Riceviamo e pubblichiamo da Giuseppe Bonsignore (Responsabile CIMO Comunicazione )
«A proposito di Concorsi a Primario ospedaliero, arriva in questi giorni la denuncia pubblica di Antonello Giarratano, Professore Ordinario di Anestesia e Rianimazione all’Università di Palermo e Presidente in pectore della SIARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva), che ha scritto una lettera aperta all’Assessore Regionale della Salute, Ruggero Razza, chiedendone l’intervento per correggere le storture di un “sistema” di selezione inefficace e inefficiente nel quale è insito il rischio di una ripercussione sulla salute dei cittadini.
Il succo dell’argomentazione del Professor Giarratano quando racconta di una sua recente esperienza di partecipazione ad una procedura selettiva per Direttore di Struttura Complessa di Anestesia e Rianimazione, è che in Sicilia il medico più “bravo”, più meritevole, più titolato è destinato a vedersi scavalcare dall’ultimo degli assistenti, ultimo per anzianità di servizio, per titoli accademici, per esperienza ma comunque predestinato per cognome o per appartenenze varie.
Ma qual è la novità? I concorsi truccati negli ospedali e nelle università sono diventati da tempo la norma e nessuno più si stupisce. Anche gli esclusi se ne fanno una ragione, alzano le spalle e si adeguano al “sistema”. Perché quindi questa denuncia?
Il Prof. Giarratano non è certo nato ieri, vive e opera in ambito universitario ed è quindi abituato ai giochi di potere che spesso prevalgono sul merito. Ci si potrebbe quindi meravigliare del suo sfogo, ma proprio per lo spessore e l’esperienza del suo autore nasce prepotente il sospetto che stavolta qualcuno abbia veramente esagerato.
Forse allora, sarebbe il caso che il Professor Giarratano presentasse piuttosto una denuncia con tutti i crismi all’autorità giudiziaria, perché pur sottoscrivendo gli attestati di stima espressi nei confronti dell’Assessore Razza, non riteniamo che la politica possa realmente intervenire a correggere le storture di un sistema da essa stessa creato, non soltanto in Sicilia ma a tutte le latitudini.
Basta dare uno sguardo ai giornali degli ultimi mesi per ricordarsi degli “scandali” della Regione Umbria a guida PD dove Zingaretti aveva promesso pulizia ma hanno fatto prima gli elettori e dove comunque non cambierà nulla. In quella realtà per anni i concorsi per Primario sono stati manipolati e truccati, fino all’arrivo non della politica ma, come sempre, della Guardia di Finanza o dei Carabinieri.
E ancora, non possiamo trascurare i sei indagati, fra Primari e Prof. Universitari, accusati a Torino di avvantaggiare la figlia di un Docente in pensione per un posto di Professore Associato di Chirurgia Estetica, oppure, rimanendo in ambito siciliano, la contestazioni di falso ideologico e abuso d’ufficio notificate a sette soggetti (Commissione d’Esami inclusa) per un Concorso di Primario di Chirurgia all’ASP di Ragusa.
Non è pertanto la prima volta (e temiamo che non sarà l’ultima) che le procedure concorsuali per Direttore di struttura complessa (l’ex Primario) finiscono alla ribalta mediatica e, in diversi casi, anche sotto la lente magnificatrice dell’autorità giudiziaria. E allora, cosa fare? Adattarsi al “sistema”, oppure adoperarsi veramente per cambiarlo il sistema, sempre e in ogni caso e non soltanto quando ci sembra che si sia esagerato?
Il problema risiede nel fatto che la stessa normativa che regolamenta l’assegnazione di un incarico di direttore di Struttura Complessa è lacunosa e vaga, altrimenti non si spiegherebbe come potrebbe fare una Commissione esaminatrice a piegare a suo piacimento i criteri di ammissione e di valutazione dei titoli dei vari candidati, con risultati a volte sorprendenti.
Più che il merito in senso lato, l’anzianità di servizio, l’esperienza professionale e, soprattutto, la casistica dell’attività svolta vale molto spesso (quasi sempre) l’appartenenza politica o comunque la contiguità a centri di potere che finiscono per gestire in toto la sanità pubblica e anche per decidere chi debba fare il Primario e chi no. E le regole attuali lo consentono.
Già il fatto stesso che la componente discrezionale, quella del cosiddetto esame orale che in realtà la norma prevede debba essere un colloquio e non l’incomprensibile e inaccettabile estrazione a sorte (?) di un argomento scolastico, valga quanto la componente “fissa” di valutazione dei titoli, è di per sé una stortura.
Se poi viene alterata anche la valutazione dei titoli stessi allora non c’è più la speranza di alcuna trasparenza e riconoscimento del merito. E alla fine, la scelta del vincitore è comunque ulteriormente discrezionale visto che, nonostante la predisposizione di una terna di idonei da parte della Commissione esaminatrice, l’incarico assegnato dal Direttore Generale è fiduciario e quindi può anche non rispettare l’esito della procedura.
Tanto è vero che sia la Cassazione che il Consiglio di Stato hanno più volte chiarito come, in coerenza con la disciplina di privatizzazione dei rapporti del pubblico impiego, la procedura per accedere al ruolo di Direttore di Struttura Complessa ospedaliera non sia concorsuale in senso stretto bensì procedura idoneativa al conferimento di un incarico dirigenziale, appunto quello di direttore di struttura complessa.
Se la Legge ed una consolidata giurisprudenza stabiliscono quindi che quello per diventare Primario ospedaliero non sia un concorso ma una procedura selettiva soggiacente ai poteri di diritto privato propri delle Aziende Sanitarie, appare chiaro come sia stata una precisa scelta politica quella di rendere tale procedura la più fumosa e discrezionale possibile, con la possibilità per il padrino politico di turno di decidere dei destini professionali dei medici e probabilmente, citando ancora il Professor Giarratano, della salute dei propri concittadini. Fermo restando le esagerazioni con le conseguenti indagini e i rinvii a giudizio di cui si è già detto.
Andrebbero cambiate radicalmente le regole del gioco, rendendole assolutamente trasparenti e univoche su tutto il territorio nazionale, prive di qualsiasi discrezionalità. Soltanto così al momento di fare una procedura selettiva per affidare, ad un determinato soggetto, la guida di un Reparto o di un Servizio ospedaliero si potrebbe avere la garanzia di aver operato la scelta migliore possibile.
Ma siamo sicuri che lo si voglia veramente? Sembrerebbe proprio di no, a cominciare dai politici ma anche dai diretti interessati, medici che sembrano amare le scorciatoie per far carriera e volentieri si piegano all’andazzo perverso del sistema.
Pur non condividendo tali posizioni e rifiutando in maniera intransigente la logica mercantile delle carriere, ci dobbiamo arrendere alla constatazione dei fatti, ma, a questo punto, sorge spontanea la domanda delle cento pistole: “perché far decidere sottotraccia soltanto ad alcuni centri di potere che operano nell’ombra e i cui esponenti, poverini, rischiano pure di finire indagati o denunciati per abuso d’ufficio?”
Istituiamo allora una sorta di “Manuale Cencelli” delle nomine primariali, finiamo di lottizzare la sanità pubblica applicando percentuali spartitorie anche alle nomine dei Primari e che non se ne parli più. Si risparmierebbero tempo e denaro, evitando inutili ricorsi all’autorità giudiziaria ed altrettanto costose indagini e processi. Con buona pace per la salute dei cittadini italiani».