PALERMO. Evitare la biopsia intestinale e fare una diagnosi precoce della celiachia. Questi i principaliobiettivi di ITAMA, il progetto interdisciplinare ideato dal Dipartimento di Fisica e Chimica dell’Università di Palermo in partnership con il Dipartimento di Patologia Umana dell’Adulto e dell’Età Evolutiva “Gaetano Barresi” dell’Università di Messina, il Mater Dei Hospital del Ministero della Salute di Malta e la società privata AcrossLimits di Malta.
Concepito con la collaborazione dell’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana e dell’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo, il progetto è finanziato con i fondi del programma INTERREG V-A Italia-Malta.
L’iniziativa, presentata in Sicilia il 30 ottobre 2018 e a Malta lo scorso 30 gennaio, nasce dall’esigenza di migliorare i metodi e l’accuratezza della diagnosi di malattie autoimmuni ma anche di anticiparne i tempi, di evitare esami invasivi per la diagnosi come la biopsia intestinale e di ridurre, infine, i costi della malattia indotti da una diagnosi ritardata.
Necessario per raggiungere gli obiettivi di ITAMA è l’approccio multidisciplinare. Di primaria importanza per il progetto sono infatti gli strumenti ICT (Information and Communication Technologies) a partire dal “primo Database del Mediterraneo, basato su metadati che fanno riferimento a test diagnostici raccolti tra Sicilia e Malta e basati sulla celiachia, che, al termine della sperimentazione, metteremo a disposizione della comunità scientifica”, spiega il prof. Giuseppe Raso (nella foto in alto), coordinatore del progetto ITAMA e ordinario di Fisica Applicata del Dipartimento di Fisica e Chimica dell’Università di Palermo.
I medici inoltre potranno essere coadiuvati nel processo diagnostico da un software DSS (Decision Support System) “sviluppato attraverso algoritmi di intelligenza artificiale che impareranno, grazie all’intervento degli specialisti- sottolinea Raso- a riconoscere i sintomi dichiarati dai pazienti, i numerosissimi dati degli esami diagnostici e a metterli a confronto individuando la probabilità di malattia e suggerendo persino la diagnosi”.
“Il processo avverrà seguendo sempre le linee guida internazionali ESPGHAN secondo le quali, dopo i test standard, l’ultimo esame fondamentale per avere evidenza diagnostica della celiachia è la biopsia intestinale. Se fra tre anni i risultati dell’esame del sangue e della biopsia intestinale saranno uguali- conclude Raso- sia nel caso positivo sia nel caso negativo in termini di sensibilità e specificità, avremo dimostrato che la biopsia si può evitare”.
Nel mondo occidentale si calcola infatti che, a causa di una sottodiagnosi, sono circa 2/3 le persone a cui non è stata diagnosticata la celiachia. L’identificazione dei sintomi della patologia sono fondamentali per evitare il manifestarsi di complicanze autoimmuni e per ridurre i costi sanitari, in netto aumento a causa di una mancata diagnosi.
Oltre una prima ricerca in Sicilia su 2 mila bambini, ITAMA si concentrerà quindi sul caso maltese che vive un profondo gap diagnostico. Circa 20 mila bambini di Malta in età scolare, dietro consenso informato, verranno sottoposti a screening attraverso un test predittivo della celiachia.
Saranno i Point of Care, quindi le scuole, gli ambulatori di medicina generale o dei pediatri di libera scelta, i luoghi in cui verrà somministrato il test.
“Si tratta di un metodo dal valore predittivo elevato- spiega Giuseppe Magazzù, professore ordinario di pediatria e direttore dell’Unità di Gastroenterologia Pediatrica e Fibrosi Cistica dell’Università di Messina- nel senso che è raro che il risultato, che sia positivo o negativo, non corrisponda a verità. Il test rapido prevede un piccola e indolore puntura sul dito: dopo circa 8 minuti si ottiene il risultato, cioè la presenza di anticorpi antitransglutaminasi IgA”.
Stando alle indicazioni delle linee guida, i bambini con sintomi suggestivi della malattia celiaca vengono sottoposti a un convenzionale esame del sangue che, se rilevato un valore superiore di 10 volte il valore limite della norma di anticorpi antitransglutaminasi, può evitare la biopsia intestinale.
Ma bisogna tenere conto che “una buona parte dei bambini spesso non manifestano sintomi e in questo caso necessiterebbero di un esame bioptico. E c’è da dire che alcuni sintomi possono essere più predittivi di altri della celiachia”, sottolinea Magazzù.
Il database quindi servirà a raccogliere tutti i sintomi calcolandone il valore predittivo attraverso un’analisi prospettica. “Inoltre, durante lo screening, attraverso la diagnosi di malattia celiaca in bambini completamente asintomatici – continua -, cercheremo di dimostrare che combinando l’esame convenzionale ad altri test sarà possibile evitare la biopsia intestinale anche in assenza di sintomi”.
Ma ci sarà anche un terzo momento dello studio che coinvolgerà principalmente la popolazione siciliana. In questo caso verranno sottoposti ad analisi i familiari di primo grado (fratelli o sorelle, figli) di pazienti celiaci, che hanno un rischio di malattia pari al 10%.
La percentuale di rischio però raddoppia in seguito a una biopsia intestinale: “In persone con sintomi suggestivi di celiachia procederemo con la biopsia in endoscopia per una diagnosi della malattia. Al contempo, dopo l’approvazione del Comitato Etico- spiega il prof. Magazzù- indagheremo la presenza di depositi di anticorpi antitransglutaminasi nella mucosa intestinale di queste persone, che non vengono trasportate nel sangue e che quindi non verrebbero nemmeno individuate con un test di laboratorio ma che indicherebbero comunque la presenza di malattia celiaca”.
La tecnica, che si avvale di macchinari di nuova generazione, prevede l’individuazione di depositi mucosali di anticorpi antitransglutaminasi direttamente nell’intestino, attraverso un’analisi a doppia colorazione con microscopio confocale.
Un metodo che permette la diagnosi di malattia celiaca anche in pazienti che non manifestano in alcun modo danni intestinali ma che presentano “sintomi a carico di altri organi come nel caso della celiachia della pelle, dell’atassia come manifestazione di un danno al cervelletto indotto dal glutine, dei depositi nel rene e infine- conclude Magazzù- della manifestazione del diabete giovanile connesso alla presenza di malattia celiaca”.