedicata dal codice per gli appalti (D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56). La peculiarità di maggior rilievo sulle procedure pubbliche di acquisto?
«L’obbligo per l’ente appaltante di riaprire una nuova gara entro un limitato periodo di tempo dall’immissione in commercio di un farmaco biosimilare nel caso in cui siano presenti in commercio più di tre farmaci a base del medesimo principio attivo (quindi almeno due biosimilari oltre all’originator).È una novità importante, poiché il vincolo temporale che obbliga alla riapertura delle gare, facilita la presa in considerazione dei biosimilari che, già per il fatto di essere presenti sul mercato, generano un effetto di riduzione dei prezzi anche a livello dei farmaci originatori, agevolando la disponibilità di farmaci biologici per i pazienti».
La logica di fondo dunque dell’introduzione dei biosimilari è quella del risparmio…
«Sì, la motivazione per cui sono commercializzati i biosimilari è esclusivamente economica. Stiamo andando verso un sistema sanitario che non è più universalistico e potrebbe risultare compromessa la qualità delle cure e la tutela della salute accessibile a tutti. Perciò, abbiamo il dovere di promuovere una nuova cultura sanitaria. In tale direzione, esistono provvedimenti regionali che hanno anche l’obiettivo di favorire l’uso di un farmaco biologico dal costo minore all’interno di una stessa classe farmacologica, laddove il profilo beneficio-rischio dei farmaci della stessa classe possa considerarsi sovrapponibile».
Anche la nostra Regione?
«Sì. Con il decreto n. 540 del 2014 recante “Misure volte a promuovere l’utilizzo dei farmaci originatori o biosimilari a minor costo di terapia” la Regione Siciliana ha stabilito l’obbligo per il medico prescrittore di fornire una motivazione della sua scelta quando ritiene di dover utilizzare in un determinato paziente naive un farmaco biologico originatore o biosimilare che non sia quello a minor costo dentro la stessa classe: un atto di responsabilità che si richiede ai medici, con l’obiettivo di razionalizzare la spesa farmaceutica, pur garantendo comunque le migliori terapie disponibili al paziente e l’autonomia decisionale al medico».
L’appropriatezza prescrittiva quanto conta?
«È fondamentale. Il dibattito non può essere ricondotto solo alla preoccupazione del farmaco che costa meno, ma deve invece stimolare un utilizzo più appropriato dei farmaci, siano essi originator o biosimilari. I risparmi che si possono ottenere utilizzando in maniera appropriata un farmaco biologico rispetto ad un suo utilizzo inappropriato sarebbero, infatti, senz’altro superiori a quelli garantiti da un maggior uso di farmaci biologici a più basso costo, con ricadute positive sugli esiti clinici ed in definitiva sulla spesa sanitaria nella sua totalità, inclusa quella per ospedalizzazioni ed esami diagnostici».
Non possiamo pensare che basti imporre delle norme, dunque?
«No. Piuttosto occorre puntare di più sull’informazione e sulla formazione dei professionisti sanitari al corretto utilizzo delle risorse sanitarie. I farmaci biosimilari sono disponibili in diverse discipline mediche: dermatologia, nefrologia, gastroenterologia, reumatologia ed onco-ematologia, ma alcuni specialisti si sono dimostrati più recettivi di altri; ad esempio, in Sicilia, i gastroenterologi attraverso la rete MICI (malattie infiammatorie croniche intestinali) hanno consolidato un uso ottimale dei biosimilari».
Sul punto AIFA sta pianificando un progetto nazionale denominato “VALORE”…
«Si tratta di un progetto molto ambizioso, che avrò onere ed onore di coordinare con il contributo di numerosi e prestigiosi gruppi di ricerca di diverse Regioni e l’Istituto Superiore di Sanità. Tale progetto, finanziato con i fondi di farmacovigilanza, prevede una valutazione post-marketing dell’appropriatezza prescrittiva e del profilo beneficio-rischio dei farmaci biologici originator e biosimilari in area dermatologica, reumatologica, gastroenterologica ed onco-ematologica nel setting real world tramite la costituzione di un network unico multiregionale per l’analisi integrata di dati provenienti da banche dati amministrative, sorveglianze attive e registri clinici».