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Neurochirurgia

Chirurgia del rachide cervicale, la lettera di 9 primari di neurochirurgia

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata alla nostra redazione in seguito all'articolo pubblicato su un complesso intervento di chirurgia del rachide cervicale

Tempo di lettura: 6 minuti

Egregio Direttore,

è giunto alla nostra attenzione l’articolo pubblicato su InSanitas in data 01 Aprile 2023, a firma della giornalista Giada Giaquinta, riguardante l’esecuzione di un “complesso intervento di chirurgia del rachide cervicale effettuato presso la casa di cura Santa Lucia di Siracusa dal chirurgo vertebrale Marco Fazio”.

Secondo quanto dichiarato dal Dr. Fazio l’intervento chirurgico eseguito rappresenta “un metodo innovativo per intervenire chirurgicamente per curare la mielopatia, un termine medico che indica una malattia o sofferenza del midollo spinale”.

L’articolo, verosimilmente basato sull’intervista rilasciata dal Dr. Fazio alla giornalista, ingenera nel lettore (anche in quello esperto di patologie della colonna vertebrale) un po’ di confusione, perchè descrive contemporaneamente altre malattie della colonna vertebrale oltre a quella oggetto dell’innovativo e “complesso” intervento chirurgico meritevole di comunicazione giornalistica, quali “la stenosi del canale (vertebrale) lombare e… lo scivolamento vertebrale”, elencandone possibili cause e sintomi.

Proseguendo nella lettura, il Dr Fazio, rispondendo alla domanda della giornalista “in cosa consiste questa nuova metodologia di intervento” dichiara che “l’intervento consiste nella liberazione del midollo dalla restrizione del canale dal retro del collo. Con l’intervento utilizzato più frequentemente si interviene aprendo il canale incidendo davanti al collo per accedere da lì alla colonna, ma la strada è più lunga. La metodologia di intervento da dietro, a mio avviso più semplice e più sicura, è conosciuta da anni, ma in genere non viene preferita”.

Il Dr. Fazio continua spiegando che la strumentazione necessaria per l’intervento chirurgico eseguito è una “testiera su cui si tiene ferma la testa del paziente” ed elenca i vantaggi  clinici di tale presidio. Pur complimentandoci con il Dr Fazio per la sua attività professionale, che certamente potrebbe contribuire a erogare assistenza ai cittadini siciliani, riteniamo doveroso portare alla Sua attenzione alcuni indispensabili chiarimenti su quanto pubblicato, al fine di consentire ai lettori di InSanitas, e a chiunque legga quanto riportato nel sopracitato articolo, di conoscere le attuali evidenze scientifiche e le modalità di trattamento chirurgico ritenute più sicure ed efficaci sia in ambito nazionale che internazionale.

L’approccio chirurgico anteriore al rachide cervicale è stato descritto a metà del ‘900 e da tale epoca si è diffuso rapidamente e in modo crescente, rappresentando oggi il tipo di approccio routinariamente utilizzato da tutti i chirurghi vertebrali che si occupano del trattamento chirurgico della mielopatia cervicale. L’approccio chirurgico posteriore, eseguibile mediante diverse tecniche (laminectomia, laminoplastica, laminectomia con stabilizzazione vertebrale – cioè, quest’ultima, quella riportata dal Dr Fazio nella sua intervista-), è stato descritto ed utilizzato prima di quello anteriore. A ben ripercorrere l’evoluzione delle tecniche chirurgiche applicate alla colonna vertebrale cervicale, si rileva che, pur tralasciando le prime descrizioni del 1891 su un approccio chirurgico posteriore al rachide cervicale, nel 1953 i chirurghi vertebrali Hardy e Holdsworth pubblicarono i risultati ottenuti con tale approccio posteriore. Bisognerà aspettare fino al 1964 prima che il chirurgo vertebrale francese Roy-Camille renda noto di aver eseguito interventi chirurgici sulla colonna vertebrale cervicale con approccio posteriore e con il contestuale impianto di sistemi protesici (viti infisse nelle masse laterali, i.e. i “chiodini” a cui fa riferimento il Dr. Fazio); negli anni 80 e 90 del secolo scorso la tecnica dell’approccio chirurgico posteriore, anche con impianto di sistemi protesici metallici, diventerà comune nella pratica clinica.

Nonostante l’evoluzione cronologica sopra riportata, nel corso dei decenni l’approccio chirurgico anteriore ha incontrato l’indiscusso favore dei chirurghi vertebrali poiché permette di raggiungere in modo più diretto e semplice le più frequenti patologie che causano la stenosi del canale vertebrale cervicale e la compressione del midollo spinale, ossia le ernie del disco cervicali e le alterazioni spondilodiscoartrosiche (i.e. le alterazioni vertebrali dovute all’artrosi).

L’approccio anteriore, quando eseguito da chirurghi dotati di adeguata conoscenza della tecnica chirurgica, consente di raggiungere in assoluta sicurezza, con facilità e rapidità, la superficie anteriore della colonna vertebrale cervicale, attraversando in modo incruento e senza alcun danno ai muscoli del collo i piani anatomici posti al davanti della colonna vertebrale. Al contrario, l’approccio chirurgico posteriore, indicato nei casi selezionati (e assai meno frequenti) di compressione del midollo spinale a più livelli (generalmente tre o più), nei pazienti con stenosi congenite del canale vertebrale o con alterazioni delle curve della colonna vertebrale cervicale normalmente presenti, implica un inevitabile danno dei muscoli presenti nella parte posteriore del collo ed espone il paziente, secondo i più autorevoli studi presenti nella letteratura scientifica, anche a un più elevato tasso di complicanze.

Queste brevi considerazioni, qui riportate a scopo divulgativo, sono ampiamente descritte nella letteratura scientifica internazionale, sono supportate da centinaia di studi scientifici e fanno indiscutibilmente parte del patrimonio culturale della stragrande maggioranza di chirurghi vertebrali. Pertanto, pur nel rispetto di opinioni personali come quelle espresse dal Dr. Fazio nell’articolo pubblicato lo scorso 1 aprile, non si può non tenere conto della necessità e della obbligatorietà, anche sul piano medico-legale, di seguire le rigorose e chiare evidenze scientifiche oggi disponibili, applicando la corretta scelta terapeutica sulla base della patologia da cui ogni singolo paziente è affetto.

Non appare ultroneo ricordare che l’utilizzo di sistemi protesici durante l’approccio posteriore, quando clinicamente non indicato e necessario, non soltanto espone il paziente con mielopatia a inutili rischi chirurgici aggiuntivi ma rappresenta anche un ingiustificato aggravio di spesa per il Sistema Sanitario Nazionale.

Da quanto sopra illustrato si evince che al fine di garantire una corretta e puntuale informazione dei lettori su un tema particolarmente importante e delicato, quale è quello della salute, si sottolinea che il “complesso intervento di chirurgia del rachide cervicale effettuato presso la casa di cura Santa Lucia di Siracusa dal chirurgo vertebrale Marco Fazio” non soltanto rappresenta un intervento chirurgico eseguito routinariamente da decenni presso ogni reparto di Neurochirurgia degli ospedali siciliani (con le stesse modalità tecniche e con strumentazione analoga a quelle citate dal Dr. Fazio), come ampiamente documentato dai rispettivi registri operatori, ma, tranne che in particolari casi, è anche privo di qualsivoglia caratteristica di “novità” e, soprattutto, di chiari vantaggi clinici per molti pazienti.

I Direttori delle Unità Operative Complesse di Neurochirurgia
Flavio Angileri, AOU Policlinico “G. Martino”, Messina
Giuseppe Barbagallo, AOU Policlinico “G. Rodolico – San Marco”, Catania
Luigi Basile, AO “S. Elia”, Caltanissetta
Massimo Cardali, AO Papardo, Messina
Gerardo Iacopino, Policlinico “G. Giaccone”, Palermo
Giovanni Nicoletti, ARNAS Garibaldi, Catania
Giovanni Tringali, ARNAS Civico, Palermo
Silvana Tumbiolo, A.O. Villa Sofia, Palermo

In risposta alla lettera dei colleghi il dottore Fazio fa notare come le raccomandazioni della World Federation of Neurosurgical Societies (Federazione mondiale che raggruppa tutte le società scientifiche a tema neuro), attraverso il documento di seguito allegato:   1) mostrano un chiaro schema su come e quando scegliere i due approcci 2) spiegano le complicanze potenziali di entrambe (chiaramente scritto che approccio anteriore ne ha di più a parità di risultato clinico). Clicca qui per scarica qui il documento

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