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Cannabis terapeutica, Sicilia apripista ma restano problemi di approvvigionamento e lunghe liste di attesa

Il servizio è partito in tutte le Asp e prevede la rimborsabilità in casi specifici. Tuttavia, urgono una maggiore produzione, l'ampliamento delle patologie ammesse e la prescrizione anche da parte dello specialista privato.

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PALERMO. Isola dagli innumerevoli problemi e foriera di sempre nuove soluzioni, è proprio la Sicilia l’unica regione italiana che in piena pandemia ha portato avanti e attuato il protocollo sulla somministrazione della Cannabis Terapeutica a carico del Sistema Sanitario Nazionale, attualmente soltanto per malati oncologici, fibromialgici e affetti da sclerosi multipla. Il modello creato per adattarsi alle esigenze del nostro territorio sarà presentato dalla Regione Siciliana alla conferenza Stato-Regioni, momento in cui si proporrà come regione capofila per l’attuazione del protocollo sulla cannabis in tutto il territorio nazionale.

A confermare l’avvio della vendita di cannabinoidi per uso medico è arrivata nei giorni scorsi una nota da parte dell’assessorato alla Salute, nella persona del dirigente Mario La Rocca, tesa a rassicurare il “Comitato Pazienti Cannabis Medica” affermando che proprio in quei giorni tutte le Asp siciliane, anche quelle che risultavano inadempienti, avevano stipulato la convenzione con le farmacie autorizzate a fornire preparati contenti cannabinoidi. «Fino alla settimana scorsa non tutte le Asp avevano provveduto ad attuare la legge regionale. In realtà lo aveva fatto soltanto Ragusa, poi abbiamo lavorato con Messina, Catania e Caltanissetta che in questo modo si sono adeguate e, infine, Trapani- precisa Santa Sarta, presidente del “Comitato Pazienti Cannabis Medica” – Qualche settimana fa la Regione ha sollecitato le altre Asp a stipulare la convenzione con le farmacie territoriali, quindi il servizio è partito finalmente in tutte le Asp (Palermo, Agrigento, Enna, Siracusa)».

Il decreto Lorenzin del 9 novembre 2015

La prima piccola rivoluzione sulla cannabis medica in Italia è arrivata nel 2015 con il decreto del 9 novembre  a firma dell’allora Ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin, che autorizzava la coltivazione e la vendita di cannabis a scopo terapeutico per sette diversi impieghi: a scopo analgesico in patologie che implicano spasticità e dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale) resistente alle terapie convenzionali; sempre come analgesico nel dolore cronico in cui gli altri trattamenti si siano rivelati inefficaci; per l’effetto anticinetosico ed antiemetico nella nausea e vomito, causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali; per l’effetto stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa, che non può essere ottenuto con trattamenti standard; per l’effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali e, infine, la cannabis può essere usata per la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette.

A questo punto sono le regioni che devono dare attuazione al decreto legiferando a propria volta, ma in questo modo si è venuta a creare una situazione di disparità tra i pazienti italiani, infatti, in Calabria ad esempio i cittadini non possono curarsi con la cannabis terapeutica perché non è stata fatta una legge regionale in merito e invece in Sicilia, al netto della stessa patologia, si può fare. Questa legge è inoltre ritenuta troppo restrittiva perché ci sono tanti altri malati che potrebbero beneficiarne, sempre sulla scorta delle evidenze scientifiche ovviamente: «In Sicilia abbiamo già chiesto all’Assessorato un ampliamento delle patologie, accompagnato da un report scientifico stilato dal dottore Carlo Privitera, in favore dell’epilessia farmaco resistente e non, perché con la cannabis si possono curare tanti bambini affetti da questa malattia- spiega ancora Santa Sarta- Parliamo di terapie dai costi veramente proibitivi, che partono da 180 euro a seduta per arrivare anche a 1.500/2.000 euro al mese, infatti, i bambini hanno bisogno di alti livelli di CBD per gestire le crisi epilettiche. Ci sono comunque tantissime altre patologie che andrebbero integrate, come l’Alzheimer il Parkinson».

L’attuazione regionale

Il 17 gennaio del 2020, l’assessore alla Salute regionale, Ruggero Razza, ha firmato il decreto “preparazioni magistrali a base di Cannabis ad uso terapeutico. Linee di indirizzo di utilizzo e rimborsabilità a carico del Sistema Sanitario Regionale” nato in seguito ad una serie di tavoli tecnici tenuti insieme alle associazioni dedicate, che prevede la rimborsabilità della terapia cannabinoide per dolore cronico, dolore neuropatico e spasmi da sclerosi multipla. C’è però un grande problema con l’approvvigionamento della cannabis, perché in Italia può essere prodotta soltanto dall’Istituto Farmacologico che non copre il fabbisogno nazionale. A conoscenza della problematica, l’assessore Razza cerca di sopperire a tale mancanza autorizzando la coltivazione in Sicilia con l’avvio degli studi scientifici relativi, ma il suo provvedimento viene ritenuto di respiro troppo ampio dal Consiglio dei Ministri che lo impugna e lo blocca.

«Con la Cannabis il problema principale rimane sempre l’approvvigionamento perché la produzione è ridotta, per cui anche se viene prescritta dal medico non arriva al paziente- precisa Luigi Sunseri, deputato regionale del Movimento 5 Stelle- Sicuramente l’avvio della vendita in Sicilia è un messaggio positivo da parte del governo regionale, ma la produzione dell’Istituto Farmacologico e di quello Militare non copre il crescente fabbisogno italiano. Quando c’era il Ministro Grillo se ne ordinavano quantità superiori e venivano importate dal Canada, si era così riusciti a riportare la Cannabis nelle farmacie. Adesso si punta alla produzione italiana, ma ancora c’è molto da fare in questo senso». La legge stilata dalla Lorenzin prevede la possibilità di autorizzare le regioni a coltivare cannabis nel caso in cui il fabbisogno sia superiore a quello che lo Stato riesce a soddisfare, pertanto recentemente ne è stata fatta richiesta al Ministero, che valuta di volta in volta, e si attende adesso l’apertura del tavolo ministeriale per la decisione.

Le lunghe liste d’attesa per le prescrizioni mediche

Le persone che ricorrono alla terapia del dolore possono accedervi soltanto attraverso la prescrizione di un medico specializzato ospedaliero per cui spesso i tempi di attesa sono veramente estenuanti per questa tipologia di pazienti. «Se un paziente con un grave dolore cronico cerca di superare le lunghe attese, anche pagando ed entrando quindi intramoenia nello stesso ambulatorio pubblico, con lo stesso medico, non può comunque avere la prescrizione per la cannabis. È necessario attivarsi per snellire le liste di attesa del settore pubblico e trovare delle alternative, come la prescrizione anche dallo specialista privato» chiarisce infine Giusy Fabio, vicepresidente di Aisf Odv (Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica).

 

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