La riorganizzazione della rete assistenziale pediatrica è un’esigenza non più rinviabile per conservare il diritto dei bambini a essere “curati” in modi e tempi adeguati, anche in situazioni di urgenza e di emergenza. Questa è l’opinione del dottor Rino Agostiniani (nella foto), tesoriere della Società Italiana di Pediatria, il quale per la rubrica “Pediatria e Società” di Insanitas che ha come coordinatore scientifico il prof. Giovanni Corsello spiega come sia necessario ridurre le disomogeneità e le disuguaglianze dovute a fattori territoriali o sociali.
Dottor Agostiniani, le strutture pediatriche e la rete assistenziale pediatrica hanno necessità di una riorganizzazione nel nostro Paese?
«Il percorso di rimodulazione va delineato sul piano organizzativo e gestionale secondo tre parole chiave: 1) Specificità delle cure pediatriche. Il diritto del bambino a essere curato da personale con competenze specialistiche e in reparti dedicati deve essere assicurato uniformando a 18 anni il limite superiore dell’età pediatrica anche da punto di vista normativo per superare le importanti differenze (14,16,18 anni) tra Accordo collettivo per la Pediatria di famiglia e attività di degenza ospedaliera e PS pediatrico nelle diverse regioni e talora anche all’interno della stessa regione; integrando i percorsi di cura di tutte le componenti della Pediatria (ospedaliera, di libera scelta, consultoriale) e definendo in tempi brevi una strategia in grado di limitare il costante e progressivo passaggio di Pediatri ospedalieri verso il territorio, con la conseguente presa in carico del bambino da parte dei medici dell’adulto; prevedendo, per le nuove assunzioni di specialisti in Pediatria, una modalità di rapporto di lavoro uniforme nei diversi contesti assistenziali e strutturando un sistema collegato in rete tra pediatria ospedaliera e territoriale, con flessibilità dei ruoli professionali.
2) Prossimità delle cure. La centralità del territorio per le cure primarie e la prevenzione, anche nei confronti di bambini con patologie croniche o disabilità, è indiscutibile. In questo contesto le azioni prioritarie sono: la valorizzazione di figure sanitarie non mediche (esempio Infermiere di comunità); il superamento di un modello di lavoro sul territorio basato su Pediatri di famiglia che operano singolarmente mediante l’attivazione di progetti assistenziali associativi con possibilità di garantire a livello territoriale una presenza medica e infermieristica più ampiamente distribuita durante la settimana e prestazioni di primo livello effettivamente integrate in rete con l’ospedale; la Casa della Comunità è il modello fondamentale di erogazione delle cure primarie, a cui ancorare le funzioni di prevenzione e cura, dal periodo pre-concezionale all’adolescenza.
3) Potenziamento strutturale e tecnologico della rete ospedaliera pediatrica, con i seguenti elementi fondamentali: incremento del numero di posti letto di Terapia Intensiva Pediatrica e di Terapia Semintensiva Pediatrica; razionalizzazione dei Punti Nascita (con chiusura effettiva di quelli con meno di 500 nati), delle piccole strutture ospedaliere di Pediatria (ormai quasi esclusivamente dedicate ad un’attività ambulatoriale di emergenza spesso in condizioni di estrema precarietà assistenziale) e delle Chirurgie pediatriche; programmazione ed effettiva operatività dei centri di riferimento per le patologie croniche e le malattie rare; adeguamento degli organici esistenti agli standard assistenziali richiesti».
Quale aiuto sostanziale rispetto alla pediatria ospedaliera può dare quella familiare?
«Elemento prioritario del progetto di riorganizzazione dell’assistenza pediatrica nel nostro Paese dovrà essere l’attuazione di interventi capaci di realizzare concretamente l’integrazione delle attività tra pediatria ospedaliera e territoriale. La realizzazione di percorsi assistenziali integrati e condivisi rappresenta l’unica valida strategia per mantenere in vita e rafforzare in modo omogeneo le cure dedicate all’età evolutiva, sia primarie che secondarie, e le diverse specialità pediatriche».
Si discute di vaccinazione anti-Covid anche per i bambini sotto i 5 anni. Quanto è sicura e quanto può incidere nel contrasto alla pandemia?
«Ancora non c’è l’autorizzazione all’utilizzo della vaccinazione in questa fascia di età. La Food and Drug Administration, l’agenzia del farmaco degli Stati Uniti, ha posticipato a data da definirsi la riunione per autorizzare il vaccino contro Covid di Pfizer destinato ai bambini sotto i cinque anni. Si tratta di una dimostrazione dell’estrema prudenza e accuratezza che precedono l’autorizzazione all’impiego di una vaccinazione. Non ci sono problemi di sicurezza, ma l’efficacia sulla protezione con due dosi da 3 microgrammi è risultata inferiore alle aspettative, per questo il giudizio è stato rinviato in attesa di ulteriori dati, che includano la terza dose».
Può fornirci qualche dato sulla situazione Covid tra i più giovani?
«I dati più accurati sono quelli trasmessi periodicamente dall’Istituto Superiore di Sanità. Dall’inizio dell’epidemia al 16 febbraio 2022 sono stati diagnosticati e riportati al sistema di sorveglianza integrata COVID-19 2.668.921 casi nella popolazione 0-19 anni, di cui 14.111 ospedalizzati, 334 ricoverati in terapia intensiva e 46 deceduti».