Semaglutide è l’ultima arrivata sul mercato tra le molecole cd. incretino-mimetiche, che già da qualche decennio sono in commercio, richiamando l’attenzione del “mondo” scientifico come target di nuove terapie antidiabetiche.
Destinata esclusivamente al trattamento terapeutico del Diabete Tipo2– come le precedenti “sorelle” exenatide e liraglutide- ha la caratteristica di essere similare o analoga agli ormoni incretinici, liberati dall’intestino durante i pasti, che si legano a recettori delle beta-cellule pancreatiche stimolando la secrezione di insulina in risposta all’assorbimento di glucosio.
Le incretine (il cui nome deriva dalla parola latina increscere /aumentare) influenzano numerosi meccanismi patofisiologici, normalmente non interessati dalle terapie antidiabetiche tradizionali.
Le ricerche si sono concentrate sullo sviluppo di sostanze ad azione incretinica a più lunga emivita mediante differenti approcci: di cui uno riguarda, come in questo caso, appunto la sintesi di agonisti del recettore del GLP-1, gastro-ormone pluripotente, in grado di svolgere multiple azioni fisiologiche su tutto il corpo umano.
Insanitas ha intervistato Vincenzo Provenzano (nella foto), presidente nazionale SIMDO (Società Italiana Metabolismo, Diabete, Obesità) e direttore del Centro Regionale per Impianti Microinfusori/ Regione Siciliana, anche direttore dell’UOC di Medicina di Partinico e Petralia (ASP 6 Palermo).
Cos’ è Semaglutide?
«Si tratta della terza sorella, ultima nata, di quel gruppo di molecole innovative, che hanno il vantaggio di aumentare la concentrazione di GLP-1, oltre i livelli endogeni normali con conseguenti possibili migliori risultati terapeutici, come le precedenti liraglutide (dalla cui modifica deriva semaglutide), exenatide l.a. (azione lunga durata) e dulaglutide (anch’esse a somministrazione settimanale)».
Il diabete di Tipo 2 chi colpisce?
«Riguarda i soggetti con età maggiore di 35-40 anni ed è fortemente associato ad obesità. Si parla, infatti, di sindemia, proprio per sottolineare la correlazione stretta tra diabete e obesità».
I vantaggi della nuova molecola?
«In linea generale gli stessi delle due sorelle precedenti exenatide l.a. e dulaglutide: favorisce la riduzione del peso corporeo, soprattutto dei grassi viscerali, ha un’azione antiiperglicemizzante e non ipoglicemizzante. Non provoca cioè ipoglicemia. Determina, inoltre la riduzione dei parametri lipidici, direttamente o indirettamente, per via del decremento del peso ponderale e la riduzione della pressione arteriosa. Queste molteplici azioni sono alleate nella prevenzione cardio-vascolare: efficacia documentata il 31 luglio scorso, per la dulaglutide (che oggi ha raggiunto l’importante riconoscimento, anche nel bugiardino, di indicazione in prevenzione primaria del rischio cardio- vascolare nel diabete 2 con molteplici fattori di rischio). La semaglutide avrebbe un’azione strategica nella riduzione dell’Ictus cerebrale, che è una delle tre grandi patologie che accompagnano il diabete mellito».
Rispetto a dulaglutide e exenatide l.a. sembra sia più efficace sugli outcome cardiovascolari
«Sì, ma va ricordato che anche le altre consentono il mantenimento di una cd. eu-glicemia (costante, senza sbalzi, cd. variabilità glicemica), evitando il pericolo di ipoglicemie e gli effetti dannosi delle stesse (negli anziani, soprattutto, infarto, ictus etc.), che sono la vera causa dei ricoveri, consentendo un risparmio, quindi, di sistema, nonostante il più alto costo iniziale del farmaco. Tali molecole rallentano la progressione del danno renale, con notevole riduzione dell’albuminuria, della progressione verso la dialisi, del decremento anche del numero dei trapianti renali, fino ad un dato globale di riduzione del 30-40%. La letteratura dovrà esaminare ancor meglio, invece, il rapporto con le forme avanzate di retinopatia diabetica, talora peggiorate».
Su Semaglutide anche tanta confusione mediatica…
«Assolutamente sì. Va precisato che tale molecola, oltre ad essere riservata ai soli diabetici di Tipo 2, è prescrivibile e, dunque, rimborsabile, solo in alcune condizioni: quando vi è un diabete scompensato, quindi un’emoglobina glicata maggiore di 7, o si è avuta una patologia cardiovascolare severa ( ad es. precedente infarto, ictus), o vi siano molteplici fattori di rischio cardiovascolare associati all’iperglicemia. Il costo del farmaco è inizialmente alto, ma viene ammortizzato dalla riduzione degli episodi di ipoglicemia, spesso causa di complicanze mortali e di ricoveri ospedalieri, e dai benefici anti aterosclerotici, in genere, che tutte le molecole incretinomimetiche long acting hanno. L’iter di prescrivibilità, inoltre, va scansionato per dosaggio: prima 0.25, poi 0,50 e infine un terzo dosaggio, di 1 mg, risultando il meccanismo un po’più farraginoso rispetto alle precedenti molecole».
Diabete, numeri da epidemia…
«Sui numeri incide l’urbanizzazione, a cui sono legati cattivi stili di vita, a cominciare da sedentarietà e pessime abitudini alimentari. L‘andamento esponenziale, o crescente, della malattia è sempre dato dall’accoppiata di essa con il marcatore obesità. Sono 4 milioni i soggetti con diabete in Italia ed, inoltre, un altro 30 per cento circa non sanno di averlo, sviluppando, pertanto, le sue complicanze. Il diabete in Sicilia registra circa 350 mila casi, di cui solo il 10% sono di TIPO1, che ha una fisiopatologia completamente diversa in cui, in sostanza, manca la secrezione insulina, per cui la nuova molecola non è indicata. Inoltre sono 3 milioni le persone che hanno il cd. pre-diabete, ovvero una glicemia borderline (tra il normale – che non deve superare 100 – e 126 ). A settembre 2019 è stato pubblicato dalle Società Europee di Cardiologia e di Diabetologia un documento dedicato proprio a questo aspetto particolare, in cui anche in assenza di una condizione conclamata di diabete, matura il danno cardio-vascolare».
Accanto alle molecole incretino-mimetiche, ci sono le cd. glifozine per la fase pre-diabete…
«Esatto. Sembrano prospettare risultati molto promettenti, come ad esempio la riduzione dello scompenso cardiaco del 35%- 40% e depongono per dati ancor più forti sulla riduzione del danno nefrologico, quindi segnano un profondo fermento della ricerca scientifica. Occorre, però, sia da parte della Stampa, che delle case farmaceutiche, tenere un atteggiamento equilibrato – che purtroppo spesso manca- sulle innovazioni terapeutiche, per scongiurare sensazionalismi che generano false illusioni nei pazienti».