Le cure palliative domiciliari garantiscono al malato elevati standard di sicurezza ed appropriatezza dell’assistenza, tanto da rendere il più delle volte inappropriati gli accessi ospedalieri degli stessi malati, in termini di esiti clinici e costi economici per il Sistema sanitario nazionale.
I dati dell’Istruttoria AGENAS 2021 sullo stato di attuazione della legge 38/2010 in materia di rete di cure palliative in Italia, dimostrano tuttavia, in linea generale, livelli elevati di mortalità ospedaliera ed in area di pronto soccorso (20-53%) dei malati per tumore maligno, seppur in presenza di cluster territoriali lungo la direttrice nord- sud della nazione, che si caratterizzano per bassi valori di mortalità ospedaliera.
Il dato che emerge in Sicilia (2-20%) sembrerebbe in controtendenza con i valori medi nazionali, in quanto le aziende registrano valori bassi di mortalità intraospedaliera. Il dato apparentemente positivo, tuttavia, risulta ingannevole, in quanto una percentuale elevate di malati che è deceduta a casa, aveva fatto ricorso all’ospedalizzazione nell’ultima settimana o addirittura nell’ultimo giorno di vita (9–47%).
Tale fenomeno, che come detto genera cure inappropriate, ha una chiave di lettura multifattoriale. Fattori sociali, geografici, culturali ed organizzativi, potrebbero esserne la causa.
Tra i fattori generanti criticità in tema di efficientamento delle cure palliative, vi è la formazione degli operatori sanitari, che è uno degli elementi indispensabili per il buon funzionamento della Rete locale di cure palliative, ossia l’aggregazione funzionale ed integrata delle attività di cure palliative erogate in ospedale (con attività di consulenza nei reparti e negli ambulatori), in hospice, a domicilio (cure domiciliari di base e specialistiche) ed in altre strutture residenziali.
Diventa cruciale per tutti gli operatori, che assistano un malato già inserito in un programma di cure palliative, o candidabile all’assistenza, possedere un livello di formazione diversificato in base al grado di coinvolgimento nel processo di cure.
Dall’analisi delle più rilevanti esperienze nazionali ed internazionali, emerge che per l’infermiere palliativista è prevista una formazione diversificata secondo i livelli di responsabilità richiesti dalla complessità assistenziale e dal numero di pazienti assistiti. In particolar modo le linee guida dell’European Association for Palliative Care descrivono tre diversi livelli di esposizione professionale: livello A-B-C. Il livello A, ossia il livello base, è quello che interessa gli studenti in infermieristica e gli infermieri che lavorano in ambito dell’assistenza generale e che potrebbero entrare in contatto con persone con bisogni di cure palliative.
L’OPI Palermo, rappresentato dal presidente Antonino Amato, ha preso spunto dai dati Agenas promuovendo il Corso di formazione base in cure palliative (livello A) per infermieri che, pur non operando in cure palliative, devono avere le competenze necessarie per riconoscere un malato bisognoso di cure palliative, individuandone il bisogno e indirizzandolo nei setting di cura appropriati.
Il corso di formazione- al quale il sistema di accreditamento ecm ha attribuito 6 crediti formativi- è destinato a 120 infermieri. Direttore scientifico e relatore sarà il dr. Giuseppe Intravaia (nella foto sopra), infermiere dirigente di Samot onlus e docente a contratto presso l’Università degli studi di Palermo di Infermieristica in cure palliative e del fine vita.
La conoscenza da parte degli infermieri e medici non palliativisti dei criteri clinici specifici per iniziare a valutare l’opzione dell’intervento palliativo anziché intensivo, del funzionamento dei servizi territoriali di cure palliative e dei falsi miti sul tema delle cure palliative, può essere una delle necessarie risposte al problema delle ospedalizzazioni improprie e dell’abbandono dei malati, essendo fermamente convinti che la formazione sia il volano per l’appropriatezza delle cure sanitarie.
È fondamentale riflettere sulla differenza sostanziale che vi è tra i termini “guaribilità” e “curabilità”. Fino a qualche anno fa, la formazione sanitaria è stata spesso plasmata sul concetto di guaribilità, esclusivamente orientato alla cura della malattia. Esistono malattie inguaribili, non esistono persone incurabili. Sebbene l’infermieristica sia disciplina del prendersi cura (care), l’infermiere, la cui formazione sia lacunosa in tema di cure palliative, corre il rischio di orientare o avallare ogni trattamento la cui finalità è l’oltranzismo nei confronti di una malattia non più guaribile. Altro tema sensibile è la valutazione del dolore quando questo diventa malattia. Conoscere le principali scale di valutazione per un buon assessment del dolore, oltre che la multidensionalità ed il trattamento sintomo, consente di contenere “l’abbandono terapeutico” del malato.
Tra gli obiettivi formativi vi è anche conoscere in modo generale la modalità di presa in carico della famiglia e delle persone di riferimento della persona assistita (caregiver) al fine di sostenerle nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di elaborazione del lutto.