PALERMO. Dopo la prima parte già pubblicata, ecco la seconda e ultima del nostro approfondimento dedicato ai laboratori di analisi.
Qualità, efficienza ed affidabilità vanno di pari passo con le attività diagnostiche. Ogni laboratorio, per dimostrare la validità delle proprie attrezzature e dei propri operatori, deve infatti sottoporsi sia a un controllo di qualità interno giornaliero sia a un controllo di qualità esterno periodico ed eseguito tre o quattro volte all’anno.
I controlli di qualità esterni sono demandati al CRQ (Controllo Regionale di Qualità), il provider dell’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia nato nel 2012, che si occupa di realizzare e offrire i programmi VEQ regionali (Valutazione Esterna di Qualità).
«I programmi VEQ sono come delle scuole- spiega Francesca Di Gaudio, direttore del CRQ e del CQRC (Controllo Qualità e Rischio Chimico)- a cui il laboratorio si iscrive all’inizio dell’anno e per tutto l’anno. Il laboratorio, partecipando a questi esercizi verifica la bontà delle sue sedute, del suo metodo e la capacità dei suoi operatori confrontandosi con una verifica esterna di qualità».
Prima della creazione del CRQ i laboratori di analisi della Sicilia dovevano affidarsi a provider esterni alla regione, nazionali o internazionali. La partecipazione ai programmi VEQ infatti è condizione necessaria per ricevere l’autorizzazione sanitaria e l’accreditamento regionale.
«Non partecipando ai programmi VEQ- sottolinea Di Gaudio- il laboratorio non può essere accreditato, cioè non può lavorare per nome e per conto della Regione Siciliana, né può essere contrattualizzato, cioè non può essere rimborsato in regime di convenzione per le prestazioni che vengono effettuate su ricetta rossa».
Il CQRC si occupa direttamente della produzione dei campioni che verranno utilizzati nei programmi VEQ, chiamati materiali di riferimento. «Selezioniamo una popolazione di pazienti con valore alterato e ci facciamo donare una quantità di sangue, di urina o di altro tessuto biologico. Dosiamo l’elemento che stiamo ricercando con le tecniche di secondo livello misure dirette di spettrometria di massa e otteniamo il valore vero, noto e certo. Questo campione, che può essere liofilizzato, verrà quindi inviato a tutti i laboratori della Sicilia».
Il laboratorio conferma l’avvenuta e integra ricezione dei campioni ricevuti sulla piattaforma del CRQ e controlla le istruzioni da seguire per l’utilizzo del materiale ricevuto. I laboratori poi hanno una determinata finestra di tempo per eseguire il controllo e inserire i dati individuati per il programma VEQ effettuato ma anche le informazioni sul macchinario, gli analiti e i reagenti utilizzati (compresa la loro scadenza).
Ogni laboratorio è obbligato ad eseguire con il CRQ tredici programmi VEQ, gli altri invece possono essere eseguiti con diversi provider. Solitamente accade che, per comodità organizzativa ed economica, i centri tendano a continuare i controlli di qualità con il CRQ della Regione Sicilia.
«Il laboratorio dal CRQ riceve un report e da esso deve mettere su azioni correttive se ha sbagliato oltre un certo range di accettabilità», evidenzia Francesca Di Gaudio.
Oltre ai programmi VEQ obbligatori, possono essere richiesti dall’Assessorato, a causa di alcune non conformità presenti sul territorio, degli esercizi specifici relativi ad alcune problematiche.
«Per esempio quest’anno- spiega Di Gaudio- ne è stato effettuato uno specifico per l’analita PSA perché è una molecola che viene prodotta dalle cellule prostatiche. Se un paziente ha avuto un cancro alla prostata che è stata asportata per intero non può più avere molecole di PSA in circolo. Ma se dovessero esservi molecole di PSA vorrebbe dire che si è in presenza di una recidiva quindi il medico può avviare il paziente a una serie di trattamenti, anche chemioterapici, per la cura della patologia».
L’individuazione di una recidiva, dunque, è tipo biochimico. La capacità di un laboratorio di analisi di intercettare anche la più piccola percentuale di molecola di PSA in circolo nel paziente garantisce anche una diagnosi precoce permettendo di intervenire tempestivamente con le cure necessarie.
Se il laboratorio non è capace di rilevare anche piccole quantità di PSA o se ne individua più del necessario o, ancora, se ne individua anche quando il paziente, avendo subito un’asportazione della prostata, non può più produrre molecole di PSA, accade che vengono erogate prestazioni non dovute a danno del paziente stesso e del sistema sanitario regionale.
«Quindi se teniamo conto di quanto è diffuso il tumore alla prostata- conclude Di Gaudio- capiamo di quanto è incidente questa misurazione sul paziente e sul sistema sanitario regionale».