ASP e Ospedali

Il caso

Caltanissetta, Enna e Agrigento senza pneumologia in tempi di Covid

Nel Nisseno il reparto è accorpato a Malattie Infettive, nelle altre due province manca del tutto.

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Sappiamo tutti quanto la pandemia da Sars-Cov-2 abbia sconvolto le nostre vite e messo sotto pressione il Sistema Sanitario Nazionale, le cui criticità sono emerse in modo evidente e prepotente. Poco, però, sembriamo preoccuparci di cosa questo evento vuole insegnarci sia per quanto riguarda il rispetto dell’ambiente, sia per adeguare le nostre strutture sanitarie ad una medicina che corre sempre più veloce, trainata da ricerca scientifica e innovazione. Sicuramente abbiamo capito il fatto che ogni ospedale dovrebbe avere una semintensiva respiratoria, ma purtroppo anche in tempo di Covid in Sicilia, ci sono province che hanno dei problemi molto seri con la pneumologia. In particolare, quelle di Enna ed Agrigento sono completamente sprovviste di Pneumologia e Caltanissetta ha il reparto accorpato a quello di Malattie Infettive.

«Per quanto riguarda la provincia di Agrigento la Pneumologia è in fase di attivazione presso l’ospedale dei fratelli Parlapiano di Ribera, che al momento è il Covid Hospital di riferimento per la zona, ma nel frattempo ha assunto un taglio nuovo ed estremamente funzionale- ha fatto sapere ad Insanitas Mario Zappia, commissario straordinario dell’Asp di Agrigento- Anche Malattie Infettive mancava nella nostra provincia, ma qui siamo già molto avanti infatti è stato nominato il primario. Per la Pneumologia è invece stato avviato l’iter per l’attivazione post Covid, che sarà di riferimento per tutto il bacino». Ad Enna, invece, il reparto di Pneumologia non c’è mai stato perché quello di Caltanissetta dovrebbe coprire tutto il bacino, ciò che praticamente avveniva al contrario con la Chirurgia Toracica. Pertanto, ad Enna all’interno di Medicina Interna c’è lo pneumologo che gestisce i pazienti di sua competenza.

Caltanissetta

La pneumologia è un reparto importante, non soltanto in tempi di Covid, perché i pazienti con difficoltà respiratoria vengono aiutati con una ventilazione non invasiva in semintensiva respiratoria, evitando così di ingolfare anche la rianimazione. Lo sanno bene a Caltanissetta che vanta una tradizione fisiopatologica lunga ottant’anni. Nel 1934, infatti, a Caltanissetta è stato creato un sanatorio in cui si sono alternati diversi fisiologi, i quali pian piano hanno formato gli odierni pneumologi. Alla fine del 2020, quindi in piena emergenza epidemiologica, il reparto di pneumologia di Caltanissetta è entrato in difficoltà a causa di pensionamenti e spostamento di personale verso l’area Covid. La dirigenza, di concerto con i primari di riferimento, ha quindi deciso di accorpare Pneumologia a Malattie Infettive sotto la direzione dell’infettivologo, che ha sì competenza sui malati Covid ma non su quelli con insufficienza respiratoria che hanno bisogno di utilizzare macchinari specifici, come i ventilatori.

«Quando è scoppiato il Covid c’è stato un adattamento del sistema regionale alla domanda, per cui le scelte fatte in quel momento vanno contestualizzate. Di fatto non c’erano sufficienti pneumologi per reggere il reparto e non li abbiamo trovati, perché loro sono pochi e se hanno più occasioni di lavoro spesso vanno su altri fronti. Abbiamo quasi dovuto pregare le persone per andare a lavorare quando è scoppiata la pandemia, infatti, è vero che tantissimi medici si sono spesi contro il Coronavirus ma tanti altri si sono un po’ nascosti – riferisce Alessandro Caltagirone, direttore generale dell’Asp di Caltanissetta -Abbiamo operato un accorpamento funzionale anche perché i pazienti pneumologici in quel momento erano Covid e c’era il problema che gli pneumologi non volevano prendere in carico dei pazienti negativizzati, perché poi alcuni sono risultati nuovamente positivi e loro avevano paura di mettere a rischio anche gli altri pazienti. Ha funzionato così un po’ dappertutto. Giovedì scorso abbiamo fatto una nota in Assessorato per il nuovo assetto organizzativo dei pazienti Covid, aspettiamo che ci diano il benestare per liberare spazi e risorse umane, ovviamente a beneficio di altre discipline. Siamo assolutamente attenti a ripristinare quanto più possibile le patologie no Covid, a cui dobbiamo far fronte nel migliore dei modi e con i professionisti che abbiamo a disposizione. In tutti i casi, i pazienti con problemi pneumologici non sono mai stati lasciati soli, è vero che non hanno avuto una risposta con un reparto specialistico, ma sono stati gestiti nell’ambito della medicina interna dallo specialista in pneumologia, il resto è stato fatto in ambito ambulatoriale».

Imbuto formativo

Un’altra problematica portata alla ribalta dalla pandemia è quella dell’imbuto formativo in cui si trovano i giovani medici che non riescono a specializzarsi. Come ben rilevato dalla Corte dei Conti, nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, ci sono gravi criticità in merito al personale, tra cui il permanere di vincoli legati alla dinamica della spesa per personale e le carenze, specie in alcuni ambiti, di personale specialistico. Come messo in rilievo, a seguito del blocco del turn-over nelle Regioni in piano di rientro e delle misure di contenimento delle assunzioni adottate anche in altre Regioni (con il vincolo alla spesa), negli ultimi dieci anni il personale a tempo indeterminato del SSN è fortemente diminuito. Fortissima è stata la riduzione delle specializzazioni in pneumologia, di cui oggi sentiamo gli effetti con la carenza cronica di personale, un po’ in tutta la Sicilia.

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