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Allo Spallanzani

Covid-19, iniziata oggi la sperimentazione sull’uomo del vaccino realizzato in Italia

Le fasi della sperimentazione sono tre. Il vaccino potrebbe essere pronto nella primavera del 2021

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È partita la prima sperimentazione italiana di un possibile vaccino contro il nuovo coronavirus. È stata inoculata la dose al primo volontario all’Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma. È una donna cinquantenne: «Credo nella scienza italiana. Spero che questo mio gesto serva, e spero che le persone siano più responsabili».

Il vaccino è stato elaborato dalla Biotech Reithera di Castel Romano, di proprietà svizzera, ma con sede e personale italiano, e finanziato con otto milioni di euro da Regione Lazio e ministero della Ricerca con il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Sono tre le fasi della sperimentazione. La prima, quella iniziata il 24 agosto, vede il candidato vaccino che è stato chiamato Grad-CoV2 somministrato a una sola persona, sana, tenuta in osservazione per qualche ora. Dopo quattro giorni tocca ad altre due persone, poi a quattro, fino ad arrivare a tutti i novanta volontari richiesti dalla prima fase. Nelle fasi successive, anche in base ai risultati della prima, i numeri si amplieranno: la seconda, con 500-1000 volontari, sempre in Italia, la terza forse anche in paesi ad elevata incidenza di casi.

I test vengono fatti allo Spallanzani e nel centro di ricerche cliniche di Verona. I volontari, dopo la somministrazione, verranno sottoposti a 8 visite in 7 mesi per controllare i possibili effetti collaterali. Per la fase due saranno avviati anche i centri di Piacenza e Cremona.

I primi 90 volontari sono organizzati in due gruppi, che si definiscono coorti. Tutti devono essere sani secondo le indicazioni date dall’Agenzia del farmaco. Il primo gruppo è di 45 individui di età compresa tra 18 e 55 anni, nel secondo sono altrettanti con età tra 65 e 85 anni. Ogni gruppo è poi diviso in tre sottogruppi di 15. I primi a sperimentare il vaccino sono quelli che hanno meno di 55 anni e si arriva solo più tardi agli ultrasessantacinquenni.

Ognuno avrà tre dosi crescenti del vaccino che si basa su un virus reso inoffensivo e privato della capacità di moltiplicarsi. È il mezzo per trasportare nelle cellule l’informazione genetica che corrisponde alla proteina Spike utilizzata da Sars-CoV2 per invadere l’organismo. È un virus dei gorilla e non viene per questo riconosciuto dagli anticorpi raggiungendo direttamente le cellule. All’arrivo deve stimolare la produzione solo del frammento genetico che corrisponde alla proteina Spike per produrre anticorpi.

È lo stesso metodo che usa il vaccino di Oxford, uno dei più avanzati nella sperimentazione al mondo, in Gran Bretagna, in Brasile e Sudafrica. Dai test fatti sui topi è risultato che il vaccino italiano è in grado di stimolare la produzione di anticorpi neutralizzanti e anche di attivare le cellule immunitarie, i linfociti T killer, che sanno riconoscere le cellule colpite dal virus. Se la sperimentazione avrà successo, il vaccino potrebbe essere disponibile nella primavera del 2021. La società si sta preparando per farne milioni entro la fine dell’anno, in consorzio con altre due società biotec. Questo vaccino, non l’unico possibile contro il Covid viste le decine di sperimentazioni in corso, sarebbe in un’unica dose.

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