ASP e Ospedali

L'intervista di Insanitas

Covid-19, Iaria: «All’ospedale Civico ricoveri in calo e buoni risultati dai monoclonali»

Il primario di “Malattie Infettive” dell’ospedale palermitano sottolinea: «Siamo più in una fase endemica che pandemica. Con il Sotrovimab non abbiamo registrato reazioni avverse, purtroppo non si può praticare nel paziente già ospedalizzato. Tra gli antivirali il Molnupiravir è meno efficace ma più tollerato rispetto al Paxlovid».

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PALERMO. L’emergenza pandemica sta subendo un lieve arresto alle nostre latitudini, sembra infatti che la malattia da Covid stia ormai diventando endemica. Per capire meglio come si sta evolvendo la situazione in città ne abbiamo parlato con Chiara Iaria (nella foto), neo primario del reparto di “Malattie Infettive” dell’ospedale Civico di Palermo.

Qual è attualmente la situazione pandemica nel vostro reparto?
«La situazione relativa al Covid è in lieve miglioramento, perché da circa 72 ore abbiamo una riduzione dei ricoveri. Questo è un dato tangibile, infatti, avere anche soltanto 2 o 3 posti liberi ci permette di sperare in meglio. Dal punto di vista generale ormai siamo più in una fase endemica che pandemica, nel senso che orami c’è una “mescolanza” tra chi ha avuto il Covid e coloro che l’hanno in atto. In ospedale ci ritroviamo pazienti che hanno avuto il Covid e ancora risultano positivi al tampone molecolare. Vengono comunque etichettati come ricoveri Covid, ma magari hanno avuto l’infezione anche un mese prima».

Che tipologia di persone vengono ancora ricoverate per via del Covid?
«In questo momento i ricoveri sono pazienti vaccinati e non vaccinati. Nell’Unità di Malattie Infettive del Civico abbiamo 24 posti letto di cui 21 attualmente occupati, di questi 9 non sono vaccinati, 7 sono vaccinati con 2 dosi e 5 sono vaccinati con terza dose, i quali sono spesso pazienti anziani, che si ricoverano per altre patologie e comorbidità o per altro tipo di infezioni».

I casi particolarmente gravi riguardano sempre questo genere di persone?
«Riguardano sempre i pazienti non vaccinati, quindi, coloro che hanno una insufficienza respiratoria moderata o severa. Ciò può capitare anche ai vaccinati con due dosi, ma si tratta di pazienti fragili, anziani over 80, trapiantati e pazienti oncologici. Sicuramente dal punto di vista della tipologia di pazienti abbiamo notato una netta differenza in questa quarta ondata rispetto a quelle precedenti, perché prima avevamo pazienti “simili” per caratteristiche e dal punto di vista clinico, si trattava infatti di pazienti con la classica polmonite interstiziale bilaterale tipica del Covid. Adesso ci troviamo a gestire pazienti di tutti i tipi, tra cui pazienti con problematiche sia internistiche sia chirurgiche, quindi come infettivologi ci stiamo adattando per cercare di assistere anche patologie che non normalmente non gestivamo in passato».

In merito alle cure, state utilizzando monoclonali e antivirali contro il Covid di nuova generazione?
«L’ospedale Civico è un centro prescrittore per tutte le terapie anti Covid autorizzate da Aifa, per cui sia i monoclonali, sia gli antivirali (Molnupiravir e Paxlovid). Noi tendiamo ad utilizzare entrambi i farmaci, anche se ormai dal punto di vista della terapia del paziente non ospedalizzato possiamo dire che abbiamo più armi rispetto al paziente ospedalizzato. Ad esempio, l’anticorpo monoclonale Sotrovimab, che è attivo anche per la variante Omicron, è autorizzato dall’Aifa solo per il paziente in fase di le terapie domiciliari e ambulatoriali, o comunque sempre in fase di pre-ospedalizzazione. Non è possibile applicare l’anticorpo monoclonale quando il paziente è già ospedalizzato per il Covid».

Quindi queste terapie vengono prescritte per i pazienti che non sono in ospedale?
«Noi offriamo questo servizio come centro autorizzato, dopo che il medico curante inoltra una richiesta di valutazione. Il paziente viene nel nostro centro in cui gli viene somministrato il monoclonale e resta in osservazione, poi ritorna al proprio domicilio. Per gli antivirali un delegato del paziente, sempre su proposta del medico curante, viene a ritirare il farmaco che può essere assunto oralmente presso il proprio domicilio. La terapia più adatta deve essere scelta in base al paziente che ci deve curare, ci sono pazienti a cui è più consigliabile fare il monoclonale, come ad esempio ai pazienti trapiantati, gli immunodepressi e quelli che assumono tanti farmaci, per cui è più tollerabile e maneggevole una terapia con l’anticorpo monoclonale che dà meno problemi di interazioni farmacologiche. Il problema principale degli antivirali è il numero delle compresse che devono essere assunte per 5 giorni: 8 compresse al giorno con Molnupiravir, 6 al giorno con Paxlovid. Dagli studi clinici randomizzati è emerso che il Paxlovid ha un’efficacia superiore del Molnupiravir, ma mentre il Paxlovid può dare qualche problema di tollerabilità e di interazioni farmacologiche, il Molnupiravir si è dimostrato meno efficace negli studi clinici rispetto al Paxlovid però è più maneggevole e tollerato, dà meno problemi di interazioni farmacologiche. Chiaramente queste terapie, a mio avviso, devono essere valutate da uno specialista infettivologo caso per caso. In atto, in realtà, è corretto ampliare l’accesso al farmaco e farlo prescrivere anche dai non specialisti, però questa può essere un’arma a doppio taglio perché alla fine è l’infettivologo che, per definizione, è abituato a gestire le terapie antivirali».

Cosa ne pansa dunque dei monoclonali anti Covid?
«L’anticorpo monoclonale che abbiamo a disposizione è una terapia che rappresenta veramente una svolta perché è molto tollerata, infatti noi non abbiamo registrato casi di reazioni avverse. Abbiamo notato chiaramente che il paziente a cui viene somministrata questa terapia non viene ospedalizzato, è un messaggio importante. Il Sotrovimab purtroppo non si può praticare nel paziente ospedalizzato per Covid, ci sono altri monoclonali che possono essere assunti dal paziente ospedalizzato, però gli altri non hanno la stessa efficacia nei confronti della variante Omicron, funzionano bene sulla Delta. Chiaramente si può fare ma potrebbe non essere efficace, per cui io sono a favore dell’uso del Sotrovimab anche sui pazienti che hanno un iniziale progresso della malattia, credo che valga la pena tentare questa terapia anche quando inizia la polmonite, come terapia di salvataggio».

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